martedì 26 marzo 2013

Bella riflessione da leggere con attenzione.


Quello che Grillo non ha capito del M5S (e viceversa)

Pubblicato: 28 febbraio 2013 in AttualitàPoliticaSocietà
 
 
 
 
 
 
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Faccio una premessa personale: quello che sta succedendo nel M5S non mi piace affatto, soprattutto e per certi toni da parte di molti militanti ed eletti nei confronti di Beppe Grillo.
Io – che di certo non sono annoverato tra i suoi fan – ho sempre censurato i toni violenti delle sue arringhe e posizioni, la gestione monocratica e totalitaria del movimento e la banalizzazione di concetti importanti, non posso che censurare altrettanto i toni e le frasi verso di lui.
Invece mi sa che l’unico coerente con se stesso e con quello che ha detto sino a ieri è proprio (e solo) Grillo.
Chapeau.

Cosa non ha compreso Grillo del suo movimento?
Intanto – prendendo a prestito un commento di Mario Calabresi – che nell’autostrada della politica, in cui molti vogliono entrare ma in cui non è semplice individuare gli ingressi, lui ha fatto da casello in bella vista, e attraverso quel casello è entrato di tutto.
Pensava di arginare i problemi scegliendo persone senza formazione e senza esperienza: peccato di superbia.
Non ha compreso che cavalcare l’onda della rabbia, alimentarne vorticosamente la foga, significava prendere dentro tutto e il contrario di tutto – ruolo e funzione di un parlamento, non di un singolo partito politico.
I voti di Grillo non sono inventati, non sono persone spuntate dal cilindro di un mago, ma sono persone che votavano tutti gli altri partiti: c’è il piccolo imprenditore, l’artigiano, il contadino, il disoccupato, l’operaio, lo studente, la casalinga… di tutta Italia.
E queste persone, che le puoi anche mettere insieme per uno scopo e con un obiettivo, e usi la rabbia e la demagogia come collante, e usi una comunicazione violenta, settaria e “tossica” per farle unire, se poi raggiungi l’obiettivo, e togli lo scopo, tornano ad essere ciò che erano, ed a sentire la propria sensibilità sociale, regionale, culturale e politica…
Sottovalutare – o non voler vedere – queste cose, significa confondere lo spot che fai con la realtà; in estrema sintesi significa credere allo spot che hai fatto, ignorando il prodotto che hai venduto.

In generale Grillo non ha tenuto conto che gli eletti non hanno vincolo di mandato, che lui può continuare a fare il “leader con le mani libere” e parlare per proclami dal suo blog, mentre loro devono lavorare alla Camera e al Senato, prendere decisioni concrete e non possono scegliere di volta in volta, secondo l’umore, con chi parlare e confrontarsi e con chi no.
Grillo confonde oggi tra “li ho messi lì io” e “li abbiamo eletti noi”: e questo fa si che coloro che si vorranno svincolare propenderanno per la seconda ipotesi, e gli altri per la prima… e hai voglia a espellerli tutti…
Lui gli ha detto: uno vale uno, io sono solo il vostro megafono… e loro gli hanno creduto (e anche se non lo hanno fatto, adesso lo usano strumentalmente).
Da ultimo Grillo non ha tenuto conto che il jolly del “senso di responsabilità” è la carta più usata dal 1948 (ma anche prima) per fare scelte diverse da quelle di partito, per cambiare casacca e schieramento… anche solo semplicemente “tornando” all’area di appartenenza, da parlamentare, usando il voto del 25 febbraio come un semplice taxi.

Cosa non ha capito il M5S di Grillo?
Che lui non scherzava, non “esagerava” per ragioni di opportunità, lui veramente “ha mandato i suoi” lì, tenendosi le mani libere.
Lui pensava – come tutti o quasi – che davvero il Pd avesse le maggioranze, e si poteva godere più o meno cinque anni facendo “casino” in parlamento e continuando nello show, denunciando ogni cosa non gli fosse andata bene, e accusando “gli altri” di fare il male del paese.
Lui questa patata bollente non la voleva e non la vuole, perché o è lui maggioranza assoluta o non c’è maggioranza politica che può sostenere.
Perché lui sa che governare è una cosa seria, che richiede compromessi, ascolto, dialogo, confronto, limare, correggere… tutte azioni che non gli appartengono culturalmente, e tutte cose che vanno contro lo spot che ha urlato in tutte le piazze e a milioni di persone.
Come potrà domani dire “loro sono altro, sono corrotti e devono andare a casa” se di quella maggioranza comincia in qualsiasi forma a fare parte?
E questo vicolo cieco non è chiaro al movimento, che non comprende che è l’unica chance che Grillo  ha per mantenere in piedi la macchina del movimento, gestirla, e semmai farla anche crescere… qualsiasi deviazione da questo percorso obbligato non può che far perdere consensi.
Come lo spieghi a quei leghisti e quegli elettori di centrodestra che appoggi il Pd?
Peggio, significa essere obbligato a cambiare linguaggio, toni, contenuti, e parlare di mediazione, di confronto, di dialettica politica, e spiegare perché accettare certe cariche non è far parte della casta.
Significherebbe dimezzare pubblico, voti, e forza – e questo lui e il suo blog non possono permetterselo.

Qui si sta verificando esattamente quello che – lucidamente e senza attaccare pregiudizialmente nessuno – avevo cercato di dire qualche mese fa – divenendo per qualcuno tra i peggiori nemici.
La politica tende alla “normalizzazione” ed alla “parlamentarizzazione delle istanze sociali” – e nessuna protesta di piazza che entra in quelle istituzioni può restare fuori da questa dialettica – non ne è restata fuori nemmeno nei periodi più bui in cui qualcuno disse “Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti.”

Fare politica è una cosa seria, e governare è ancora più serio.
Far parte di un parlamento in un momento complesso e delicato di un paese lacerato, disunito, arrabbiato, stanco, è ancora più difficile.
L’Italia, il mio paese, la mia gente, ha bisogno di serenità, e non di arruffoni o arruffapopolo.
L’Italia, il mio paese, la mia gente, ha bisogno di persone serie e di programmi fattibili, e non di promesse illusorie che nessuno può realizzare.
L’Italia, il mio paese, la mia gente, ha bisogno anche di cambiare complessivamente, qualitativamente e generazionalmente, la sua classe dirigente, ma questo lo potrà fare solo cambiando se stessa, e scegliendo davvero, e non certo affidandosi al primo che ti lusinga facendo leva sugli istinti peggiori.
L’Italia, il mio paese, la mia gente, non ha bisogno di tsunami (abbiamo già le nostre catastrofi naturali su cui sarebbe bene non scherzare) né di vaffanculo, né di odio di parte, ma di una nuova base di riconciliazione e unità.
L’Italia, il mio paese, la mia gente, ha bisogno di un’idea alta – che oggi non c’è – in cui mettere le proprie energie migliori, come fu nel dopoguerra… e come accade sempre nei paesi che riconoscono una propria identità senza divisioni… penso all’America del new deal, penso alla Germania post bellica e a quella della riunificazione, alla Francia del dopo Vichy, alla Spagna post franchista…
Ma questo non lo fa nessun paese che si fa incitare da un urlatore, che non costruisce unendo, che cerca un capo nelle cui mani essere massa…

the-m5s-is-dead

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