sabato 30 marzo 2013

E invece non si può perché Generale Pound ha detto no. E questo é un movimento? Si poteva spazzare via tutta la feccia del sottobosco della politica e del sindacato e invece no.


“IL LEADER PD PIU’ AUTOREVOLE DI ALTRI E POI LA FIDUCIA SI PUO’ SEMPRE REVOCARE”
A rompere il muro del falso unanimismo, costruito ad arte per la stampa e riflesso condizionato di un Movimento che si sente sotto assedio, è stata la mano alzata timidamente da una senatrice gentile e ragionevole, sconosciuta ai più.
Nella sala damascata di Palazzo Madama, Alessandra Bencini, infermiera di Firenze, ha fatto un gesto semplice, democratico: ha votato in difformità dalla maggioranza dei suoi colleghi.
Un braccio alzato contro 52 immobili.
Gesto considerato quasi un tabù nel Movimento di Grillo, tanto da venire nascosto pudicamente, come fosse vergogna, insieme a quello di altri 4 omologhi del Senato. Gesto che lei stessa fatica a rivendicare, negando un’intervista vera, perché per i 5 Stelle «la fanno solo i capigruppo».
Alla fine, però, accetta di parlare, sia pure malvolentieri, spossata dal peso che sopporta.
E con una prospettiva nebulosa, risolta provvisoriamente qualche ora dopo dalla rinuncia di Bersani: «Se dovessi votare in Aula una mozione di fiducia? Non lo so, non ho deciso. Dovrei riparlarne con i colleghi. Lo so che in caso di voto difforme alla decisione del gruppo rischierei l’espulsione. Ma prima di finire dentro la gogna mediatica, se davvero dovessi votare diversamente, rimetterei il mandato. Del resto non voglio fare la parlamentare a lungo, ho un lavoro che mi piace».
La Bencini non ha subito processi: «I colleghi non mi hanno fatto ostracismo, né mi hanno tolto il saluto. Mi hanno chiesto di spiegare le mie ragioni».
Ed eccole: «Ho votato sì alla mozione “se Bersani ci presenta una buona squadra si discute o no?”.
Perché penso che si possa essere intransigenti in modo positivo.
Aprirsi a un dialogo con le altre forze. È vero che abbiamo sempre detto che non facciamo alleanze con nessuno, ma bisogna pur partire, uscire dallo stallo. Serve uno start up. E la fiducia si può sempre revocare».
La Bencini ha un atteggiamento aperto, forse un po’ ingenuo, forse no: «Io sono fatta così. Sono una persona positiva, ottimista. Certe dinamiche oscure non le capisco. Tendo a fidarmi. E mi fido più a sinistra che a destra. Bersani lo vedo più autorevole, meno compromesso di altri».
Del resto la sua provenienza è quella: «Ho votato Pds, Prodi e Bertinotti, prima che facesse quel bel servizio al centrosinistra. Poi ho votato Pd e l’ultima volta Italia dei Valori».
Al Movimento 5 Stelle si avvicina nel 2007.
Gli spettacoli di Grillo la commuovono: «Beppe mi faceva ridere e piangere. Mi dicevo: ma in che Paese siamo?».
L’avvicinamento vero è con i meet up: «Lì ho incontrato persone tranquille, non invasate, dentro un contesto sociale, non sfigati nullafacenti».
Bocciata nel 2009 alle Comunali («ero una riempilista»), la Bencini prende 126 voti alle Parlamentarie: «Non c’era una gran corsa a candidarsi, a quei tempi. Servivano donne per fare equilibrio ed eccomi qui».
Ed eccoci qui, in Senato: «Esperienza abbastanza traumatica, per una abituata a stare in sala operatoria per le emergenze H24. E poi le mie conoscenze sono limitate all’ambito sanitario, inutile nasconderlo. Ho un gran vuoto: c’è da lavorare per riempirlo, bisogna studiare».
Lei ci prova, con passione: «Si può fare tutto, se c’è buona volontà e buona fede». Anche perché c’è da cambiare il Paese: «Io non me ne vo’ dall’Italia. Voglio tornare a fare l’infermiera in un Paese migliore».
Un governo, prima o poi, ci vuole: «Se il capo dello Stato ci presenterà un candidato credibile, con una buona squadra, perché non provare?».
A lei piacerebbe un premier come Salvatore Settis: «Ho amato molto il suo libro, “Azione popolare per il bene comune”».
Comincia così: «Indignarsi non basta». La Bencini tiene in alto il braccio. Anche se è faticoso e ti espone agli sguardi degli altri.
Un braccio alzato per dire che si potrebbe fare di più: «Però non so. Sono inesperta, gli altri ne sanno più di me. Forse sono io che sbaglio. Forse sono io che non capisco».

Alessandro Trocino
(da “il Corriere della Sera”)

Nessun commento:

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...