Caso Cuffaro, metafora del caos Pd sul territorio. Faraone ammette "apporti insoliti", la minoranza pensa al congresso straordinario
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Roberto Speranza ci va giù duro: “Se non si dà un segnale fermissimo e rigorosissimo sulla vicenda Cuffaro il Pd è morto. Non può esistere un Pd con dentro quel sistema di potere. I nostri militanti sono preoccupati”. Davide Faraone, nell’annunciare una nuova Leopolda Sicula, l’appuntamento dove lo scorso anno c’era la fila di cuffariani e big del “suo” centrodestra, difende gli ingressi e dunque i cambi di casacca: “Il Pd ha cambiato veste ed è oggi un partito maggioritario, che beneficia di apporti nuovi, magari insoliti, ma sempre costruttivi”. Anche il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, in serata minimizza: "Polemiche inutili. Al momento dalla Sicilia non si hanno notizie di fenomeni anomali. Se dovessero arrivare, si interverrà con rigore e intransigenza"
Proprio la presenza in massa di "apporti insoliti" aveva spinto il segretario regionale Fausto Raciti a congelare il tesseramento in Sicilia. Per tutto lo stato maggiore renziano il problema non c'è. Indicative le parole di Faraone. Il plenipotenziario del premier nell’Isola, dopo giorni di silenzio, anche di fronte allo scandalo del tesseramento, attacca i “titoloni dei giornali” e gli avversari che usano lo “spauracchio di Cuffaro perché hanno paura di un Pd allargato”. Toni aspri, nervosi, per tutto il giorno. Fatti di una crescente insofferenza reciproca tra renziani e sinistra. Il rullo di tamburi attorno al caso Cuffaro è assordante. E pre-annuncia una battaglia che è già oltre lo stretto. E chiama in causa la natura stessa del Pd. A margine di un convegno, Pier Luigi Bersani, mette a verbale la sua preoccupazione e la sua denuncia: “Il Pd non è un partito di potere buono per tutti gli usi. Non siamo un porto in cui può sbarcare chiunque”. Parole che il renzianissimo Parrini bolla come “insulto” al partito.
Fin qui i tamburi. Poi la battaglia che si annuncia. Quelli della minoranza in questi giorni più volte si sono incontrati per un’analisi delle contromosse: “Dobbiamo mettere all’ordine del giorno la richiesta di un congresso straordinario. Dinanzi al salto di qualità non possiamo rimanere fermi”. Perché dietro la guerra del tesseramento e i “pacchetti” di tessere fatti dagli infiltrati, Bersani e Speranza ci vedono un disegno: la pulizia etnica della minoranza dalle liste. Il Fatto ha intercettato più di una confidenza di vari senatori Pd: “Lotti e Guerini lavorano per il futuro. Le tessere ai riciclati, in Sicilia come in Puglia e in Campania, al momento opportuno giocheranno un ruolo decisivo per la scelta dei candidati alle politiche”. Al momento della formazione delle liste, l’idea è di usare le “primarie” tra gli iscritti per scegliere i capolista bloccati. È un modo per travestire da metodo democratico il colpo finale alla minoranza: “Vogliono cancellarci – sussurra un senatore dem – portando a votare queste belle new entry e mettendo tutti i loro”. È questa la posta in palio, che riguarda la natura stessa del Pd. Si spiegano così le anomalie sul tesseramento che cominciano ad affiorare un po’ da tutta Italia. In Sicilia è scoppiato il finimondo. In Campania già si annuncia. Ecco qualche dato: in provincia di Napoli gli iscritti sono aumentati del 20 per cento, dai 14mila del 2014 ai 17mila di oggi. A Salerno da 6mila a 8mila.
Già è uscito sui giornali qualche caso di pacchetti comprati online con un unico bonifico, quindi da un solo acquirente. È lo stesso motivo per cui in questo week end il ministro Orlando andrà in Liguria a dare un’occhiata dopo che gli hanno detto che “ci sono movimenti strani”. In Puglia l’HuffPost ha raccontato come a Bisceglie l’intera giunta di centrodestra si è iscritta al Pd, con tanto di consiglieri comunali, dipendenti, per un totale di 363 persone. È già in atto il tesseramento del partito della Nazione e, teme qualcuno, di quel “sistema di clientele che ha solo cambiato nascondiglio di cui ha parlato Cuffaro.
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