tate dagli omofobi del Family Day sui pericoli dell'omosessualizzazione della società per scoprire che quelli che "pensano ai bambini" lo fanno nel modo sbagliato
Famiglia, l’oscuro oggetto del desiderio delle decine di milioni di manifestanti scesi in piazza al Circo Massimo sabato 30 gennaio per l’ennesimo show contro i diritti degli altri. Il tutto ovviamente richiamandosi ad una condizione universale e naturale di famiglia. Un tempo dicevano “tradizionale” ma il termine deve essere sembrato troppo poco immutabile e carente dal punto di vista divino per costituire un argomento forte. Il concetto di famiglia naturale, partorito (è il caso di dirlo) durante la polemica contro le Unioni Civili, non ha niente a che vedere con il matrimonio cristianamente inteso. È un qualcosa di senza tempo che nella pratica quotidiana non si dà mai nella sua forma pura, prova ne è il fatto che tra i più famosi degli umili peccatori del Family Day di famiglie naturali (o anche solo di famiglie cattoliche) ce n’erano davvero pochine.
Sorpresa: la stepchild adoption, di fatto, esiste già
Ci sarebbe quindi da chiedersi se quell’ideale di famiglia naturale sia solo un pretesto per non affrontare davvero il problema della genitorialità sul piano della realtà. La risposta in tal caso sarebbe senza dubbio sì. Ad esempio parliamo di una delle questioni sollevate da Gandolfini, Adinolfi e Miriano circa le Unioni Civili: la Stepchild Adoption. Secondo i penitenti del Circo Massimo il DDL Cirinnà introdurrà l’adozione per i gay e conseguentemente anche l’utero in affitto (altrimenti detta maternità surrogata). La questione qui è abbastanza semplice, e solo dei mistificatori di professione potrebbero pensare che il DDL Cirinnà introdurrà in Italia l’utero in affitto poiché è una pratica vietata nel nostro Paese e la legge sulle unioni tra persone dello stesso sesso non introduce nessun cambiamento in questo senso al quadro normativo generale che è quello stabilito dalla Legge 40 sulla fecondazione assistita. Riguardo l’adozione per i gay, la stepchild adoption non consente alle coppie omosessuali di adottare figli (anche se in questo non ci sarebbe nulla di male, a mio avviso). La stepchild adoption è il riconoscimento, da parte di uno dei due coniugi, dei figli del coniuge (stepchild in inglese significa figliastro). In sostanza se i due contraenti l’Unione Civile (chiamarlo matrimonio sembra eccessivo ad alcuni) hanno dei figli la legge dà la possibilità di includerli nel nuovo nucleo familiare. Si tratta quindi di un’adozione sì, ma del figlio (o dei figli) del partner che smette così di essere “il partner” e diventa genitore (anche se non a tutti gli effetti). Questa eventualità è già prevista per le coppie eterosessuali dall’articolo 44 comma b della legge 184/83 del 4 maggio 1983 recante la Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori. In particolare l’art. 44 prevede che I minori possono essere adottati anche dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge. Ed infatti il disegno di legge sulle Unioni Civili va a modificare proprio l’art.44; all’articolo 5 della legge di regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze si legge:
(Modifiche alla legge 4 maggio 1983 n. 184)
1. All’articolo 44 lettera b) della legge 4 maggio 1983, n. 184 dopo la parola «coniuge» sono inserite le parole «o dalla parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso».
Va inoltre sottolineato che la Stepchild Adoption non è una norma che viene incontro ad un “capriccio” delle coppie omosessuali ma crea invece una forma di tutela per i diritti dei bambini che sono figli biologici di uno dei due coniugi. Ancora una volta il movimento che per non dire di essere contro i diritti degli omosessuali si racconta di essere a favore dei diritti dei bambini fa finta di non accorgersi di non fare nulla per il bene di quei bambini che sono figli biologici di un genitore omosessuale. Cosa succederebbe se quel genitore morisse? Siamo davvero sicuri di voler strappare un bambino ai suoi affetti solo in nome dell’odio nei confronti degli omosessuali? Bel modo di pensare ai bambini, ai loro diritti e al loro benessere. Cosa propongono questi cattolici così preoccupati dalla sorte dei bambini? Bisogna forse togliere la patria potestà al genitore biologico perché convive con un partner dello stesso sesso? Eppure la giurisprudenza è abbastanza chiara nel dire che è “preferibile salvaguardare il rapporto affettivo già in atto anzichè instaurare un’adozione legittimante con una coppia sconosciuta”. Anche senza la legge sulle Unioni Civili e la Stepchild Adoption alcune coppie omosessuali hanno già ottenuto dal tribunale l’affidamento congiunto dei figli, è il caso della sentenza n. 299 del Tribunale dei minorenni di Roma emessa il 30 luglio 2014 che ha stabilito che la figlio di una donna recatasi in Spagna per poter rimanere incinta tramite la fecondazione assistita poteva essere adottata dalla convivente. In particolare il Tribunale rilevava che:
Esclusivamente per l’adozione legittimante (nazionale ed internazionale) viene richiesto che ad adottare siano due persone unite da rapporto di coniugio riconosciuto dall’ordinamento italiano; ma nel nostro sistema il legislatore ha introdotto una seconda forma di adozione – l’adozione in casi particolari- in base alla quale, nell’interesse superiore del minore, la domanda di adozione può essere proposta anche da persona singola, ai sensi del combinato disposto dell’art. 44 lettera d) e dell’art. 7 della medesima L. 184/83.Nessuna limitazione è prevista espressamente, o può derivarsi in via interpretativa, con riferimento all’orientamento sessuale dell’adottante o del genitore dell’adottando, qualora tra di essi vi sia un rapporto di convivenza.
Bisogna inoltre ricordare che l’adozione in casi particolari si propone di tutelare “la realizzazione del preminente interesse del minore” tenendo presente in primo luogo l’idoneita’ affettiva e la capacita’ di educare e istruire il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare degli adottanti come stabilito dall’art. 57 della già citata legge n. 184/1983.
Esiste inoltre un’altra sentenza, questa volta della Corte di Cassazione che ha disposto l’affidamento esclusivo di un figlio alla madre e alla sua compagna nonostante il ricorso dell’ex-coniuge (e padre del bambino) della donna. La Corte ha così motivato la sentenza:
non sono poste certezza scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale. In tal modo si dà per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino, che dunque la Corte d’appello ha preteso fosse specificamente argomentata
In parole povere anche senza la Stepchild Adoption le coppie omosessuali possono già ottenere il riconoscimento del figlio biologico di uno dei due partner. Il DDL Cirinnà intervenendo proprio sul punto dei casi particolare di adozione andrebbe in sostanza a semplificare la procedura di riconoscimento. Che, ripeto ancora una volta, esiste già.
Il diritto ad avere figli e la Legge 40
Ma il figlio non è un diritto! Tuonano le moltitudini, i troni e le dominazioni riunite al Circo Massimo. Anche questo se vogliamo essere precisi non è proprio vero, perché c’è una legge del 19 febbraio 2004, nota come Legge 40 e recante Norme in materia di procreazione medicalmente assistita che in certo senso stabilisce che anche le coppie sterili abbiano il diritto di procreare. All’articolo 1 la Legge 40 recita:
Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito.
A proposito dello specifico diritto ad avere figli (per le coppie eterosessuali) si è espressa la Corte Costituzionale con la pronuncia 162/2014 nella quale i giudici hanno dichiarato l’illegittimità del divieto di fecondazione eterologa (come invece disposto dalla Legge 40) ravvisando che
La determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, concernendo la sfera più intima e intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile, qualora non vulneri altri valori costituzionali.
Ecco quindi che quello che secondo i cattolici del Family Day è l’inesistente diritto ad avere figli, invocato come argomento finale nella battaglia contro le Unioni Civili improvvisamente (si fa per dire) viene disinnescato da una Legge della Repubblica italiana. Risulta allora molto più difficile sostenere posizioni integraliste secondo le quali in Italia i figli non sono un diritto. Lo sono invece eccome, per tutte quelle coppie eterosessuali che non possono avere figli perché sono sterili. Coppie che – secondo la definizione dei difensori della famiglia naturale – non avrebbero nemmeno diritto ad essere considerate una famiglia, poiché non sono in grado di procreare. E non è un caso che la più ferma opposizione alla Legge 40 sia venuta proprio da quel mondo cattolico che ora vuole negare i diritti alle coppie omosessuali. Ed è proprio la Legge 40 (quella che i cattolici fanno così tanta fatica a leggere) a vietare il ricorso alla maternità surrogata, di fatto disinnescando il “grandioso argomento contro le Unioni Civili”. Ma l’incapacità di procreare è un argomento davvero debole, si pensi ad esempio al caso di due settantenni (rigorosamente etero) che vogliono sposarsi. Secondo i cattolici del Circo Massimo probabilmente non dovrebbero farlo perché la loro famiglia non è in grado di mettere al mondo dei figli. E questo lo ha detto anche Ruth Bader Ginsburg, giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti.
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