martedì 2 febbraio 2016

Per Travaglio le manette sono un’emozione incontrollabile

Il Fattone
Marco Travaglio, durante l'evento Bulgari dell'Altaroma negli horti Sallustiani, Roma, 13 luglio 2014. ANSA/ANGELO CARCONI
Oggi il direttore del Fatto titola il suo editoriale “Elogio delle manette”, non considerando che negli ultimi 50 anni 4 milioni di italiani sono stati incarcerati e rilasciati perché innocenti
“Elogio delle manette” è il titolo dell’editoriale odierno di Marco Travaglio: evviva la sincerità! Al direttore del Fatto il carcere suscita da sempre un’emozione incontrollabile, un piacere sottile e diffuso, un senso di convinta soddisfazione. “In galera!”, gridava l’indimenticabile Giorgio Bracardi dai microfoni di “Alto gradimento” negli anni della nostra adolescenza: ed era un urlo liberatorio, persino festoso, intriso di ironia e di gioia di vivere. Perché la galera non soltanto è brutta, ma è anche, quasi sempre, inutile: ha il sapore della vendetta, e lì per lì invocarla può rasserenare o consolare, ma non ha mai risolto il problema della criminalità.
Bisognerebbe prevenire, e bisognerebbe riabilitare: altrimenti, come l’esperienza ci insegna fin troppo bene, il criminale resta tale e i crimini, anziché diminuire, aumentano. Lo sanno tutti, tranne Travaglio: che al cospetto di ogni emergenza – oggi il Fatto apre la prima pagina denunciando l’impossibilità di tenere in carcere uno spacciatore prima della sentenza – anziché interrogarsi sulle soluzioni, certo difficili e dall’esito tutt’altro che sicuro, prende la scorciatoia più facile e, come un Bracardi illividito dagli anni, non sa gridare altro che “in galera!”.
La carcerazione preventiva, come scrive il direttore del Fatto, è sì “utilissima per evitare che il sospettato se la svigni, o inquini le prove o intimidisca i testimoni o continui a delinquere in attesa della sentenza definitiva”, e infatti in tutti questi casi la legge la prevede, ma è anche, troppo spesso, un’intollerabile violazione dei diritti civili e della presunzione d’innocenza, un’arma indebita di pressione, e persino un modo per lavarsi le mani di fronte alla vergognosa lentezza della giustizia penale. Un terzo dei detenuti sono oggi in attesa di giudizio, e una buona percentuale sarà assolta. Negli ultimi cinquant’anni quattro milioni di cittadini – avete letto bene: 4.000.000 di italiani – sono stati arrestati, incarcerati e poi rilasciati perché innocenti. Lo scandalo sta qui, qui sta l’inciviltà del nostro sistema giudiziario.

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