Le ultime parole del piccolo Aylan: "Papà ti prego non morire"
Il corpo di Aylan (Afp) e una foto del bimbo (da Twitter)
Pubblicato il: 05/09/2015 14:28
"Papà, ti prego, non morire!". Sarebbero state queste le ultime parole pronunciate dal piccolo Aylan Kurdi, il bambino siriano di tre anni, annegato insieme al fratellino Galip di cinque anni e alla madre Rehan, nelle acque dell'Egeo tra Turchia e Grecia. A raccontarlo, in un'intervista rilanciata dal Telegraph, è la zia Fatima Kurdi, sorella del padre di Aylan, Abdullah, che nella tragica traversata ha perso l'intera famiglia. Le grida del bambino negli istanti che ne hanno preceduto la morte, ha raccontato la donna, che vive a Toronto, in Canada, erano il disperato appello al padre affinché salvasse dalle onde lui e il fratello Galip.
Le immagini del corpo senza vita di Aylan, riverso sulla spiaggia di Bodrum, hanno fatto il giro del mondo e hanno rappresentato un punto di svolta nel dibattito in Europa sull'accoglienza dei profughi siriani. Fatima Kurdi, in un'intervista al Times, ha riferito quanto le è stato raccontato al telefono dal fratello Abdullah, che ora ha fatto ritorno a Kobane per seppellire la moglie e i figli. "Quando la barca si è capovolta e le onde si ingrossavano, i bambini erano tra le braccia del padre -ha detto la donna - lui ha tentato con tutte le sue forze di farli stare a galla per respirare e loro urlavano: 'papà, ti prego, non morire'".
Dopo essersi reso conto che Galip era già morto, l'uomo "ha tentato di salvare il secondo, Aylan. Lo ha guardato, ma c'era del sangue che gli usciva dagli occhi e lo ha lasciato andare. Si è guardato intorno per cercare sua moglie e il suo corpo galleggiava nell'acqua". La donna ha poi raccontato di sentirsi in colpa per avere inviato al fratello in Siria una parte dei soldi necessari ad organizzare il viaggio verso l'Europa. Ma è stato lui stesso a confortarla: "Non sentirti colpevole, lo hai fatto per aiutarci", le ha detto.
Abdullah Kurdi aveva già tentato all'inizio dell'anno di emigrare in Canada con la moglie e i figli per raggiungere la sorella. Ma, secondo il racconto della famiglia, le autorità respinsero la sua domanda di asilo. E questo nonostante l'uomo avesse spiegato che la sua città, Kobane, era sotto l'assedio delle milizie dello Stato Islamico.
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