venerdì 28 agosto 2015

Riceviamo e pubblichiamo.

Quel che Renzi ha capito (ma Lucia Annunziata no) sul voto popolare

Blog post del 25/08/2015
  
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Renzi.

Il direttore di Huffington Post Italia Lucia Annunziata ha scritto un pezzo intitolato "Quel che Tsipras ha capito (e Renzi no) sul voto del popolo", dove critica Renzi per non aver portato l'Italia ad elezioni subito dopo essere stato nominato segretario del Pd.
Il ragionamento ha un senso ma si deve tener conto di come Renzi sia arrivato al potere. Le primarie da segretario le ha vinte dopo la 'non vittoria' del centrosinistra ma soprattutto dopo il casino della rielezione di Napolitano, di cui ancora non si capisce la dinamica per cui Prodi non abbia ottenuto nemmeno i voti di tutto il Pd. Renzi avrebbe tanto voluto giocare a freccette con il San Sebastiano Enrico Letta per poi decidere di andare a elezioni. Purtroppo per lui il Parlamento era stato eletto dalla maggioranza guidata da Pierluigi Bersani, che si era accordato con Letta (che nel frattempo aveva avuto l'appoggio di Alfano) per portare avanti il suo governo e tentare così di far ricandidare Letta.

matteo renzi vs pierluigi bersani primarie pd
È a questo punto che Renzi ha dovuto ragionare su una exit strategy, che gli è stata donata proprio da alcuni elementi della minoranza Pd, come all'epoca era Stefano Fassina: Se il governo Letta non va bene fai tu il presidente del Consiglio, fu il suggerimento, cercando di ribaltare la politica di Renzi. L'ex sindaco di Firenze però va avanti a pane e Machiavelli, così si decise di sostituire Letta, nonostante le sue tranquillizzazioni con tanto di hashtag #enricostaisereno.
La tattica fu di inglobare nuovamente  il centrodestra di Berlusconi per fare le riforme, quelle che in buona parte il Pd si è dovuto votare con una maggioranza ristretta. In questo modo avrebbe avuto meno rischi di ricatti nel Pd. La strategia funzionò e ancora di più funzionò la scelta dei famosi 80 euro in vista delle elezioni europee in cui il suo Pd prese il 40,8 per cento dei voti.
Quello era il momento da sfruttare per andare al voto e Renzi lo sapeva ma c'era un ma. Napolitano voleva che le riforme andassero in porto e c'era da cambiare la legge elettorale, quella che tutti conosciamo come Italicum. La riforma elettorale non prevedeva l'intervento al Senato, dove c'era il rischio che uscisse una maggioranza diversa rispetto alla Camera. Senza l'abolizione del Senato elettivo (che ancora deve avvenire e che in Forza Italia e nella minoranza Pd vorrebbero ripristinare) Renzi avrebbe rischiato di dover fare nuovamente alleanze spurie anziché governare da solo come era nelle sue intenzioni. Qui è lentamente crollato il castello di sabbia perché i problemi restano e le soluzioni adottate non sono all'altezza della pessima situazione economica italiana e internazionale.
Renzi ora deve andare avanti, vendersi come buone le sue riforme, spingere in Europa affinché vengano allentate le morse dell'austerità. In questo modo potrebbe rispendere soldi per ricreare consenso, perché le parole non bastano e il Jobs Act non sta creando nuovi posti di lavoro ma trasformando quelli precari.
Il dramma renziano è il fatto che per mesi sia stata portata avanti la retorica dei gufi che prendevano pochi voti perché spostati a sinistra, perché conservatori, perché antiberlusconiani ma i sondaggi ora danno un Pd intorno al 30 per cento che in voti assoluti sono inferiori a quelli che prese Bersani con il suo 25 per cento del 2013. Quindi Lucia Annunziata deve ben capire che Renzi si è reso conto da tempo dello sgambetto che si è fatto da solo e vedere Tsipras fare quel che avrebbe voluto fare lui non gli farà di certo piacere.
Una piccola provocazione: forse con i rapporti con l'Europa è stata la miglior soluzione o la meno peggiore a costo di perdere coerenza ma Tsipras in questi mesi si è mosso un po' come un Renzi. Un Renzi di Syriza, o di sinistra fate voi.
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