Debiti, una legge salva Regioni
Via il pareggio di bilancio | Grafico
Lazio in rosso per 8,7 miliardi, Piemonte meno 3,06 miliardi. Il governo al lavoro per allentare i vincoli
«Se non facessimo qualcosa, saremmo il primo e unico Paese della zona euro a introdurre i saldi strutturali di bilancio, che continuiamo a contestare a Bruxelles per come vengono calcolati, anche a livello subnazionale, per le Regioni e i Comuni». A Palazzo Chigi meditano una bella marcia indietro. La legge varata dal governo Letta nel 2012 per attuare il pareggio di bilancio previsto dalla Costituzione anche agli enti territoriali, è troppo complicata, e troppo rigida. Quell’obbligo di pareggio, con la messe di divieti e vincoli che l’accompagnano, è così ferreo che potrebbe bloccare tutti gli investimenti degli enti territoriali, e rischia di essere insostenibile alla luce delle loro condizioni finanziarie, che nelle Regioni potrebbero appesantirsi parecchio dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato il bilancio del Piemonte.
L’illecita contabilizzazione dei fondi stanziati dallo Stato per il pagamento dei debiti pregressi rischia di creare un buco potenziale di 19,3 miliardi di euro. A rischiare di più, oltre al Piemonte (il deficit 2013 è stato ricalcolato da 300 milioni a 3,06 miliardi), sono il Lazio (8,7 miliardi a rischio), la Campania, il Veneto, ma anche Emilia-Romagna, Toscana e Puglia. «Stiamo ancora cercando di capire dimensioni e gravità del problema» spiegano i tecnici al lavoro sul dossier.
Buco di 9 mliardi
La Ragioneria e il Tesoro cercano il modo di sterilizzare almeno una parte dell’enorme disavanzo che sta emergendo. I fondi dello Stato sembra siano serviti per pagare anche dei debiti fuori bilancio, ed in alcuni casi, invece di essere compensati per cassa con i pagamenti, sono finiti nei bilanci di competenza, gonfiando la capacità di spesa delle Regioni.
Circa metà del disavanzo potenziale potrebbe essere neutralizzato con una norma che consenta di spalmarlo negli anni futuri. Il vero problema riguarda le somme utilizzate per pagare i debiti sanitari, 9 miliardi di euro, che al momento non si ha ancora idea di come sistemare senza che si scarichino sui conti delle Regioni e le tasse dei loro cittadini.
Circa metà del disavanzo potenziale potrebbe essere neutralizzato con una norma che consenta di spalmarlo negli anni futuri. Il vero problema riguarda le somme utilizzate per pagare i debiti sanitari, 9 miliardi di euro, che al momento non si ha ancora idea di come sistemare senza che si scarichino sui conti delle Regioni e le tasse dei loro cittadini.
Chiaro, che in una situazione del genere, l’obbligo del pareggio di bilancio declinato in quel modo, diventa difficilmente sostenibile. Così, anche per la pressione di sindaci e governatori, che stanno sperimentando il nuovo regime già quest’anno tra enormi difficoltà, il governo sta meditando la riforma delle regole. Con l’obiettivo di applicare ai bilanci delle Regioni e dei Comuni lo stesso parametro che viene applicato allo Stato in base alle regole europee: il deficit, che per gli enti territoriali corrisponderà al semplice saldo di competenza. Un solo parametro da rispettare, invece dei 12 che si trovano davanti oggi le Regioni, già alle prese con l’obbligo del pareggio, e gli 8 previsti per i Comuni dal 2016.
Addio ai vincoli di spesa
La legge 243 prevede che Regioni e Comuni siano tenuti a rispettare l’obbligo di un «saldo non negativo» sia nel bilancio preventivo che in quello consuntivo, sia di cassa che di competenza, sia in rapporto alle entrate e alle spese finali che in rapporto a quelle correnti, e per le Regioni, distintamente, anche per i conti della sanità. In aggiunta la legge prevede il divieto assoluto di indebitamento, se non per investire, ed entro limiti strettissimi. I sindaci possono farlo, ad esempio, solo a condizione che i Comuni della regione rispettino nel complesso l’equilibrio di bilancio.
Il grido d’allarme di sindaci e governatori non è caduto nel vuoto. Allo studio di Palazzo Chigi c’è un disegno di legge che modifica radicalmente la 243. Nonostante tutti la sollecitino, però, la riforma non sarà facile. I tempi sono strettissimi, perché dovrebbe essere varata necessariamente prima della legge di Stabilità, quindi entro metà ottobre. Ma soprattutto perché l’operazione è anche un passaggio politico delicato per Matteo Renzi: essendo una legge «rafforzata», per essere approvata ha bisogno della maggioranza assoluta dei membri di Camera e Senato.
La proposta è più o meno definita, e prevede una forte semplificazione, non solo degli obiettivi di bilancio. Ci sarebbe un solo saldo da rispettare, ma cadrebbero anche tantissimi vincoli che gravano sulla spesa dei Comuni e delle Regioni. Salterebbero tutte le riserve di destinazione per le quali, ad esempio, oggi i Comuni devono accantonare il 50% degli incassi delle multe stradali per l’acquisto delle divise e il mantenimento delle auto dei Vigili. Verrebbero aboliti anche gli articoli 11 e 12, che prevedono un fondo di perequazione complicatissimo per tener conto dell’impatto della congiuntura sui saldi di bilancio.
A Comuni, Province e Regioni il governo darebbe invece un obiettivo di bilancio triennale (come quello dello Stato), che tenga conto dell’impatto della congiuntura. Di fatto verrebbe ripartito l’obiettivo di indebitamento concordato con la Ue anno per anno, sui vari livelli di governo, in funzione del loro peso. Per chiudere il quadro sono previste sanzioni molto rigide per gli enti inadempienti. «Non più le vecchie sanatorie del patto di Stabilità» spiegano i tecnici di Palazzo Chigi.
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