QUANDO TRAVAGLIO HA POCA MEMORIA, PARLA
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Marco Travaglio è un "ottimo" giornalista su alcune cose, ma sui fatti di mafia ha sempre avuto qualche piccolo problema di memoria. Non è una colpa, in Italia tutti hanno una labile capacità di ricordare i fatti, non è certo l'unico. Dispiace che ciò che dice venga preso per oro colato solo e soltanto perché appare come "indipendente" quando, in realtà, non sembra proprio immacolato. Ma veniamo ai fatti più importanti, per dovere di chiarezza:
1) Grasso non ha rifiutato di firmare l'atto di appello per Andreotti. Il Codice di procedura Penale prevede che i sostituti possano agire in completa autonomia, rendendo non necessario il permesso del Procuratore. Che non venne chiesto. In più Grasso lesse gli atti, e personalmente (e pubblicamente) condivise le motivazioni dei suoi sostituti. In occasione del processo Andreotti d'Appello chiese e ottenne il permesso di far aprire un sito web per inserire i dati del procedimento per tenere informata la gente sull'operato dell'ufficio. E Pietro Grasso sostenne la causa dei promotori del ricorso in appello con la stampa (cfr. Corriere della Sera del 16/07/2000)
2) Pietro Grasso non ha richiesto alcuna legge per "far fuori" Caselli dalla Procura Nazionale Antimafia. La legge a cui Travaglio fa riferimento è il cosiddetto "emendamento Bobbio", inserito nella riforma dell'ordinamento giudiziario denominata "riforma Castelli". L'emendamento, ovviamente approvato, era una leggina che stabiliva nuovi limiti d'età. Una legge che sicuramente Berlusconi e soci hanno confezionato per rendere Caselli, già scomodo, totalmente inoffensivo, ma fu una leggina comunque inefficace poiché la candidatura di Caselli era comunque possibile. I tempi per rendere la legge del tutto effettiva sono stati abbastanza lunghi, ma il C.S.M. volle giocare in difesa. La scelta ricadde su Grasso ma non certo per colpa sua, né fu lui a richiedere all'AN Bobbio questo emendamento. Fu dichiarato incostituzionale, come praticamente tutta la riforma Castelli, ma successivamente all'elezione di Pietro Grasso, e il Consiglio Superiore non poteva certo ritirare Grasso per una candidatura "illegittima", perché illegittima non fu mai.
3) Su Schifani la questione è molto semplice: non fu il Procuratore a richiedere la prima archiviazione, ma il G.I.P. (Giudice per le Indagini Preliminari) per insufficienza di elementi probatori a suo carico. Archiviazione che fu confermata anche nel nuovo filone di indagine nato, secondo Travaglio, “dopo la dipartita di Grasso”, per le stesse identiche motivazioni. Filone nato non per errori dei precedenti inquirenti, ma per nuove testimonianze non rese precedentemente.
Il resto delle affermazioni del giornalista, dalla presa di distanza con Caselli all'allontanamento ingiustificato di magistrati impegnati nei processi "mafia e politica" (vorrei ricordare che il processo più importante, quello contro Cuffaro, non è mai stato chiuso) non trovano riscontri né sulla loro fondatezza, né sul contrario, ma appaiono come semplici “gossip” atti a legittimare le accuse di sopra illustrate e (credo) sufficientemente smontate. Piuttosto vorrei chiedere a Marco Travaglio una cosa semplicissima:
Avrebbe voglia di spiegare finalmente la sua posizione definitiva sul Capitano Ultimo e sulle vicende legate all’arresto di Salvatore Riina nel 1993? Dire (come sempre senza contraddittorio) in diversi articoli, libri e spettacoli che il CRIMOR non perquisì l’abitazione del Riina per chissà quali patti sottobanco tra magistratura e mafia, quando un processo ha stabilito l’infondatezza di una tale accusa (dando la responsabilità del fatto ad altre figure), è quanto meno sinistro. Il Capitano Ultimo fu pienamente assolto, e con lui risultò monda la reputazione di tutta la sua squadra, tanto fondamentale quanto maltrattata e, successivamente, distrutta da queste accuse. Le loro scelte sull'indagine furono rischiose, è vero, ma pienamente giustificate da fughe di notizie che ne hanno impedito uno svolgimento "sicuro". Nessuno sembra aver voglia di fare chiarezza su QUESTE sue affermazioni diffamatorie, ridicolizzate dal suo stesso “maestro”, l’indimenticato Indro Montanelli.
AGGIORNAMENTO: Marco Travaglio ha rifiutato qualsiasi confronto fuori da Servizio Pubblico, suolo amico. Ha messo insieme la motivazione secondo la quale solo lì si può eventualmente rettificare una affermazione precedente. Mi risulta una scusa abbastanzatirata per i capelli. Il giornalista dimostra di essere un uomo che non è in grado di "viaggiare da solo", ha bisogno della scorta di Santoro, se si tratta di confrontarsi con qualcuno. Il monologo, sotto questo punto di vista, gli viene meglio.
A proposito della presunta fila di persone che non vedono l'ora di parlare di Grasso...stanno tutti aspettando Travaglio per parlare? Mah...
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