È nata una Stella
Di
Sulla lottizzazione abusiva Green Campus, finalmente registriamo la presa di posizione dell’Università. In un intervento dal quotidiano locale il rettore Angiolino Stella riferisce che quell’illecito (case vendute sul libero mercato invece che date in affitto a studenti) non avrebbe richiesto alcuna convenzione con l’Università. Non è dunque in discussione la lottizzazione abusiva (acclarata) né tanto meno la vendita indebita dei singoli appartamenti sul libero mercato immobiliare, altrettanto acclarata: il rettore Stella nega l’obbligo della convenzione, necessaria a suo dire solo «quando l’iniziativa riguardi attività produttive inserite nel Parco Tecnologico, solo allora la convenzione, oltre che con il Comune, dovrà essere perfezionata anche con l’Università o enti di ricerca pubblici».
Niente è più lontano dalla verità, come del resto rendicontano la replica dell’avvocato Franco Maurici, qui pubblicata, e una recente ordinanza del Tribunale pavese.
È pur vero che sul quotidiano locale – dal quale lo Stella ha ottenuto un giustificato risalto – nulla era apparso sulla fondamentaleordinanza del giudice Marcella Frangipani il 25 maggio 2012 (poiconfermata in appello il 19 ottobre 2012), così che al rettore risulta ancora ignota: nel respingere un ricorso di Green Campus, Frangipani scrive che «l’intervento edilizio in questione ricade nella zona destinata dal Prg a servizi per l’Università (U1), tra i quali sono previste anche le residenze universitarie»; e conferma che «la natura pubblica del servizio in questione comporta l’applicazione del comma 21 dell’art. 24 delle Norme tecniche di attuazione del Prg», e così conclude: «la qualificazione delle residenze universitarie come attrezzature di interesse generale discende dal comma 24 delle medesime norme tecniche. Ne deriva che, ai sensi del citato comma 21 l’intervento edilizio di cui si discute avrebbe dovuto essere preceduto da una convenzione con l’Università “regolante le modalità e le forme di utilizzazione del servizio”» poiché «una convenzione che disciplini il servizio è certamente elemento qualificante del tipo di intervento in questione, proprio per raggiungere lo scopo di destinare realmente le palazzine a residenze universitarie che, come tali e come avviene notoriamente in ogni struttura residenziale universitaria, italiana o estera, devono essere gestite da un ente che amministra gli affitti dei locali e cura i servizi comuni».
Nell’affermare quanto afferma, curiosamente il rettore manda in replica quanto da tempo vanno sostenendo i responsabili del grave reato: con gli altri, il collega prof. Gian Michele Calvi, i costruttori Alberto e Piero Damiani, il faccendiere geometra Arturo Marazza. Lorsignori sono tutti indagati dalla Procura per lottizzazione abusiva e violazione dei vincoli paesaggistici (il Marazza anche per associazione a delinquere).
Caro Rettore, una lettura attenta delle norme le avrebbe risparmiato di doversi specchiare in una tanto proba compagnia, così da non doversi rammaricare «per il rincorrersi di notizie poco fondate e per le relative conseguenze». (G. G.)
Green Campus, il Prg non richiede convenzioni con l’Università
di Angiolino Stella *
Voglio contribuire a fare chiarezza sugli aspetti più delicati della vicenda Green Campus, con particolare riferimento a ciò che può riguardare l’Università di Pavia; naturalmente senza volere in alcun modo interferire con l’operato della magistratura. È stato affermato che – in base alla disciplina fissata dalle Norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore Generale del 2003 del Comune di Pavia – fosse necessaria una convenzione con l’Ateneo per l’edificazione, in area a regime proprietario privato, di un immobile destinato a «residenza universitaria», e fosse obbligo dell’Università richiederla. Una lettura attenta delle norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore Generale del Comune di Pavia del 2003 dimostra che in casi del genere non è richiesta alcuna convenzione con l’Ateneo. Infatti, sulla base della disciplina del Piano Regolatore, il privato che chiede il permesso di realizzare, su un’area privata, un intervento edilizio destinato a finalità pubblica deve contestualmente proporre e stipulare una convenzione con l’Amministrazione comunale. Solo quando l’iniziativa del privato sia destinata ad «attività di ricerca e sviluppo, nonché attività di produzione di servizi informatici e connesse alle biotecnologie, alle tecnologie dell’elettronica, della comunicazione e dell’informazione limitatamente alle aree disciplinate all’art. 24 comma 10 e denominate T1»(art. 2, co. 10), e cioè quando l’iniziativa riguardi attività produttive inserite nel Parco Tecnologico, solo allora la convenzione, oltre che con il Comune, dovrà essere perfezionata «anche con l’Università o enti di ricerca pubblici» e «dovrà riguardare anche collaborazioni nel campo della ricerca e della didattica» (art. 24, c. 21). La necessità del convenzionamento riguarda unicamente tale fattispecie ed è finalizzata a tutelare l’interesse dell’Amministrazione comunale a che non sia creata una «ordinaria» zona produttiva in alternativa o in aggiunta alle zone produttive individuate dagli ambiti territoriali del Piano regolatore; la necessità del convenzionamento non tocca dunque le attività «pertinenti e connesse» (secondo capoverso del co. 10 dell’art. 2) con l’attività istituzionale dell’Università e in special modo con le attività didattiche, quali sono le mense, le residenze universitarie, le foresterie, le attività museali, tutte «strettamente connesse all’attività universitaria». Nel formulare queste precisazioni, non posso non esprimere il rammarico dell’Università di Pavia e mio personale per il rincorrersi di notizie poco fondate e per le relative conseguenze. Ogni giorno l’Università di Pavia porta avanti con coerenza la propria mission: siamo luogo di elaborazione, trasmissione e apprendimento critico del sapere, capace di integrare organicamente ricerca e didattica, nel rispetto di una vocazione internazionale che continua a ricevere costanti e prestigiosi riconoscimenti. Da 652 anni. A questo patrimonio importantissimo il territorio, la comunità e i giovani devono guardare con fiducia e con orgoglio, soprattutto pensando al futuro.
* Rettore dell’Università di Pavia
La replica di Franco Maurici*
Nel 1968-69 l’arch. De Carlo per incarico dell’Università di Pavia elaborò un piano universitario che il Comune di Pavia approvò unitamente a una convenzione con l’Ateneo e fu poi recepito dal Prg di Pavia approvato dalla Giunta Regionale della Lombardia il 29 novembre 1977 e pubblicato sul BURL n. 5 il 1° febbraio 1978 (il cosiddetto Piano Astengo-Campos Venuti)
Nella Relazione di sintesi del PRG redatta dagli architetti Campos Venuti e Oliva si legge:
«Fra i grandi servizi pubblici a carattere urbano fanno spicco le previsioni per l’Università per la quale è stato redatto un apposito progetto e approvata una convenzione tra il Comune e le autorità accademiche: si prevede di aumentare e ristrutturare le sedi universitarie nel centro storico destinandole in prevalenza al settore umanistico, mentre quelle del settore scientifico dovrebbero trovare posto, insieme a numerosi servizi sociali e sportivi nella vastissima area del Cravino oltre il Policlinico sulla Bereguardina. Infine, l’università prevede di realizzare uno o più poli periferici che tenderanno a favorire una maggiore integrazione tra la città e l’Università».
Le aree destinate all’Università misurano 1.131.320 mq (126720 mq nel centro storico e 1.004.600 mq a Pavia Ovest) con uno standard di 11,1 mq / abitante (Campos Venuti-Oliva, Urbanistica alternativa a Pavia, Marsilio 1978).
Il piano fu poi recepito con alcune modifiche anche nel Prg di Pavia Gregotti-Cagnardi approvato dalla Giunta Regionale il 9 maggio 2003 e pubblicato sul BURL n. 47 il 19 novembre 2003.
Anche il Piano Gregotti mantenne la caratteristica innovativa del Piano universitario De Carlo, cioè la previsione di cinque poli sparsi nel territorio comunale per consentire l’integrazione tra Università e città e la diffusione della cultura nei quartieri popolari.
Però nel frattempo il costo dell’espropriazione era aumentato per effetto di alcune sentenze della Corte Costituzionale ed era divenuto pressoché insostenibile per gli enti locali.
Per ovviare a questa difficoltà il Piano Gregotti prevede due differenti modalità di intervento nelle aree con destinazione universitaria.
Per le attrezzature di interesse generale destinate ad attività universitarie contraddistinte con la sigla U1 (pubbliche in forza di espresso richiamo dell’art. 4 punto 5 D.M. 2 aprile1968 n. 1444 contenuto nell’art. 24 comma 10 Nta) «Gli interventi all’interno dell’area universitaria e ospedaliera pubblica devono essere ricompresi in un Piano Attuativo o Studio Unitario esteso all’intero ambito o porzione significativa dello stesso» (art. 24 co. 19 NTA).
Nelle aree private contraddistinte con la sigla “U” non gravate da svincolo preespropriativo «è ammesso l’intervento diretto del privato per la realizzazione di servizi pubblici […] solo previa redazione di specifica convenzione regolante le modalità e le forme di utilizzazione del servizio.
Con riferimento alle attività private ammesse dall’art. 2 co. 10 la convenzione stipulata anche con l’Università o Enti di ricerca pubblici dovrà riguardare anche collaborazioni nel campo della ricerca o della didattica» (art. 24 co. 21 Nta).
L’art. 2 co. 10 stabilisce le destinazioni universitarie. Nel primo capoverso sono indicate le destinazioni principali e prevalenti pubbliche: «Università. Centri di ricerca. Sedi universitarie, Istituti di ricerca scientifica, tecnologica e industriale ivi comprese le attività di ricerca e sviluppo» nonché altre destinazioni localizzabili solo nelle aree T1 indicate nell’art. 24 co. 10, che qui non interessano.
Nel secondo capoverso sono previste le funzioni complementari di supporto alle prime che possono essere ubicate anche su aree private a opera di privati: «Per Università e sedi universitarie sono ammesse destinazioni pertinenti e connesse con le attività didattiche ivi comprese mense, servizi alla persona, residenze universitarie, foresterie, attività museali strettamente connesse all’attività universitaria. Sono altresì ammesse residenze del custode».
La scheda specifica per l’Area Cravino U1 chiarisce che le «attrezzature sportive, ricettive, per servizi alla persona, museali e congressuali» sono «strettamente connesse con le destinazioni principali così come previsto dall’art. 24 co. 10».
Dunque anche il privato può realizzare le destinazioni universitarie in area privata ma previa convenzione con il Comune e l’Università di Pavia o con Ente di ricerca pubblico «regolante le modalità e le forme di utilizzazione del servizio».
Per conseguenza la convenzione per la realizzazione di residenze universitarie e foresterie deve essere stipulata dal soggetto attuatore con il Comune e l’Università di Pavia e deve regolare le modalità e le forme di utilizzazione del servizio, evitando che le unità immobiliari siano vendute sul libero mercato con l’assunzione di obblighi evanescenti, posto che in tal caso verrebbe meno facilmente la destinazione a residenza universitaria.
La convenzione trilaterale non va confusa con l’Atto d’obbligo annesso al permesso di costruire che può regolare solo l’intervento edilizio; mentre la convenzione deve regolare le modalità e le forme di utilizzazione del servizio nell’interesse preminente dell’Università di Pavia; deve quindi evitare la vendita frazionata delle residenze universitarie; prescriverne la tipologia, prevedere servizi comuni e sale per la biblioteca, per le riunioni anche pubbliche, regolare l’accesso al servizio ecc.
Una residenza universitaria ha necessariamente un modulo organizzativo centralizzato, cioè un unico gestore che affitta o assegna le camere o le unità immobiliari, provvede ai servizi comuni come pulizia, lavanderia ecc.
Dunque in caso di interventi di privati per la realizzazione di servizi pubblici complementari alle destinazioni principali solo la convenzione «anche con l’Università» può assicurare che il privato assuma impegni conformi alle destinazioni universitarie di supporto a quelle principali, nell’interesse, preminente dell’Università di Pavia proprietaria di gran parte delle aree del Cravino. Le norme qui illustrate sono state formulate da un grande maestro dell’urbanistica come Vittorio Gregotti, al quale è impensabile attribuire l’intenzione di consentire ai privati di eluderle.
Anche il Prof. Giuseppe Franco Ferrari consultato dal Comune di Pavia per le residenze universitarie di Punta Est, l’8 aprile 2011 ha affermato che la destinazione a residenze universitarie può ritenersi rispettata «solo a condizione che sussistano garanzie vincolanti per l’operatore e per i propri aventi causa che quanto verrebbe realizzato non venga in un secondo momento venduto sul mercato a titolo di edilizia libera».
Anche più chiaramente si è pronunziata la Giunta Comunale di Pavia che nella deliberazione 6 agosto 2009 n. 41 in merito alla bozza di atto d’obbligo riguardante l’intervento in questione afferma:
«Il soggetto attuatore si impegna a mantenere la destinazione d’uso delle unità abitative a residenza universitaria e pertanto ad affittare le unità immobiliari esclusivamente a studenti iscritti all’Università di Pavia, dello IUSS», ecc. Dunque, anche secondo la Giunta, il soggetto attuatore deve solo affittare.
* avvocato
Nessun commento:
Posta un commento