Le inchieste del Fatto contro Renzi: sotto il titolo niente
Finalmente un’inchiesta giornalistica del Fatto contro Renzi. Peccato che, dietro al titolo, manchi la sostanza
“Fallimenti, debiti e prestiti: da papà Tiziano a papà Lotti, così nacque il Giglio Magico”, titola in prima pagina il Fatto, in amorosa sintonia con il Giornale (“Tutte le carte sul papà di Renzi”). Bene, abbiamo pensato, finalmente un’inchiesta giornalistica che non guarda in faccia a nessuno, che scava e scopre fatti nuovi, che mette alle corde il potere incontrollato del ducetto di Rignano. D’accordo, questa cosa di dare addosso ai parenti per colpire l’avversario non è particolarmente elegante (è una tecnica praticata abitualmente dai regimi totalitari e dalle organizzazioni mafiose), ma pazienza, l’importante è andare alla sostanza.
Peccato che la sostanza non ci sia. Tanto per cominciare, non di un’inchiesta giornalistica si tratta – e pensare che al Fatto lavorano anche alcuni professionisti regolarmente iscritti all’Ordine – ma dell’abituale volantinaggio di carte giudiziarie prodotte dall’accusa. In altre parole, stiamo leggendo le opinioni di un pm: la difesa non esiste e non ha voce, e naturalmente non esiste neanche la sentenza, che negli stati di diritto è l’unico fatto che conta.
E vabbè.
Il tema è il destino della Chil Post, una società appartenuta a Tiziano Renzi su cui sta indagando la Procura di Genova. E che cosa ha scoperto la Procura di Genova in mesi e mesi di duro lavoro sfociati in tremila pagine di documenti e carte? Per non sbagliare, citiamo con scrupolo dall’articolo del Fatto, cioè direttamente dal sottoscala della Procura: “La vicenda, al netto dei risvolti penali…”, “la posizione di Tiziano Renzi potrebbe finire archiviata”, “anche su questo punto la Procura ligure non sembra vedere risvolti penali…”, “probabile che la posizione [di Tiziano Renzi] sarà archiviata”, “Niente di illegale, ma pare emergere…”. Pare emergere, capito? Proprio come Nessie, il mostro di Loch Ness.
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