martedì 29 settembre 2015

I vecchi DS hanno dimenticato con chi hanno governato? Altro che Verdini!!!!!!

Bersani ricordi che nel nostro giardino hanno pascolato da Di Pietro a Mastella

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Sembra che Pierluigi Bersani abbia in animo una nuova crociata: "fuori Verdini dal nostro giardino". Lasciando intendere che qualcuno ce lo stia portando ed anche che spetti a lui la decisione di respingerlo. Ora preliminarmente, ed a prescindere da Verdini, sarebbe interessante capire "nostro" di chi? A chi si riferisce Bersani quando utilizza questo aggettivo? Ha il sapore di un'appropriazione indebita come se a lui spettasse il compito di definire i confini del giardino del Pd. 
Fino a prova del contrario in politica, e soprattutto nei partiti, almeno quelli che hanno una vita interna democratica, il perimetro del giardino comune, "nostro" appunto, lo scelgono gli iscritti, i militanti, gli elettori che, sempre democraticamente, affidano ad uno di loro, sotto il controllo e l'indirizzo degli organi interni, la guida e la gestione di quel "nostro". E' sempre stato così. Forse Bersani dimentica i tempi in cui nel giardino hanno 'pascolato' da Mastella a Di Pietro, da Dini a Cossiga, solo per fare degli esempi e con ruoli, questi sì, imponenti nell'Ulivo o più in generale nel centro sinistra. 
Solo per spolverare la memoria erano i tempi in cui il divorzio breve veniva affossato non da Verdini ma da pezzi della nostra maggioranza, in cui il reato di omofobia non riusciva neanche ad arrivare nelle commissioni parlamentari frenato non da Verdini ma da pezzi della nostra maggioranza, nel quale una legge sulle unioni civili non era neanche scritta in bozza non per colpa di Verdini ma di pezzi della nostra maggioranza. Oggi la prima è legge dello stato, la seconda è stata approvata alla Camera ed è al vaglio del Senato e la terza sta per essere approvata al Senato per poi passare alla Camera. Ciò nonostante quel recinto lo abbiamo tenuto bello largo per non pochi anni.
Allora cosa sta accadendo oggi? Quali erbacce stanno per infestare il nostro giardino? La realtà ci consegna uno scenario nel quale un pezzo dell'opposizione, che infatti continua a votare contro la stragrande maggioranza dei provvedimenti del Governo, mantenendo un filo di coerenza (parola difficile da pronunciare di questi tempi) con il voto favorevole espresso in prima lettura sulle riforme costituzionali, conferma la propria posizione distinguendosi da chi improvvisamente sul medesimo testo passa dal voto favorevole alla denuncia per la tenuta della democrazia. Questa è la realtà. Questi sono i fatti. 
Oggi il voto di Verdini puzza. E - se è lecito - perché il medesimo voto non puzzava quando Verdini nel 2012 si riuniva negli scantinati dei partiti con Migliavacca e Cesa per far finta di cambiare il Porcellum? Perché il voto di Verdini non puzzava quando non si limitava a votare le riforme costituzionali (che tutti abbiamo sempre detto si devono cercare di approvare con il massimo di voti possibili) ma era parte integrante della maggioranza con il Governo Monti? Perché il voto di Verdini non puzzava quando sostenne la proposta di legge costituzionale a prima firma Bersani per la modifica dell'articolo 81 della Costituzione che inseriva il pareggio di bilancio? Perché il voto di Verdini non puzzava quando era partner della maggioranza del Governo guidato da Enrico Letta e votava costantemente i provvedimenti dell'esecutivo? E perché il voto di Verdini non puzzava quando, non sulle riforme costituzionali ma sulla riforma della Rai, insieme ai senatori dissidenti del PD, è servito a mandare sotto il Governo? 
Si dice: "sì, ma in questo caso il suo voto sarebbe decisivo". E - se è concesso - la decisività del voto di Verdini sulle riforme costituzionali da chi dipende? Da Verdini che conferma una scelta già assunta anche quando non era decisivo o da chi, ad un certo punto, ha deciso di sentirsi svincolato dalle decisioni assunte ripetutamente e a stragrande maggioranza nel partito e nei gruppi parlamentari, mettendo a rischio la stessa tenuta del Governo? 
La realtà è che l'eventuale decisività di Verdini è determinata dalle scelte e dai comportamenti di chi oggi ne denuncia la minaccia di sconfinamento nel "nostro" giardino. Se il nostro giardino fosse davvero nostro nel rispetto della vita democratica del partito e dei gruppi parlamentari, e non solo quando ci serve di rivendicarlo come tale, il problema non sussisterebbe. Ma purtroppo si conferma anche in questa occasione la regola dello "smacchiamento del giaguaro": la ditta esiste se fa quello che dico io altrimenti il "nostro" giardino diventa il vostro pantano.

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