L’inutile ribalta di Calderoli. Dal grande falò delle leggi alla Emendamenti Spa. Quando era al Governo bruciò faldoni di norme. Ora sforna proposte fotocopia
Perché, in fondo, Roberto Calderoli è così. E’ uno che ama gli eccessi e la Lega allo stesso modo. E allo stesso modo è pronto a tutto sia per l’una sia per l’altra sua grande passione. Ma niente è casuale in Calderoli. Niente. Nemmeno i dieci milioni di emendamenti alla riforma del Senato. Per dire. Era il gennaio del 2009 quando l’ ex ministro leghista della Semplificazione annunciò il taglio di “29 mila leggi”. E siccome non tutto gli riesce con il buco dentro, liquidò con una smorfia il dettaglio che la sua rottamazione aveva inghiottito alcuni provvedimenti francamente trascurabili, come la legge con cui era stata abolita la pena di morte o quella che aveva istituito la Corte dei conti.
IL PERCORSO
Dettagli, che volete che sia. “Se su 29 mila leggi tagliate ce ne vengono segnalate solo quattro, significa che abbiamo fatto un lavoro della Madonna”, disse Roberto euforico. Pochi mesi più tardi spiegava che “entro il 2009 lo Stato sarà normato da soli 13.800 atti: ne abbiamo 440 mila ma 36 mila sono stati già abrogati e altri 40 mila lo saranno entro l’estate”. Quando a Palazzo Chigi è arrivato Mario Monti, il professore si è ritrovato dentro la stessa giungla normativa che Calderoli voleva potare. Stavolta, forse, un risultato lo ha centrato. “Io e la Lega abbiamo ritirato ufficialmente circa 10 milioni di emendamenti e ne abbiamo mantenuti 19 all’articolo 1 e sei all’articolo 2”, conferma Calderoli, riferendosi alla montagna di carta che il Carroccio aveva deciso di mettere sulla strada della riforma del Senato.
Dettagli, che volete che sia. “Se su 29 mila leggi tagliate ce ne vengono segnalate solo quattro, significa che abbiamo fatto un lavoro della Madonna”, disse Roberto euforico. Pochi mesi più tardi spiegava che “entro il 2009 lo Stato sarà normato da soli 13.800 atti: ne abbiamo 440 mila ma 36 mila sono stati già abrogati e altri 40 mila lo saranno entro l’estate”. Quando a Palazzo Chigi è arrivato Mario Monti, il professore si è ritrovato dentro la stessa giungla normativa che Calderoli voleva potare. Stavolta, forse, un risultato lo ha centrato. “Io e la Lega abbiamo ritirato ufficialmente circa 10 milioni di emendamenti e ne abbiamo mantenuti 19 all’articolo 1 e sei all’articolo 2”, conferma Calderoli, riferendosi alla montagna di carta che il Carroccio aveva deciso di mettere sulla strada della riforma del Senato.
L’EPILOGO
Il ritiro degli emendamenti, spiega Calderoli, “ha consentito di sventare il golpe di Renzi di imporre un voto predefinito dell’Aula del tutto inattuabile, l’8 ottobre, una data così ravvicinata che avrebbe consentito l’aberrante e patologico richiamo alla cosiddetta tagliola, attribuendone a me la responsabilità”. Stavolta il taglio c’è se stato. Ma su se stesso. In fondo non c’è da stupirsi. Calderoli è sempre stato un parlamentare sopra le righe. Dal Porcellum ai “complimenti” all’ex ministro Kyenge, il leghista si è sempre tirato dietro le critiche di quasi tutto il mondo politico italiano.
Il ritiro degli emendamenti, spiega Calderoli, “ha consentito di sventare il golpe di Renzi di imporre un voto predefinito dell’Aula del tutto inattuabile, l’8 ottobre, una data così ravvicinata che avrebbe consentito l’aberrante e patologico richiamo alla cosiddetta tagliola, attribuendone a me la responsabilità”. Stavolta il taglio c’è se stato. Ma su se stesso. In fondo non c’è da stupirsi. Calderoli è sempre stato un parlamentare sopra le righe. Dal Porcellum ai “complimenti” all’ex ministro Kyenge, il leghista si è sempre tirato dietro le critiche di quasi tutto il mondo politico italiano.
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