Tre onde d'urto contro Renzi
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Da politico consumato qual è, Renzi può dire di averlo capito subito. Intorno al suo Pd, che continua (purtroppo) a rimanere inchiodato sul dibattito interno su se e come restare unito, si sta accumulando una portentosa ondata d'urto, cavalcata dalle varie opposizioni al governo, ridefinite e ringalluzzite dai risultati elettorali.
Il segnale che qualcosa di nuovo fosse in ballo l'ha colto, dicevamo, la vibratile sensibilità politica dello stesso Renzi che, rompendo il suo abituale codice di lasciarsi alle spalle le questioni italiane quando è all'estero, dall'idillio di Schloss Elmau si è scagliato contro la nuova crociata di Maroni per rifiutare i profughi.
Aveva fiutato, il premier, il materializzarsi di una nuova, originale, azione nello scenario politico. Senza perdere un attimo di tempo, senza sprecare parole (se questo si può dire dei leghisti), in maniera chirurgica e sapiente, la Lega ha subito capitalizzato il suo successo alle urne, presentando al governo centrale il peso del Nord.
Maroni spalleggiato da Salvini, e accompagnato da Liguria e Veneto, è partito minacciando di togliere risorse ai sindaci locali che avrebbero accolti profughi; ha poi messo in riga i Prefetti, braccio operativo dello Stato sui territori, e infine, al corretto rifiuto dei Prefetti di farsi dare indicazioni da un governatore, ha inviato i cittadini a chiamare le prefetture e protestare.
Non è la solita strategia caciarona e scissionista della Lega di sempre. Non è né la rivolta civile che fu, ("non paghiamo le tasse"), e nemmeno il folklore dei fucili scissionisti. Maroni e Salvini sono partiti all'attacco delle articolazioni dello Stato sul territorio - usando per altro il ruolo istituzionale dei governatori, prefigurando così un conflitto di titoli e competenze con il Ministero degli Interni, che il governatore di Milano, ex Ministro di quel dicastero, conosce a menadito e sa come giocarci dentro.
Una strategia che, con la crisi dei profughi in corso, sarà molto difficile da fermare - a meno di non entrare appunto nella spirale dello scontro tra poteri, e fare proprio il gioco della Lega.
L'altra onda è cavalcata da M5S (e da una parte della destra che sta con i leghisti) che a Roma ha preso nelle sue mani la richiesta di far pulizia in Campidoglio e nelle istituzioni laziali. Campagna insidiosissima: gli sforzi fatti in questi mesi per pulire il Pd e per difendere Marino impallidiscono di fronte alla crescente lista di uomini del Pd ancora carica, e della pervasività della corruzione nella macchina amministrativa in generale, come testimonia l'amarezza dello stesso Assessore alla Legalità del Campidoglio, Sabella.
Campagna popolarissima a causa dell'esasperazione dei cittadini per le condizioni generali della Capitale, che da anni è diventata il palcoscenico mondiale perfetto per spiegare le ragioni di una sfiducia generalizzata dell'Italia nella politica.
Un messaggio arriva infine al governo anche da qualche amico, il tormentato Ncd, scontento da tempo del ruolo secondario riservatogli da Renzi, e ora ringalluzzito dalle vittorie elettorali riportate in tandem con Forza Italia. In Senato la pattuglia di Alfano e Quagliariello si è assentata mandando il governo sotto su un voto al disegno di legge sulla Scuola. Nulla di rilevante in termini di impatto, ma molto chiaro come segnale: questo è quanto contano i nostri pur pochi voti, dice Ncd, e così finisce il governo se fa a meno di noi.
Tornando a Renzi e alla sua sensibilità politica, va ricordato che in fondo aveva elencato il rafforzamento di queste opposizioni già nel discorso di apertura della Direzione del Partito. Dall'elenco fatto in quella sede, manca ancora Landini. Il Premier fa mostra di avere di lui meno paura che degli altri - Grillo e Salvini. Ma chissà?
Il luogo in cui si trova il governo, a poche giorni dal risultato elettorale, è molto pericoloso - è, per la prima volta, quello dell'accerchiamento. L'Esecutivo ha solide mura e un capitano energico ma, com'è noto, in un assedio basta una sola falla, e nemmeno tanto grande.
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