domenica 21 settembre 2014

Ma se un deputato o un senatore si fanno eleggere in un partito ogni tanto dovranno pure votare secondo le indicazioni concordate?


Addomesticati i sindacati, Matteo Renzi è andato a cercarsi i nemici in casa. Dentro il partito.
Nel giorno in cui ha incassato una parziale apertura di credito persino dalla Cgil dopo i duri attacchi, il premier ha messo nel mirino «la vecchia guardia».
«CI VOGLIONO AL 25%».L'argomento caldo è sempre lo stesso: la riforma del lavoro, il suo Jobs act. Il premier ha spedito una letterina agli iscritti del Pd: «Nel partito c'è chi vuole cogliere la palla al balzo per tornare agli scontri ideologici e magari riportare il Pd del 25%. Noi no».
La minoranza di sinistra è avvisata, il 29 settembre è in programma una Direzione dal sapore di resa dei conti.
«Chi oggi difende il sistema vigente difende un modello di diseguaglianze. Noi vogliamo difendere i diritti di chi non ha diritti. Quelli di cui nessuno si è occupato fino a oggi», ha ribadito Renzi.
L'ACCUSA: «SVOLTI A DESTRA». Dentro i democratici resiste chi lo accusa di svoltare verso destra, con l'abolizione dell'articolo 18.
A sinistra è opinione diffusa. Lo pensa anche il leader di Sel Nichi Vendola: «Caro Matteo, ti accingi a realizzare il grande sogno della destra politica ed economica, abbattere tutte le regole che danno dignità e diritti a chi è nel mondo del lavoro».
I BIG ATTACCANO DA SETTIMANE. Ma chi sono i nuovi nemici di Renzi?Secondo Fassina e D'Attorre è lui che cerca lo scontro.
Da settimane però 'big' del calibro di Bersani, D'Alema, Cuperlo lo attaccano. Adesso è in gioco la tenuta del partito nelle Aule parlamentari e la riuscita di una riforma, quella del lavoro, essenziale per andare a chiedere e ottenere margini di flessibilità in Europa.
Pallottoliere alla mano, i 'malpancisti' del Pd compongono un nutrito gruppo di 40 senatori.
Anche se i renziani tendono a minimizzare quel numero, convinti che molte defezioni rientreranno.
IN DIREZIONE 30 'BERSANIANI'. Nella Direzione del partito ci sono circa 200 membri. Di questi una trentina appartenenti ad Area riformista, che fa capo a Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza, una decina i cuperliani, 18 i civatiani.
Ci sono poi 12 'giovani turchi' (l'area che fa capo a Orfini e Orlando e conta 60 parlamentari): vicini negli ultimi mesi alla linea di Renzi, hanno assunto una posizione critica sul lavoro.
IN AULA OCCHIO AD AREA RIFORMISTA. In parlamento, la componente più numerosa della minoranza è Area riformista, con circa 80 deputati e 30 senatori. Sul lavoro quest'area ritrova la convergenza con i cuperliani (una decina).
Ma al Senato il lavoro sugli emendamenti avviene in raccordo anche con chi, come Vannino Chiti e i civatiani (Pippo Civati conta su 15 parlamentari in tutto) hanno avuto una posizione critica sulla riforma costituzionale.
Enrico Letta? Ha deciso di non intervenire nel dibattito sul lavoro, ha sciolto la sua corrente già quando era premier e gli esponenti a lui vicini al congresso si sono divisi tra Cuperlo e Renzi, per poi prendere strade diverse. A Rosy Bindi fanno riferimento 5 senatori e una decina di deputati. Beppe Fioroni conta 15 parlamentari e sette membri della Direzione.

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