Ferie dei magistrati davanti alla Consulta. Ncd punta i piedi contro l'autoriciclaggio, Orlando: "Nessuna mediazione sul falso in bilancio"
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Il taglio delle ferie dei magistrati è già davanti alla Consulta per sospetta incostituzionalità. In vigore dal 13 settembre, data della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il decreto legge 132/14 che riforma la giustizia civile, violerebbe due articoli della Costituzione, il 3 e il 77. Il primo stabilisce che “tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge”. Il secondo impone che i decreti leggi debbano rispondere a criteri di “necessità e urgenza”. È solo l’ultima grana sul fronte giustizia. A cui si aggiunge il fatto che i testi dei disegni di legge sono ancora fermi non tanto perché manca il bollo della ragioneria di Stato ma perché anche oggi Pd e Ncd se le sono date di santa ragione sul testo del nuovo reato di autoriciclaggio. Intanto la ministra Boschi ha presentato il disegno di legge sulla responsabilità civile dei magistrati.
Scontri anche sul falso in bilancio dove il ministro Guardasigilli Andrea Orlando non intende arretrare rispetto a una formulazione più dura. Ma che per molti è già debolissima.
L’ordinanza è stata firmata il 23 settembre dal giudice Elio Manenti, gip presso il tribunale di Ragusa. Alle prese con un processo per guida in stato di ubriachezza ed avendo fissato l’udienza “l’8 settembre 2015 per l’assunzione della prova testimoniale”, un giorno che, in base al decreto, non sarà più compreso nel periodo delle ferie dei magistrati e neppure in quello della sospensioni dei termini feriali dei tribunali, il giudice Manenti ha ritenuto “rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 del decreto legge 132/14, per violazione degli articoli 3 e 77 della Costituzione”.
L’ordinanza gira da qualche ora sulla mailing list della magistratura associata. L'HuffPost ha parlato con il giudice che precisa di “essere iscritto all’Anm ma di non essere iscritto ad alcuna corrente della magistratura”. Questo tanto per sgomberare subito il campo da tentazioni strumentali. “Solo che – ha spiegato - dovendo fissare la data di udienza per quel processo che non rientra nei casi urgenti, ad esempio con arrestati, per cui ovviamente la giustizia non va mai in ferie, mi sono interrogato su alcune questioni che ho ritenuto rilevanti e non manifestamente infondate”.
L’articolo 77 della Carta sarebbe violato perché “è una contraddizione in termini far passare sotto forma di decreto un provvedimento che si stabilisce entri in vigore a partire dal 2015”. Più complessa la spiegazione del motivo per cui si ritiene violato l’articolo 3. Nella sua ordinanza Manenti spiega che l’articolo 16 parifica nei fatti i magistrati agli impiegati pubblici a cui la legge assegna circa 30 giorni di ferie. Fin qui nulla da dire. Il fatto è però che “mentre gli impiegati vanno in ferie e da quel momento possono tranquillamente non essere più rintracciabili per tutto il periodo, i magistrati hanno invece l’obbligo di essere sempre reperibili e comunque rintracciabili. Per non parlare di tanti colleghi che si portano a casa il lavoro”.
Al di fuori del linguaggio tecnico dell’ordinanza. Manenti spiega: “Se il 20 luglio vado a sentenza e devo depositare entro 60 giorni, sono obbligato a lavorare anche durante il periodo di ferie (dal primo agosto al 15 settembre, ndr) perché i tempi decorrono ugualmente. E ancora, se durante il periodo delle ferie un’indagine ha bisogno di atti urgenti, il rinnovo di un’intercettazione, un interrogatorio, una proroga, il magistrato titolare dell’inchiesta deve farlo”. Nell’ordinanza si precisa che in realtà i termini sono sospesi per gli avvocati ma non per i magistrati. E che in ogni caso, il decreto stabilisce nei fatti una discriminazione tra i dipendenti pubblici e i magistrati visto che nella prassi le toghe faranno meno di trenta giorni di ferie. Anzi, se come si mormora, il correttivo al decreto dovesse prevedere la sospensione dei termini anche per i magistrati, “l’applicazione dell’articolo 16, quindi trenta giorni di ferie, rischia per paradosso di allungare i tempi della giustizia”. Il che sarebbe un interessante caso di eterogenesi dei fini.
IL BRACCIO DI FERRO SUL REATO DI AUTORICICLAGGIO - Martedì prossimo sarà chiaro che tipo di vita parlamentare, serena o agitata, avrà il decreto sul civile. Il termine per gli emendamenti scade martedì alle 18. Sarà anche un interessante test per il patto del Nazareno Renzi-Berlusconi allungato ai temi della giustizia (per non poter qui parlare di quelli eventuali sui temi economici e del lavoro). Vedremo l’atteggiamento di Forza Italia. E anche di Ncd. Che intanto oggi è andata allo scontro con il Pd. Oggetto del contendere il testo del reato di autoriciclaggio. Che consiste nel punire chi, accusato di riciclaggio perché ha evaso portando illecitamente patrimoni all’estero e li ha fatti rientrare, decide di investire quei danari nella ditta di famiglia. O nell’acquisto della casa. Va chiarito, infatti, che l’autoriciclaggio non colpisce solo il mafioso che ricicla il patrimonio illecito, ma anche l’evasore. Secondo il Ncd questa fattispecie non può diventare reato, “soprattutto in un momento come questo si rischia di bloccare gli investimenti”.
Per il sottosegretario Enrico Costa “è invece importante riequilibrare il rapporto sanzionatorio tra il reato presupposto e quello di auto riciclaggio” che dovrebbe essere punito fino a 8 anni. Il Pd ha accolto qualcuna di queste obiezioni che saranno, possiamo scommettere, oggetto di forti critiche da parte della minoranza del partito. Ma tiene duro sul fatto che non sia più rinviabile l’introduzione di questo reato. "Abbiamo spezzato un tabù perché per molti anni si è sostenuto il rifiuto della doppia punibilità (accusare di autoriciclaggio chi è già punito per il riciclaggio, ndr) di determinati illeciti” ha detto il Guardasigilli Andrea Orlando. Precisando che “l’urgenza oggi deriva anche dalla scelta di raccordarlo a un provvedimento del ministero dell'Economia giunto a uno stadio avanzato”. Nello stesso testo anche norme molto importanti sul sequestro e la confisca “rafforzano i poteri di intervento e le misure di prevenzione per aggredire i capitali mafiosi”.
AVANTI TUTTA SUL FALSO IN BILANCIO – Il ministro Orlando avverte: “Non c’è stata alcuna mediazione”. Vuole che sia agli atti la sua posizione: il falso in bilancio sarà perseguito d’ufficio anche se sono coinvolte società piccole, non quotate in borsa. Sono esclusi solo “comportamenti dovuti ad errori meramente formali”. Ma fin qui sono e restano tutte parole. Dal 29 di agosto, quando il consiglio dei ministri ha approvato testi di legge da allora al centro di lotte feroci. Anche dentro la maggioranza.
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