venerdì 31 gennaio 2014

Talebani Khomensti integralisti. Sono anni che scrivo della nuova destra. Chi rimane dentro ha interesse ad avere una poltrona.

Mattina di guerriglia M5S, poi Di Maio offre la pace. Oggi Grillo a Roma

Prima l'occupazione delle aula di commissione, poi la formalizzazione della richiesta di impeachment: continua la fase dura dell'opposizione M5S. Di Maio offre la pace ai partiti. Il diarca genovese oggi a Roma per abbracciare i suoi
Mattina di guerriglia M5S, poi Di Maio offre la pace. Oggi Grillo a Roma
Ieri mattina persino i leghisti erano costernati. Alla buvette della camera un deputato del Carroccio conversava con una giovane collega del Movimento spiegandole che no, una cosa così non l’avevano fatta neanche loro ai tempi dei pendagli da forca esposti in aula.
Eppure le analogie tra la Lega del 1996 e i Cinquestelle sono evidenti. Dopo aver affossato il primo esecutivo Berlusconi, il partito di Bossi si presentò da solo alle elezioni che vedeva opposto il Polo delle libertà all’Ulivo. Il senatur chiamava le due coalizioni Roma-Polo e Roma-Ulivo, niente di diverso dal Pdl e Pd-menoelle che usa Grillo per semplificare la strategia del M5S: noi, gli anti-sistema, di qua. Tutti gli altri, le forze capaci di accordarsi tra loro, di là. Per inciso la Lega quella volta sfondò il 10 per cento a livello nazionale, un livello che non avrebbe mai più toccato.
Dopo gli scontri di mercoledì sera quella di ieri è stata una mattinata frenetica, iniziata con il tentativo di bloccare i lavori delle commissioni affari costituzionali e giustizia della camera. Il presidente della prima, Francesco Paolo Sisto, è riuscito a spedire in aula la riforma della legge elettorale in meno di mezzo minuto, prima che l’aula venisse occupata dai Cinquestelle.
Alessandro Di Battista, credendosi intrappolato con i suoi nella sala del mappamondo, avrebbe minacciato di sfondare una vetrata utilizzando un busto di Giolitti in marmo. Scena da assemblea di istituto con qualche risvolto emo: «Stamattina ho pianto di nuovo». «Anch’io, tantissimo, è uno schifo, stanno facendo uno schifo», si confidavano tra loro due deputate del Movimento nei corridoi. Nel frattempo (e sulla coincidenza dei tempi i dissidenti hanno espresso forti perplessità in ordine alla strategia comunicativa) il M5S presentava a palazzo Madama la richiesta di impeachment contro Giorgio Napolitano, completando il quadro.
Poi, verso le sei, il vicepresidente Cinquestelle della camera, Luigi Di Maio, si è presentato in sala stampa per offrire un armistizio. «Se si ripristinano i livelli minimi di democrazia facciamo la pace», ha proposto, prima di attaccare Laura Boldrini, il ministro Franceschini e il presidente Napolitano, accusandoli di aver chiuso gli spazi di espressione dell’opposizione.
Domani Beppe Grillo sarà a Roma per congratularsi con i suoi e per rilanciare la richiesta di impeachment avanzata oggi contro il capo dello stato. Come anticipato nei giorni scorsi il perno della questione, al di là di altri punti meno consistenti, è la cosiddetta trattativa stato-mafia.
Episodi come quello dello scontro di ieri mattina tra Speranza e Di Battista fin nel “dichiaratoio” della sala stampa dimostrano che ci vorrà del tempo per ricostituire gli standard minimi di convivenza nel palazzo. Il duro ostruzionismo Cinquestelle avrà la conseguenza di radicalizzare ancora di più una contrapposizione che, come spiegano molti esperti di sondaggi, fa loro gioco dal punto di vista delle performance nelle urne. Come gioca a loro favore la legge elettorale in discussione, contro la quale continueranno a fare un’opposizione intransigente, magari accusando gli altri partiti di lavorare a una legge truffa, fatta per toglierli di mezzo.
E invece non è così. È sufficiente un po’ di logica, senza arrivare alle simulazioni di voto, per capire che, se dovessero ripetere il risultato di febbraio o anche uno di poco superiore al 20 per cento, gli sbarramenti così alti comporteranno una contrazione nella rappresentanza dei piccoli partiti, conferendo ai Cinquestelle una pattuglia parlamentare più cospicua di quella attuale. Questo se resteranno terza forza.
Se invece dovessero prevalere su una delle due coalizioni e l’altra non dovesse superare il 37 per cento accederebbero a un clamoroso ballottaggio del quale è davvero impossibile immaginare l’esito ma che rappresenta l’unica vera chance di Grillo, Casaleggio e i loro per completare il progetto politico a cinque stelle.

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