“E' evidente che anche Berlusconi oggi è a un bivio. La partita è complicata, noi abbiamo fatto un accordo molto serio che prevede alcuni paletti, ci sono un paio di ipotesi di emendamenti, io confido che si possa chiudere rapidamente”. Così Matteo Renzi a Ballarò.
Alla fine la giornata sembrerebbe aver portato buoni consigli. Ma “non dire gatto, se non ce l’hai nel sacco”, dice spesso Matteo Renzi. E continua a stare su questa linea, guardinga. Anche a sera, quando i suoi diffondo ottimismo circa una nuova intesa con Silvio Berlusconi sull’Italicum. Con il Cavaliere, il sindaco ha parlato al telefono nella mattinata di oggi, dopo le scintille della nottata, quando il berlusconiano Denis Verdini ha smentito l’accordo su un innalzamento della soglia per il premio di maggioranza al 38 per cento. Telefonata positiva, la descrivono i fedelissimi di Matteo. La schiarita consisterebbe in un sì del Cavaliere ad aumentare la soglia al 37 per cento, insieme ad una riduzione del premio di maggioranza dal 18 per cento al 15. Così la raccontano i renziani, contando sul benestare del Quirinale. Ma il segretario, indaffaratissimo in telefonate di trattativa anche con i piccoli, sempre lui in prima persona, anche se se ne è tornato a Firenze nel pomeriggio, lui, il segretario, continua a incrociare le dita. Tanto che nei conciliaboli tra parlamentari alla Camera ci si interroga davvero sulla tenuta del patto con Berlusconi. E anche tra i renziani c'è chi comincia ad accarezzare un piano B, da sfoderare in caso di smottamenti definitivi del castello costruito da Renzi e Berlusconi dal giorno dell’incontro a quattr’occhi al Nazareno. Il tutto sempre nella massima prudenza. Perché nel Pd anche la minoranza si è convinta di lasciar fare a Renzi: "Non ne abbiamo un altro così, non c'è un altro leader...", ammettono.
Eppure un certo piano B fa capolino. Ha a che fare con la minaccia iniziale di Renzi: “Se salta la legge elettorale, si va al voto”. Minaccia semplice, ma difficile da portare a compimento se il banco lo fa saltare Berlusconi. Il segretario difende con le unghie l’intesa con il Cavaliere sull’Italicum, sia perché è un modo per tutelare l’impostazione bipolarista della legge e sia perché vuole tenere fede all’intento di approvare la riforma coinvolgendo anche l’opposizione. Ci ha messo tutto se stesso nell’impresa di riuscire a fissare paletti maggioritari insieme con il leader dello schieramento avverso. Berlusconi appunto. Ma se Berlusconi dovesse rompere? Se dovesse sfilarsi? Davvero si andrebbe al voto? Nel Pd le sensibilità al proposito sono le più diverse. E non c’è solo la minoranza, tradizionalmente governista, a dire che “se salta con Berlusconi, bisogna provare a tessere un’intesa con chi ci sta, tornando effettivamente nel perimetro della maggioranza”. Anche tra i renziani ci si interroga molto. E non è casuale che oggi lo stesso Renzi abbia lanciato un appello ai ‘grillini responsabili’ insieme ad una inedita difesa di Giorgio Napolitano messo sotto attacco ancora una volta dal M5s (“Boia delle opposizioni”). “Faccio appello ad uscire allo scoperto – ha detto il segretario del Pd - A dire quello che pensano. Ci sono tante persone per bene, che fanno bene il loro lavoro, faccio un appello per dare una mano all'Italia, perché l'Italia ha bisogno anche di loro".
Certo, non è la prima volta che Renzi lancia appelli del genere nel campo dei grillini. Però è vero che oggi per la prima volta dal giorno dell’incontro con Berlusconi, il segretario del Pd ha toccato con mano di quanto sia difficile e insidiosa la trattativa con il Cavaliere, sempre pronto ai colpi di scena. Dunque, stimolare il dibattito tra i cinque stelle potrebbe alla fine risultare più utile di quanto abbia creduto in partenza. Anche perché a Renzi non sfugge che la difficoltà principale è quella di convincere i parlamentari del Pd a staccare la spina alla legislatura. Cioè a perdere il seggio solo perché Berlusconi si è sfilato dall’accordo sull’Italicum. Tra gli stessi renziani, c’è un’ala disposta a non far saltare il banco se il Cavaliere dovesse rompere. Lo dice in Transatlantico il lettian-renziano Francesco Sanna, un po’ scherzando ma anche no: “Se Berlusconi si defila, io e Richetti siamo per intavolare la trattativa sulla legge elettorale con gli altri”, e ammicca al renziano Matteo Richetti con cui ha appena finito di chiacchierare. E tra i fedelissimi del segretario c’è anche chi fa il seguente ragionamento: “Dipende da come rompe Berlusconi. Se rompe su soglie e premi di maggioranza, è più facile dire: salta tutto, si va al voto. Se rompe su una questione più vicina all’elettorato, più popolare, per esempio le primarie per legge, allora è più semplice eliminarlo dalle trattative e aprire il dialogo con gli altri”.
Pippo Civati la mette così: “Se Berlusconi dovesse far saltare l’accordo, non salterebbe tutto. Anzi senza di lui, la legge verrebbe meglio: abbassando le soglie di sbarramento, alzando la soglia di maggioranza e optando per i collegi uninominali. Insomma, bisognerebbe mattarelizzare l’Italicum”. Ma è una via che per il momento Renzi non vuole mettere a fuoco. Aspetta di vedere cosa succede in commissione domani. Se la legge viene anche solo incardinata in aula entro la fine di gennaio, potrà andare avanti spedita beneficiando dei tempi contingentati anche a febbraio. Certo, sempre che l’accordo con Berlusconi regga. “Questo è un treno che o parte subito oppure non arriva a destinazione”, riconosce Lorenzo Guerini, il coordinatore della segreteria di Renzi, uno dei suoi uomini più fidati nella trattativa con Berlusconi.
Per il momento, comunque, il segretario continua a tenere duro. Ecco cosa dice in serata: “Ora la partita c'è l'ha in mano il parlamento. E qui bisogna vedere, non è che stia slittando. Per adesso sembra lo slittamento di un giorno, finché è un giorno o due... La aspettiamo da 20 anni, un giorno si può aspettare. Però il punto vero è che ormai siamo a un bivio: o si prova a cambiare davvero, modificando le cose che vanno modificate, nessuno pensare. di aver fatto una roba perfetta, oppure se non si faßnulla è la palude. Abbiamo messo in mano ai parlamentari un accordo che è un accordo straordinario, chi non vuole mantenere l'accordo se n'è assumerà la responsabilità davanti al Paese. Però... Più di così, sinceramente, non potevamo fare".