l’america di trump
“Sanders un socialista, sarebbe caduto anche lui”
ANTONELLO GUERRERA
L’INTERVISTA/ LO SCRITTORE ENGLANDER: IL VINCITORE HA GIOCATO SULLA PAURA, CLINTON NON POTEVA SCENDERE AL SUO LIVELLO
NATHAN Englander, dopo l’incredibile trionfo di Trump, c’è chi dice: “Ah, se ci fosse stato Sanders al posto di Hillary...”
«Io ero per Clinton in questa mostruosa campagna elettorale. Ma Sanders non avrebbe vinto mai».
Perché? Avrebbe potuto placare l’onda antiglobalizzazione, fermare la fuga degli elettori bianchi della classe media e operaia ipnotizzati, mesmerizzati da Trump...
«Si sbaglia. Sanders è un socialista. E i socialisti in America sono condannati a perdere. Come forse le donne. Che cosa avrebbe dovuto fare Hillary? Vestirsi da uomo?».
Nathan Englander, uno dei maggiori scrittori americani, autore di Di cosa parliamo quando parliamo di Anna Frank (Einaudi) e tra i preferiti di Philip Roth, non ha rimorsi. Hillary era la candidata giusta. E nessuno avrebbe potuto cambiare le cose. Lo Zeitgeist, il furioso spirito del tempo di quest’America, avrebbe travolto chiunque.
Forse, però, Sanders avrebbe resuscitato quella “speranza” che lanciò Obama. Invece, stavolta l’ha sequestrata Trump.
«Quella di Trump è speranza negativa, a differenza delle idee positive di Clinton. Ha accumulato consenso con singole promesse, ideate per aizzare i sentimenti più riprovevoli e malvagi di ogni strato sociale: i migranti, i musulmani, il lavoro operaio...».
Quindi non ci sono stati errori,da parte di Hillary e del Partito democratico?
«No, perché non c’è stata gara: Trump giocava su un altro tavolo, quello della paura, delle discriminazioni, delle offese gratuite, della delegittimazione della democrazia. Clinton, forse la candidata più qualificata di sempre degli Stati Uniti, non poteva scendere al suo livello. Doveva preservare i valori dell’America che amiamo, come ha fatto anche nel suo discorso dopo la sconfitta. Ma non è bastato. Non poteva bastare. L’onda era troppo forte».
Perché in tanti, soprattutto nella classe media e operaia bianca, hanno tradito i democratici?
«Innanzitutto, per un effettivo peggioramento delle condizioni di lavoro, soprattutto negli Stati operai: non è possibile lavorare in Ohio, in Minnesota per 18 ore e pochi dollari in cambio. Il sogno americano è a brandelli. Ma questa è solo una parte della storia. Perché Trump era il candidato perfetto per l’America di oggi, soprattutto nell’epoca di Internet, Twitter e dei social media. Siamo in un “mondo nuovo”, dove tutto cambia troppo rapidamente, anche la vita delle persone. E la “vecchia” politica sa e può reagire sempre meno. Regna un estremismo delle emozioni. Che, come fanno gli algoritmi online che ci mostrano solo le cose che ci piacciono, ci chiude la mente, invece di aprirla».
Al momento lei è in Malawi. Cosa si aspetta al suo ritorno in America?
«Sono spaventato, molto. Non potrei stare senza la mia New York. Ma ci aspettano tempi durissimi. Le tensioni sociali infiammate da Trump presto esploderanno e nessuno può prevedere quanti danni faranno. L’eredità di Obama, come la riforma sanitaria, potrebbe essere presto cancellata. Pensavo di ritrovare un Paese sempre più avanzato. Invece, stiamo tornando indietro».
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