venerdì 11 novembre 2016

Firme false a Palermo: temendo il peggio Grillo pensa all’exit strategy

M5S
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Continua a preoccupare il M5S la vicenda firme false esplosa a Palermo, dove la Procura è tornata ad indagare 
 
Non fare passi falsi e contenere i danni. Potrebbe deflagare da un momento all’altro la bomba che agita i pensieri e il sonno dei vertici M5S. Il caso delle presunte firme false apposte per la presentazione della lista del M5S alle elezioni comunali di Palermo del 2012 si teme che possa diventare la vera spina nel fianco dei pentastellati.
Per questo vertici i grillini stanno già pensando ad una strategia per far fronte alle critiche e alle polemiche che il caso potrebbe trascinare con sé, travalicando l’interesse locale e diventando caso nazionale. Un po’ come fu per il caso Quarto.
La Procura, infatti, è tornata ad indagare ed è impegnata a sentire chi è stato tirato in ballo da Vincenzo Pintagro, attivista del movimento che ha denunciato il caso e che è stato ascoltato dai magistrati nei giorni scorsi. Sulla vicenda la Digos di Palermo, già nel 2013, in seguito a un anonimo, aveva aperto un’indagine che si era però conclusa con una archiviazione. I magistrati hanno riaperto l’inchiesta ad ottobre a seguito delle denunce di Pintagro, che si è rivolto alla trasmissione Le Iene, e di un altro anonimo recapitato in Procura.
Pintagro ha raccontato che le firme presentate in tribunale in occasione delle consultazioni elettorali erano state ricopiate dalle originali, inutilizzabili per un vizio di forma, da due esponenti: Claudia Mannino (ora deputata) e Samantha Busalacchi (ora collaboratrice del gruppo di M5S all’Ars, tra gli aspiranti candidati a sindaco alle prossime comunali).
Una vicenda che ha diversi aspetti da chiarire: l’inchiesta della Digos, poi archiviata, infatti sarebbe stata condotta da un funzionario della Digos con amicizie e parentele nei Cinquestelle. Si tratterebbe per le Iene di Giovanni Pampillonia che  ha un cugino candidato alle comunali del 2012. Le Iene sono ritornate sul caso con un servzio dell’inviato Filippo Roma che dopo aver relizzato un’intervista con lo stesso è stato convocato in Questura a Palermo e trattenuto per diverse ore.
Per fare luce sui fatti pendono anche alcune interrogazioni parlamentari: quella di Alessia Morani del Pd e del senatore, ex M5s, Bartolomeo Pepe. In entrambe viene chiesto al Ministero dell’Interno specifiche sul ruolo del poliziotto, che sarebbe stato visto anche in occasione della manifestazione nazionale accanto a Virginia Raggi.
Comunque i volti noti del M5S hanno iniziato a mettere le mani avanti per contenere i danni che lo scandalo potrebbe provocare: “A Palermo siamo parte lesa, se dovessimo trovare dei responsabili li cacceremo a calci nel sedere, cosa che non capita negli altri partiti” ha affermato il deputato del M5S Danilo Toninelli. Al momento l’ipotesi più concreta sarebbe la sospensione dei 9 eletti coinvolti, intesa come una sorta di “congelamento” in attesa che vengano chiariti ruoli nella vicenda ed eventuali responsabilità.
I 9 eletti che rischiano di essere messi in stand by – soprattutto se nelle prossime ore dovessero arrivare avvisi di garanzia – sono i  6 parlamentari coinvolti nel giro di mail: Riccardo Nuti, all’epoca candidato sindaco, Claudia Mannino, Giulia De Vita, Chiara Di Benedetto, Loredana Lupo e Azzurra Cancelleri, più i 3 consiglieri regionali Giampiero Trizzino, Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio.
Ma c’è chi frena perchè la decisione potrebbe accendere i riflettori sui Cinquestelle, più di quanto non abbiano già fatto le Iene e potrebbe essere danneggiare anche Gianfranco Cancelleri, considerato candidato governatore in pectore in Sicilia, a casua del coinvolgimento della sorella Azzurra.

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