L’assedio alla Trump Tower per dire no ad un futuro oscuro
La sensazione è che siamo solo alle prove generali di un movimento di protesta che coinvolgerà tutto il paese
NEW YORK – Forza dei social network: autoconvocati via Facebook ma anche via Twitter e Snapchat, a poche ore dai risultati elettorali migliaia di ragazzi e soprattutto ragazze marciano e protestano in molte metropoli degli Stati Uniti, da Los Angeles a Boston, da San Francisco a New York, da Seattle a Dallas, e poi Oakland, Chicago, Portland e Washington. La più partecipata e seguita dai media è la manifestazione di New York, dove almeno ventimila persone sfilano e assediano il grattacielo simbolo della dinastia palazzinara del nuovo presidente americano, la Trump Tower sulla Quinta Avenue. Si comincia alle 16 a Washington Square, cuore della Manhattan universitaria insieme alla Columbia, che però sta molto più a nord, tra Harlem e l’Hudson. Studenti ma anche lavoratori, giovani e meno giovani, molti stranieri, latini e afroamericani, orientali. Tantissime le ragazze che a Trump non perdonano il sessismo ostentato e quella storia, venuta fuori in campagna elettorale, della “pussy” (figa) che per il neo-presidente è sinonimo di donna. Dunque urlano “Pussy grubs back”, la pussy si rivolta,”Racist, sexist, antigay, Donald Trump go away”, “My body, my choice” e “Love trumps hate”, l’amore sovrasta l’odio.
Ma politicamente lo slogan che conta è “He is not our president”, netto ripudio del risultato elettorale. Una posizione in qualche modo legittimata dal fatto che Hillary Clinton “has got more votes”, come si legge su alcuni cartelli. La candidata democrat ha infatti avuto più voti (saranno 200 mila, alla fine) anche se il sistema dei Grandi Elettori, per il quale valgono i voti elettorali assegnati a ciascun stato, l’ha duramente punita.
Qui a Manhattan manifestazioni così non si vedevano dagli anni della guerra in Vietnam, anche se nel 2002 ce ne furono di drammatiche quando Bush mandò l’esercito in Iraq. Decine di agenti del NYPD presidiano i marciapiedi. Davanti alla Trump Tower vengono parcheggiati giganteschi automezzi della nettezza urbana, che blindano l’intera area. Da Washington Square il corteo raggiunge prima City Hall, il municipio dal quale il sindaco democratico Bill De Blasio ha autorizzato la manifestazione, poi risale fino Central Park. La 5th Avenue si blocca dalle 17.30. Un gruppo di manifestanti si stacca e raggiunge Columbus Circle dove c’è un altro grattacielo molto kitsch costruito da Trump. All’altezza di Central Park West ci saranno scontri in tarda serata, ma niente di grave.
Nel tardo pomeriggio la protesta è anche allegra e coinvolgente. I newyorkesi appena usciti dagli uffici o venuti per lo shopping serale applaudono. E’ consolatorio e liberatorio sapere che in queste ore l’angoscia per la vittoria di Trump non è un sentimento personale bensì condiviso. Bianca, 25 anni, è messicana e vive ad Harlem Est. Spiega con chiarezza il suo punto di vista: “È successo qualcosa di imprevisto. Viviamo in un paese che abbiamo sempre immaginato unito, un melting pot e ora invece finiamo nelle mani di un classe dirigente razzista e sessista”. E’ la paura di un ritorno a un passato oscuro civilmente e socialmente a muovere tanta gente. La sensazione è che siamo solo alle prove generali di un movimento di protesta che coinvolgerà tutto il paese.
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