lunedì 7 novembre 2016


D'Alema e Bersani hanno dimenticato il riformismo

La loro linea non appartiene alla politica di sinistra. E senza Cuperlo ora sono deboli.

07 Novembre 2016
Da sinistra: Matteo Renzi, Pierluigi Bersani e Massimo D'Alema.
(© Getty Images) Da sinistra: Matteo Renzi, Pierluigi Bersani e Massimo D'Alema.
In attesa della sentenza americana (Hillary o Trump? Io sarò a New York per vedere da vicino), il referendum “de noantri” conosce due fatti nuovi.
Il primo è l’accordo fra la maggioranza renziana e Cuperlo per modifiche sostanziali all’Italicum e al modo di elezione dei nuovi senatori. Si tratta di un accordo politicamente impegnativo, serio, che cancella il rischio del famigerato “combinato disposto”.
Cuperlo ha fato un buon lavoro, ma molti della sua parte ora lo trattano male. E lo trattano male perché il referendum non è stato vissuto, né lo sarà nei prossimi giorni, come consultazione sulla riforma ma su Renzi. Alla fine di questo travagliato percorso possiamo sintetizzare dicendo che la democrazia non è in pericolo, che la legge elettorale perde il tratto ultra-maggioritario, che il nuovo senato è eletto dai cittadini. Non è poco.
IL PREMIER HA SAPUTO SCENDERE A COPROMESSI. Il secondo fatto è il discorso di Renzi alla Leopolda. Dobbiamo studiare questo personaggio. È tostissimo, ha convinzioni profonde, mostra (come nel caso dell’accordo con Cuperlo) capacità di compromesso, si è inserito in una onda lunga che gli consente di definire se stesso come “novità” e i suoi avversari come “conservazione”.
Il 'No' forse vincerà ma sarà una brutta vittoria, oltretutto solo “contro” ma non “per”. C’è un coagulo di “informati scontenti”, del radicalismo di destra e di sinistra, c’è il “sopracciò” di chi disprezza lo stile arci-italiano dell’attuale presidente del Consiglio. La cosa buffa è che gli ex premier che ora criticano Renzi sono stati arroganti come o peggio di lui.
Tuttavia non voglio entrare nel merito. Sono un astensionista colpito favorevolmente dal lavoro di Cuperlo. Ma è tema dei prossimi giorni, dopo il viaggio americano.
Quello che mi pare vada sottolineato subito è che, pur sulla base di una visione dell’Italia un po’ stereotipata, Renzi ha cercato di mostrare un Paese che ha la schiena diritta sull’Europa, su “vecchio” e “nuovo”, su alcuni dossier nazionali.
La minoranza ha perso il suo uomo più simbolico. Cuperlo in questa fase politica è meglio di Bersani e di D’Alema. Appare più “innocente”. La verità è che viene fuori con nettezza che il referendum è solo la battagli anti-Renzi, è la cacciata  dell’usurpatore, è una sinistra che improvvisamente si scopre radicalissima. Roba da far urlare Giorgio Amendola.
LA BOLOGNINA ALLA ROVESCIA DI D'ALEMA E BERSANI. Forse in questa battaglia D’Alema e Bersani hanno fatto una Bolognina alla rovescia, schierando il Pd a loro più vicino su una linea che non appartiene alla tradizione della sinistra riformista. Tanto valeva che Renato Zangheri, storico e sindaco di Bologna, invece di contrastare intelligentemente e con aperture il movimento del ’77 che invase Bologna, si fosse arreso ai manifestanti.
Non so, nessuno sa, quanto Renzi possa fare per modificare l’esito preannunciato dai sondaggi. Sappiamo però che insiste su una battaglia solitaria e questo lo consegnerà, comunque vada, al futuro del Paese. Dalla sua ha l’età, una linea di cambiamento, il contrasto di ogni radicalismo e giustizialismo.
La vecchia guardia ex-comunista con il suo conservatorismo, con la chiusura al nuovo e ai giovani non di batteria e con un 'No' che darà fiato agli avversari storici non ha un futuro.
Quado saranno rivelati i flussi elettorali del 'No' si scoprirà che D’Alema e Bersani saranno come Valori e Vecchietti, due nobili figure del socialismo massimalista che fondarono e fecero fallire il Partito socialista di unità proletaria.
A sinistra c’è la coazione a ripetere.

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