venerdì 13 novembre 2015

Riceviamo e pubblichiamo.

Due o tre cose che so sul caso De Luca

Campania
Il governatore della Campania Vincenzo De Luca durante una conferenza stampa in Regione, Napoli, 11 novembre 2015.
 ANSA/ CIRO FUSCO
Finora c’è poco e niente. Il caso va risolto in tempi rapidissimi
Su Vincenzo De Luca finora c’è poco, per non dire niente. Forse la procura di Roma ha altre carte in mano, non lo possiamo sapere: però allo stato dei fatti, lette le intercettazioni di questo avvocato Manna che parla al telefono con personaggi dell’entourage di De Luca, conosciuti gli sms che la di lui moglie giudice Scognamiglio mandava dalla camera di consiglio (“è fatta”), valutate le precisazioni di lei sullo stato dei rapporti sentimentali fra i due, fatto tutto questo resta una domanda: ma De Luca, precisamente, che ha fatto?
Alla luce di quello che si sa, non ha fatto niente. Se non viene provato che sussistono ragioni per indagare su un presunto ricatto della coppia Manna-Scognamiglio e sul fatto che il ricattato De Luca avrebbe avallato ponendo in essere una condotta illegale (ma questa maledetta nomina di Manna non c’è stata), di che parliamo?
Però, considerato che la Procura di Roma merita il massimo rispetto, è giusto che vada avanti con le indagini e che noi si aspetti. Però in questo caso, per le evidenti implicazioni politiche e istituzionali della vicenda, è giusto pretendere massima velocità. Tutti, non solo De Luca, hanno il diritto di sapere in tempi più che rapidi se siamo davanti a “chiacchiere e distintivo” oppure a gravi reati.
Quindi, primo: chiudere subito questa fase con una decisione.
Poi c’è da prendere in esame la questione dei magistrati. Finora l’attenzione comprensibilmente è stata rivolta sul presidente della regione Campania, e sta bene. Ma vi pare normale che ci sia in circolazione un magistrato che si adopera – secondo l’ipotesi di indagine – per “sistemare” una sentenza, peraltro su una cosa istituzionalmente delicata come l’applicabilità della legge Severino, per finalità opacissime? Un magistrato che manda, come detto, sms dalla camera di consiglio per far sapere a chi di dovere che “è fatta”? Un magistrato che dulcis in fundo chiama la polizia se un giornalista prova a porle delle domande?
Infatti per la la dottoressa Scognamiglio è stato già disposto il trasferimento ad altra sezione e il  Csm ha disposto l’apertura di una pratica per incompatibilità ambientale a suo carico. E’ il minimo. Dopo di che viene da domandarsi come sia possibile che la magistratura sia permeabile a comportamenti simili: perché, al di là di tutto, quell’sms c’è stato, e basta e avanza per accrescere il largo sentimento di diffidenza – eufemismo – che purtroppo c’è verso il mondo togato.
Quindi, secondo: ci vorrebbe una qualche riflessione per capire se oggi esistano meccanismi idonei per evitare che fenomeni di inaffidabilità e spregio per le regole penetrino nel mondo della giustizia.
Infine – terzo – il Pd. In parecchie realtà, non solo al Sud, è un problema. Come è capitato in passato ad altre forze centrali del sistema politico, il Pd è “attenzionato” da personaggi di ogni risma e blandito da interessi i più vari, e non sempre nobili. Il punto dolente riguarda gli anticorpi che il Pd ha a disposizione per evitare le peggiori cose: ce ne sono diversi, in teoria. Due, in particolare: l’apertura all’esterno – dunque, come si diceva una volta, un partito di massa o comunque aperto; e una maggiore qualità dei gruppi dirigenti, attorno al leader. Discorso lungo, certo, ma che prima o poi bisogna cominciare a fare. Più prima che poi, se si vogliono evitare altri guai.
P.S. Il caso De Luca con il caso Marino c’entra solo in apparenza. Marino è stato sfiduciato dal suo partito non per  l’avviso di garanzia ma perché non si dimostrava capace di governare Roma. Un problema politico, non giudiziario. Il caso De Luca di questi giorni non è in quel senso un caso politico, e forse nemmeno un caso giudiziario.

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