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Un richiamo forte alla Chiesa cattolica di restare dalla parte dei poveri e del dialogo, un richiamo anche ai giovani di "non guardare la vita da un balcone". Un invito a tutti "a mettersi al lavoro per un'Italia migliore". Papa Francesco arriva a Firenze dopo aver già fatto tappa a Prato e, dall'altare del Duomo, le sue parole risuonano in una cattedrale gremita da migliaia di partecipanti al V convegno della Chiesa italiana. Lancia un messaggio chiaro: "Mi piace una Chiesa inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà". Un mandato per il convegno. Poi il pranzo alla mensa della Caritas e quindi alla messa allo stadio Franchi. In 55mila hanno accolto il Santo Padre, poltroncine bianche sul campo, gradinate stracolme e una parte di fedeli che seguono la messa dal maxischermo dello stadio di atletica Ridolfi: "L'unico modo per arrivare ai cuori è toccare l'esperienza quotidiana della gente - ha detto il Papa nell'omelia - , il lavoro, la scuola, il traffico. Aprire il cuore all'ascolto di Dio. Oggi siamo a celebrare la messa in uno stadio e ci ricorda che la chiesa vive in mezzo alla gente". Prelati e fedeli allo stadio Franchi, 1300 sacerdoti, 240 vescovi, 400 ministri della comunione, 500 suore, 2200 delegati parrocchiali e poi tanti giovani, studenti delle scuole cattoliche. Fra i presenti in tribuna anche la moglie del premier Matteo Renzi, Agnese che ha spiegato parlando con i giornalisti: "Nessun retroscena (sulla sua assenza ndr), Matteo è a Milano per lavoro". Accanto a lei il sottosegretario alla presidenza Luca Lotti.

Papa: "Chiesa non sia ossessionata dal potere"



  
In 55mila hanno accolto il Santo Padre, poltroncine bianche nel campo, gradinate stracolme: "L'unico modo per toccare i cuori è toccare l'esperienza quotidiana della gente - ha detto il Papa nell'omelia- , il lavoro, la scuola, il traffico. Aprire il cuore all'ascolto di Dio". Oggi siamo a celebrare la messa in uno stadio e ci ricorda che la "chiesa vive in mezzo alla gente".



Nell'intervento di poche ore prima in cattedrale aveva anche detto parlando di nuovo sulla Chiesa: "Non dobbiamo essere ossessionati dal 'potere', anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all'immagine sociale della Chiesa. Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, si disorienta, perde il senso". Cita don Camillo e Peppone, gli interessa sottolineare l'atteggiamento di don Camillo che conosce uno per uno i propri parrocchiani. "Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze - spiega dal pulpito - Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti, però, sappiamo che le tentazioni esistono, e sono tante". Prima di atterrare a Firenze, il Santo Padre era stato in visita a Prato e lì, davanti a trentamila persone ha parlato di lavoro e immigrazione, di "sfruttamento umano" ricordando le vittime cinesi di due anni fa in una fabbrica tessile.

Firenze e bellezza. "Che Dio protegga la povertà evangelica: è creativa accoglie, sostiene è piena di speranza. Siamo a Firenze città della bellezza. Quanta bellezza in questa città è stata messa al servizio della carità, penso all'ospedale degli Innocenti" ha proseguito Francesco ricordando quell'ospedale che nei secoli a Firenze si è occupato di accogliere chi veniva abbandonato.


L'umanesimo. "Non dobbiamo addomesticare il volto di Dio - comincia Papa Francesco -. Lasciamoci guardare da Gesù lui è il nostro umanesimo, facciamoci inquietare dalla sua domanda: voi chi dite che io sia?". Il Papa aggiunge: "Non voglio disegnare un nuovo umanesimo, ma presentare con semplicità alcuni tratti dell'Umanesimo cristiano che sono quelli del Cristo Gesù. Rappresentano la calda forza interiore che ci rende capaci di vivere e di prendere decisioni. Quali sono questi sentimenti? Il primo è l'umiltà".  E poi: "L'ossessione di preservare la propria gloria, la propria influenza non deve far parte dei nostri sentimenti". Il Papa parla contro il narcisismo autoreferenziale "quando il nostro cuore è così pieno di se stesso non ha più posto per Dio". Più in là prosegue: "I credenti sono cittadini. E lo dico qui a Firenze, dove arte, fede e cittadinanza si sono sempre composte in un equilibrio dinamico tra denuncia e proposta. La nazione non è un museo, ma è un'opera collettiva in permanente costruzione in cui sono da mettere in comune proprio le cose che differenziano, incluse le appartenenze politiche o religiose".

Il Papa a Firenze: "Don Camillo esempio per i parroci"



"La nostra fede è rivoluzionaria" dice Papa Francesco: "qualsiasi vita si decide sulla capacità di donarsi". Poi un richiamo al lavoro "a volte duro e malpagato". Bergoglio si rifà alle beatitudini: "Le beatitudini che leggiamo nel Vangelo ci introducono lungo un sentiero di bellezza possibile". E termina con l'invito alla Chiesa: "Non dobbiamo essere ossessionati dal potere. Una Chiesa che pensa a se stessa e ai propri interessi sarebbe triste". Più avanti: "Non voglio una chiesa preoccupata di essere il centro che finisce con l'essere chiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti però sappiamo che le tentazioni esistono, sono tante. Ve ne presento almeno due. Non vi faccio un elenco di tentazioni come quelle....quindici che ho detto alla Curia" scherza Bergoglio. "Nostro dovere è lavorare per rendere questo mondo un posto migliore e lottare".


Ai giovani. Un messaggio anche per le nuove generazioni: "Superate la vostra apatia, siate costruttori di un'Italia migliore, per favore non guardate dal balcone la vita". Poi è tornato a parlare della Chiesa: "Mi piace una chiesa italiana inquieta con il volto di mamma che comprende accompagna accerezza, innovate con libertà". "Vi raccomando anche, in maniera speciale - ha proseguito il Papa - la capacità di dialogo e di incontro. Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria 'fetta' della torta comune. Non è questo che intendo. Ma è cercare il bene comune per tutti. Discutere insieme, pensare alle soluzioni migliori per tutti. Molte volte l'incontro si vede coinvolto nel conflitto. Nel dialogo si dà il conflitto: è logico e prevedibile che sia così. E non dobbiamo temerlo né ignorarlo ma accettarlo".

Dialogo non solo fra cattolici. "La società italiana si costruisce quando le sue diverse ricchezze culturali possono dialogare in modo costruttivo: quella popolare, quella accademica, quella giovanile, quella artistica, quella tecnologica, quella economica, quella politica, quella dei media... La Chiesa - ha proseguito il Papa - sia fermento di dialogo, di incontro, di unità. Del resto le nostre stesse formulazioni di fede sono frutto di un dialogo e di un incontro tra culture, comunità e istanze differenti. Non dobbiamo aver paura del dialogo: anzi è proprio il confronto e la critica che ci aiuta a preservare la trasformazione della teologia in ideologia. Ricordatevi inoltre - ha rimarcato Bergoglio - che il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà".


Le testimonianze. In cattedrale prima del discorso del Pontefice hanno parlato alcuni cattolici raccontando ciascuno ol proprio percorso di fede. Ha cominciato Francesca Massarelli di Torino: "In questo ultimo anno ho dovuto affrontare diverse difficoltà con la malattia di mio papà ci siamo ammalati tutti e la sua morte ci ha lasciato nel dolore. Mio padre mi manca tanto, sul letto di morte gli volevo dire di non avere paura. Diventare cristiani è una gioia e un impegno, un cammino continuo che non ha fine". Pierligi e Gabriella, viviamo a Roma, ci siamo conosciuti dopo il crollo dei nostri precedenti matrimoni cresciuti senza maturità e consapevolezza del matrimonio: "Ci siamo consegnati alla chiesa con le nostre ferite e ci siamo affidate a lei. Ci ha consolato e instradato. Nel 2000 ci siamo sposati con un matrimonio concordatario". Fra le testimonianze anche quella di un cittadino albanese che viveva sotto i ponti e che ha raccontato di essere stato salvato dal parroco di San Gervasio a Firenze che gli ha dato un tetto, lo ha aiutato a trovare un lavoro "come benzianaio e poi ho ripreso i miei studi di ragioneria".


La giornata. Il  Papa è arrivato a Firenze poco prima delle dieci ed è stato accolto da migliaia di fedeli. E' stato accolto dall'arcivescovo cardinale Giuseppe Betori fino all'interno del Battistero dove Francesco si è soffermato davanti alla 'Crocifissione bianca', il dipinto di Chagall esposto per l'occasione. Poi, dopo averlo attraversato, è uscito dal Battistero dalla Porta del Paradiso, prospiciente la gradinata del Duomo davanti al quale il papa è stato accolto dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei. Dopo il Duomo ha incontrato in piazza Santissima Annunziata un gruppo di malati, tra cui il maresciallo Giuseppe Giangrande invalido dopo la sparatoria a Palazzo Chigi.

Il pranzo alla mensa. A pranzo il Pontefice è stato alla mensa della Caritas con 60 poveri, di cui 30 stranieri. Ribollita, purè, insalata, formaggio e macedonia. Ma anche cantuccini di Prato accompagnati da una piccolissima quantità di vinsanto.
 Questo il pranzo consumato da Papa Francesco con i poveri di Firenze alla mensa della Caritas. Era la prima volta che il Papa mangiava la ribollita, come lui stesso ha detto ai presenti. Francesco invece non ha bevuto vino, ma si è concesso un goccio di vinsanto. A fine pasto i selfie e le foto ricordo. Poi un breve risposo all'arcivescovado e quindi la partenza per lo stadio, ultima tappa di una lunga giornata cominciata a Prato, dove un Papa mancava da 29 anni.