Popolo delle primarie batte iscritti al Partito Democratico tanto a poco. Detta così può sembrare una sottigliezza ma non lo è perché al di là del dato legato all’affluenza (980 mila a metà giornata) c’è un altro aspetto - a seggi ancora aperti - che sta emergendo: chi sceglie di mettersi pazientemente in coda per eleggere il nuovo segretario è in larghissima maggioranza chi con il partito, i suoi apparati, le sue scelte non ha (o non vuole più) avere nulla a che fare. “Un elettorato che chiede di partecipare ma che non accetta il partito così com’è, che vorrebbe sentirsi coinvolto nelle scelte tutti i giorni, non una volta ogni tanto” spiega Paolo Cosseddu responsabile della campagna elettorale di Pippo Civati.
Nel 2009 nella sfida Bersani Franceschini, Marino furono circa 900 mila i tesserati (su tre milioni di votanti) che scelsero di andare a votare. Uno su tre. Ora bisogna attendere il risultato finale ma la sensazione che emerge è che il divario sarà molto più ampio a favore di chi con il Pd nulla, o poco, c'entra.
Per farvi capire vi citiamo un caso su tutti: il gazebo di Piazza del Popolo a Roma. Un bacino da quasi due mila persone. A mezzogiorno avevano votato circa 450 persone, di queste a malapena venti erano iscritte. Come fare a capirlo? Semplice chi ha la tessera non paga i due euro: “Un divario così ampio non si era mai visto” spiega il presidente del seggio Berto Barbieri.
Stesse sensazioni si respirano se ci sposta di un po’, nel seggio di piazza Mazzini zona Prati. Uno dei più grandi della Capitale. Diligentemente in fila il numero delle persone che firma l’adesione al partito e paga i due euro e nettamente maggiore rispetto a chi invece vota da iscritto. Con un elemento in più: il non elettore del Pd che sceglie di partecipare, magari ex berlusconiano ora renziano. Come riconoscerli?: “Basta vedere la loro reazione– racconta con un aneddoto Jacopo il presidente del seggio – quando si mettono in coda se si lamentano non sono nostri elettori”.
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