È il fumo del sigaro di Bossi ad indicare la pista che porta alla nuova strategia grillina e protestataria di Berlusconi, in vista del gran falò delle Europee. Il Senatùr è in sala fumatori, a Montecitorio, ignaro del cronista che passa. Davanti a lui, seduto su un tavolino, gomiti sulle ginocchia, Giancarlo Giorgetti, l’eminenza grigia del Carroccio. Alla sua sinistra Matteo Salvini, neo segretario delle truppe in cravatta verde, a Roma nel giorno della fiducia al governo Letta. Sigaro mai spento, Bossi ascolta il racconto del neosegretario Salvini: “Ho sentito Borghi. Mi ha detto che è andato a pranzo con Berlusconi, Ghedini e qualcun altro. Volevano farsi spiegare come si esce dall”euro...”.

Nessuno si mostra particolarmente colpito. Né i presenti né l’assente, ovvero Claudio Borghi. Uno che sui mali dell’euro è diventato famoso nei salotti televisivi. E che proprio con Salvini, ha partecipato un paio di settimane fa ad un convegno dal titolo inequivocabile: "No euro day". Raggiunto telefonicamente dall’HuffPost non smentisce affatto. Prima un “no comment”. Poi una mezza conferma: “Mi dispiace, ma di questo argomento non voglio parlare”. Già, non voglio parlare. Né fonti affidabili vicine al Cavaliere sono a conoscenza di un incontro che appare riservato. E si limitano a dire che, certamente, Berlusconi di incontri ne fa tanti, e che magari avrà anche parlato con uno che teorizza l’uscita dell’Italia dalla moneta unica, ma che da qui a prendere sul serio la cosa ce ne passa. E che un conto è una linea critica sull’Euro, sui burocrati di Bruxelles un conto è proporre l’uscita dell’Italia dall’euro.

Probabilmente c’è del vero nei ragionamenti dei big. Ma c’è del vero anche nel fatto che c’è un intero “dossier” che Berlusconi sta tenendo coperto anche al nuovo stato maggiore di Forza Italia che riguarda il nuovo profilo protestatario e grillino del partito. E che, quando si manifesta, produce tensioni anche con i lealisti che non vogliono una linea sinonimo di puro estremismo. E se la questione euro non si è ancora manifestata, è sulla questione dell’incontro con gli autotrasportatori che si è verificata una clamorosa retromarcia. Col Cavaliere che ha disdetto l’appuntamento su pressione di tutti tranne Daniela Santanchè la cui ira ha inondato i telefoni di palazzo Grazioli: “Premesso che non avrebbe incontrato i forconi che minacciano la guerriglia ma gli autotrasportatori – dicono nell’inner circle – tuttavia l’incontro avrebbe alimentato equivoci esponendo Berlusconi alla accusa di estremismo. Ma i contatti con i trasportatori restano”.

L’uomo chiave è Paolo Uggè, già sottosegretario ai Trasporti di Forza Italia e ora presidente di Conftrasporti, grande critico dei forconi. È con lui che Berlusconi è in contatto diretto, promettendo che si farà portavoce del grido di dolore dei trasportatori. E non solo del loro. Bastava leggere il Mattinale, la Pravda azzurra, prima che l’incontro saltasse: “Berlusconi - si legge -ha dato una risposta in azione. Decaduto da senatore alza il livello della politica a ciò che è bene sia” e offre “un canale democratico e istituzionale perché vi sia versato il fiume tumultuoso di proteste e lamento, di proposte e di sogni mancati”. L’incontro è saltato, ma la linea resta. O meglio, più che la linea, la predisposizione protestataria. Borghi e Uggè, anti-euro e camionisti inferociti. Tra suggestioni e clamorosi passi indietro. Con i big che, stavolta, hanno paura di essere davvero bollati come estremisti.