venerdì 1 luglio 2016

Brexit, Ukip di Nigel Farage costa all'Ue (che non vuole) 16 milioni ogni anno. Quando si dimettono?

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FARAGE
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“Avete dato battaglia per l'uscita e il popolo britannico ha votato per uscire. Dunque perché siete ancora qui?”. La domanda che il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, ha rivolto martedì scorso a un deputato dell'Ukip durante la sessione straordinaria del Parlamento sul Brexit, resterà negli annali della storia europea e, con ogni probabilità, senza conseguenze politiche. Del resto, il leader dell'Ukip, Nigel Farage, che 17 anni fa si insedio sui seggi di Strasburgo lanciando tra le risate dei colleghi la sfida dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, ha già chiarito che né lui, né gli altri deputati del suo partito lasceranno i propri posti. Il motivo politico? Vigilare sulle lunghe trattative tra Bruxelles e Londra per concretizzare il Brexit (che potrebbero durare due anni). Ma c'è chi, malignamente, sottolinea un'altra ragione, meno nobile magari, ma di sicuro molto convincente: i 16 milioni di euro che ogni anno l'Ukip, il partito antieuropeista per eccellenza, riceve dai contribuenti dell'Unione europea.
Per avere un'idea del paradosso, da quando i cittadini britannici hanno sancito che il Regno Unito non è più un paese membro dell'Ue, il gruppo di Farage ha visto arrivare alle proprie casse ben 300mila euro, circa 43mila al giorno. Fondi assegnati per pagare stipendi, viaggi, campagne politiche e persino una fondazione e un partito “di stampo europeo” creati di recente dagli indipendentisti dell'Ukip.
Per giungere a questa cifra, basta sfogliare bilanci e grant del Parlamento europeo. Considerato il costo generale per stipendi, rimborsi viaggi e altri benefit degli eurodeputati (circa 190 milioni nel 2015), i 22 parlamentari guidati da Farage incassano 5,5 milioni annui. E siccome ogni eurodeputato può spendere fino a 19.500 euro al mese per lo staff, ecco che l'Ukip può contare anche su un fondo ulteriore di circa 5,1 milioni annui per assistenti, portavoce e segretari.
Ma la “generosità” dei contribuenti Ue non si esaurisce qui. L'Ukip, infatti, è il principale partito del gruppo Efdd (composto in totale da 46 parlamentari tra cui i 17 del Movimento 5 Stelle), che, stando agli ultimi dati disponibili, riceve circa 3,2 milioni all'anno per le sue attività. È vero che si tratta di denari da dividere con gli altri membri, ma è anche vero che, senza l'Ukip, il gruppo non avrebbe i numeri per costituirsi, perdendo di fatto l'intero finanziamento.
A chiudere le voci del bilancio “europeo” del partito più britannico del Regno ci sono poi due finanziamenti quantomeno particolari, non tanto per logica del fondo, quanto piuttosto per gli enti che li ricevono: già, perché in questi anni l'Ukip, tra un'invettiva e l'altra contro l'Unione europea e i suoi sprechi, ha costituito un partito politico di “stampo europeo” con tanto di fondazione collegata. Partito e fondazione ci chiamano Alliance for Direct Democracy in Europe, hanno due sedi distinte (non nella City ma entrambe a due passi dal Parlamento Ue a Bruxelles) e nel 2015 hanno ricevuto nel complesso uno stanziamento di 2 milioni di euro. Per quale ragione un partito indipendentista abbia costituito degli enti che ricevono fondi destinati alla promozione della causa dell'Unione europea resta un mistero. Almeno da un punto di vista politico.
D'altro canto, lo stesso mistero aleggia intorno all'Enf, il gruppo di cui fanno parte il Front National di Marine Le Pen, la Lega Nord di Matteo Salvini e l'olandese Party for Freedom di Geert Wilders (che subito dopo il Brexit ha proposto un referendum simile per il suo paese). Nonostante l'euroscetticismo (e in alcuni casi l'antieuropeismo), all'Enf fanno riferimento ben 2 partiti europei (l'European Alliance for Freedom di olandesi e maltesi) e il Mouvement pour une Europe des Nations et des Libertés (di Le Pen e Salvini), con tanto di rispettiva fondazione. Nel 2015, queste associazioni hanno ricevuto nel complesso stanziamenti dal Parlamento europeo per 3 milioni.
Ma restando in terra britannica, o meglio nel campo di chi alza il vessillo del Brexit nel cuore dell'Europa, come non guardare nelle tasche dell'Ecr, il gruppo dei conservatori, che a Bruxelles e Strasburgo è stato guidato negli ultimi anni da Syed Kamall, sodale di Johnson nella lotta tutta interna al partito contro Cameron e i colleghi pro-Europa.
Anche loro, tra un attacco e l'altro all'Unione europea, hanno costituito partito e fondazione Ue, ricevendo solo nel 2015 ben 3,2 milioni. Altri 5 milioni li incassano come gruppo, senza dimenticare che i 20 conservatori britannici possono contare di base su 9,5 milioni annui per stipendi, benefit e staff. Per intenderci, per ogni giorno di permanenza in più al Parlamento europeo, Kamall e colleghi costano ai contribuenti Ue circa 50mila euro, ben 350 da quando hanno alzato i calici al cielo per festeggiare la vittoria del fronte del Brexit. 
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