La riforma in pillole
Tante ragioni consigliano di votare SI alla riforma costituzionale. Vediamo le principali.
Tante ragioni consigliano di votare SI alla riforma costituzionale. Vediamo le principali.
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Finalmente l’Italia cessa di essere un’eccezione mondiale, l’unico paese in cui il Parlamento sia compo-
sto da due camere eguali, che danno e tolgono la ducia al Governo, con gli stessi poteri e più o meno
la stessa composizione. Non si tratta solo di ridurre i costi degli apparati politici, ma di accrescere la
funzionalità delle istituzioni.
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Il Parlamento viene rafforzato portando nel Senato la rappresentanza delle regioni e dei comuni, che
hanno il compito di applicare le leggi. Che essi siano ignorati al momento della loro discussione è causa
di ritardi e con itti. Genera un contenzioso che non ci possiamo più permettere.
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Le leggi non dovranno più pendolare tra la Camera e il Senato, sperando che alla ne si arrivi ad un
testo condiviso sin nelle virgole. Con la riforma, salvo pochissime eccezioni, se il Senato ha obiezioni da
muovere, spetterà sempre alla Camera la decisione nale.
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Il riparto delle funzioni legislative tra Stato e Regioni viene risistemato, consolidando quanto la Corte
costituzionale ha stabilito attraverso tantissime sentenze negli ultimi quindici anni. La riforma costitu-
zionale del 2001 aveva creato molta confusione considerando “concorrenti” anche materie (grandi reti
di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell’energia, ecc.) in cui è del tutto irragionevole che, accanto ai “principi” ssati dallo Stato,
esistano anche venti leggi regionali diverse. In effetti nessuna Regione ne ha mai emanate e la Corte ha
fatto salti mortali per spiegare che la competenza è dello Stato, cosa che la riforma del 2016 sancisce
con chiarezza.
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La riforma, inoltre, contiene tutti gli accorgimenti necessari af nché le istituzioni di garanzia, a comin-
ciare dal Presidente della Repubblica, non siano espressione della sola maggioranza di governo; con il
taglio al numero dei parlamentari, l’abolizione del Cnel, la ssazione di un tetto alle indennità dei consi-
glieri regionali e la decostituzionalizzazione delle province riduce costi non più giusti cabili restituendo
credibilità alle istituzioni; potenzia gli istituti di iniziativa popolare.
Alla riforma sono state mosse varie critiche. Vediamo perché sono infondate.
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È un sopruso che sia il Governo a proporre le riforme costituzionali. Già in diversi altri casi, in
passato, è stato proprio il Governo a iniziare il procedimento. Ma non possiamo dimenticare che il
Governo Renzi si presentò alle Camere per chiedere la ducia ponendo la riforma elettorale e quella
costituzionale al primo posto del suo programma politico, e nessuno lo contestò per questo. Perciò, che
ora il Presidente del Consiglio leghi il destino del suo Governo all’approvazione popolare della riforma è
un atto di rara coerenza, piuttosto che un gesto plebiscitario.
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La riforma rafforza in misura inaccettabile i poteri del premier e prepara una svolta autoritaria. È
completamente falso. Non c’è una sola parola nel testo che vada in questa direzione. Anzi, seguendo
le indicazioni della Corte costituzionale, la riforma riduce il potere del Governo di ricorrere ai decreti
legge. Chi teme l’effetto combinato della riforma costituzionale con la nuova legge elettorale, è garantito
dal fatto che, grazie alla stessa riforma, l’Italicum verrà giudicato immediatamente dalla Corte costituzio-
nale.
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La riforma è stata approvata da una maggioranza risicata e instabile. Non è vero. Nelle sei votazioni
che hanno portato all’approvazione di questa riforma, la maggioranza è stata sempre attorno al 57% de-
gli aventi diritto al voto. Inizialmente si era realizzato un consenso più ampio sul testo, ma poi - benché il
testo non fosse cambiato di molto - alcune forze politiche hanno rinnegato gli accordi capovolgendo la
loro posizione e altre si sono arroccate su un ostruzionismo che ha spesso impedito il dibattito.
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Eliminare la elezione diretta dei senatori colpisce un pilastro della Costituzione come l’hanno
voluta i nostri padri costituenti. Non è vero. Il Senato che hanno voluto i nostri costituenti doveva es-
sere rappresentativo delle Regioni ed essere molto diverso dalla Camera per durata in carica e sistema
elettorale. Ma poi, per una scelta delle maggioranze di governo, l’istituzione delle regioni venne ritardata
di 22 anni e con una riforma costituzionale venne stabilita la perfetta parità delle due Camere.
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I poteri del nuovo Senato non sono chiari e questo minaccia di complicare il procedimento di
formazione delle leggi. Non è vero. Il Senato potrà chiedere di occuparsi di tutte le leggi, esprimendo
le proprie valutazioni, ma spetterà alla Camera la decisione nale. Mentre oggi tutte le leggi devono
essere approvate dai due rami del Parlamento in un testo identico, con la riforma sarà necessario solo
per pochissime leggi, speci camente elencate. Proprio per questo il testo che stabilisce i poteri delle due
camere diventa un poco più lungo, ma il processo legislativo diventa molto più semplice.
Forse il testo della riforma non è perfetto. Si sarebbe potuto fare meglio. Ma senza questa riforma nessun cambiamento sarà possibile per non si sa quanti anni.
Con un Sì possiamo iniziare a cambiare.
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