Fuori dal blog c’è la dura realtà
Luigi Di Maio è troppo impegnato a diventare il candidato premier del M5s e i sindaci sono sempre più intenzionati ad andare per la loro strada
Smaltita la (meritatissima) sbornia per la vittoria a Roma e a Torino, il Movimento 5 stelle è costretto a uscire dal blog e deve cominciare a fare i conti con la realtà. Amministrare una grande città non è un’impresa semplicissima: ma bisogna almeno cominciare, e per cominciare occorre una giunta.
Virginia Raggi è ancora in alto mare: dopo le prime indiscrezioni su alcuni nomi di possibili assessori (fra cui un campione di rugby dai modi un po’ spicci e abituato alle battute omofobe), sulla formazione della giunta è calato il silenzio. Fra Roma e Milano, dove vigila la Casaleggio Associati srl cui la sindaca è tenuta a rispondere direttamente in virtù del “contratto” sottoscritto contestualmente alla candidatura, s’intrecciano con sempre maggior affanno le riunioni e le telefonate.
C’è ancora una settimana di tempo, e sicuramente Raggi riuscirà a comporre la sua amministrazione. Ma i primi passi sembrano già incrinare la luna di miele con l’opinione pubblica e con la stessa base del Movimento. Raggi ha infatti nominato come capogabinetto un suo consigliere comunale, Daniele Frongia, aggirando con un artificio formale la legge Severino che lo vieterebbe.
E poiché, nonostante l’aggiramento della Severino, Frongia non potrà comunque avere poteri di spesa e di firma, Raggi gli ha subito affiancato un vice, Raffaele Marra, pescato direttamente dalla destra più legata agli affari. Marra, ex ufficiale della Guardia di Finanza, è stato infatti uno stretto collaboratore dell’allora ministro dell’Agricoltura Gianni Alemanno, e poi di Franco Panzironi, a sua volta braccio destro di Alemanno, ex amministratore delegato di Ama già condannato per la «parentopoli» dei trasporti capitolini e ora imputato nel processo Mafia Capitale.
Marra è stato anche dirigente in Regione con Renata Polverini, che ne prolungò l’incarico quando già era dimis sionaria. La nomina di Marra, vero uomo forte della futura giunta Raggi, ha scatenato le proteste di molti attivisti del M5s, cui ha dato voce la leader del grillismo romano, quellaRoberta Lombardi che denunciò il «complotto» per far vincere il Movimento e che avrebbe voluto come candidato sindaco l’ex capogruppo Marcello De Vito. «Capiremo se è stata una nomina ponderata – ha dichiarato Lombardi, che tra le altre cose fa parte dello staff che deve supervisionare le scelte di Raggi –, ci sarà un approfondimento. Abbiamo anche l’umiltà di dire che, se facciamo dei piccoli errori, li rimediamo subito».
Che la nomina di Marra sia un «errore», e chissà quanto «piccolo», lo decideranno i grillini (con il rischio che, a termini di regolamento interno, denuncino la sindaca per «inadempienza»): ma è chiaro fin d’ora che a Roma si gioca una partita molto aspra fra la vecchia guardia di Roberta Lombardi e la nuova onda di Virginia Raggi, che agli attivisti e ai militanti sperimentati e fedeli (alla Lombardi) preferisce l’usato sicuro: oltre all’alemanniano Marra, infatti, sono già stati reclutati – con grande fastidio degli attivisti – il rutelliano Luca Bergamo e l’ex assessora della giunta Marino Daniela Morgante.
A Torino, dove ieri Chiara Appendino s’è insediata formalmente nella Sala Rossa al termine di una marcia festosa per le strade della città, la giunta invece è pronta, ma c’è già un nome che ha scatenato le polemiche, anche all’interno del Movimento. Assessora all’istruzione è infatti Federica Patti, condannata alcuni anni fa dal giudice di pace a pagare la differenza delle rette per il nido dei figli, perché al momento dell’iscrizione non aveva dichiarato la convivenza con il proprio compagno e dunque, secondo la sentenza, «ha potuto trarre beneficio dall’applicazione di una tariffa sulla base di un nucleo famigliare non corrispondente a quello reale».
Niente di gravissimo, naturalmente, e del resto ha ragione il portavoce della sindaca a dire che «non si possono rovinare le persone per una multa, per giunta regolarmente pagata». Ma l’ossessione dell’onestà e della trasparenza impone un sovrappiù di attenzione, soprattutto perché, se l’elettorato è disposto a chiudere un occhio, molto meno accondiscendenti sono gli attivisti
A Torino la giunta è pronta ma non sono mancate le polemiche nel Movimento. Nella capitale si gioca una partita molto aspra tra la vecchia guardia e la nuova onda di Virginia del Movimento, che dilagano sulla Rete senza che nessuno sia veramente in grado di guidare e convogliare la discussione. Il quadro complessivo – è dell’altro ieri la notizia che il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, già sotto inchiesta per la gestione dell’azienda della nettezza urbana, ha licenziato in tronco il direttore generale del Comune che lui stesso aveva scelto due anni fa – è di grande confusione, improvvisazione, ingenuità.
Luigi Di Maio, che dovrebbe sulla carta occuparsi di enti locali, è troppo impegnato a diventare il candidato premier del M5s alle prossime elezioni per occuparsi dei sindaci. Che a loro volta sembrano sempre più intenzionati ad andare per la loro strada, qualunque essa sia, senza stare troppo ad ascoltare né il Direttorio né gli attivisti. Lo spettacolo è appena cominciato.
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