venerdì 3 febbraio 2017

Marco Travaglio consiglia a Virginia Raggi di dimettersi, ma nemmeno una settimana fa faceva il garantista chiedendo di poter "leggere le carte" e ci spiegava che le dimissioni potrebbero favorire i palazzinari delle Olimpiadi
GIOVANNI DROGO
Ieri, mentre Virginia Raggi veniva interrogata dai PM della Procura di Roma e i giornali pubblicavano la notizia che la sindaca di Roma risulta essere beneficiaria di una polizza vita da trentamila euro stipulata da Salvatore Romeo, Marco Travaglio stava scaldando i muscoli per prepararsi all’ennesima acrobazia dialettica che avrebbe pubblicato sul Fatto Quotidiano. Travaglio è infatti indubitabilmente il difensore d’ufficio a mezzo stampa della Sindaca a Cinque Stelle ma oggi è riuscito nella difficile impresa di smentire sé stesso di una settimana fa.

Affinità e divergenze tra il Marco Travaglio “garantista” e quello che “consiglia” le dimissioni di Virginia Raggi

Da quando Virginia Raggi è stata indagata Marco Travaglio sta vivendo momenti difficili. Il 24 gennaio il direttore del Fatto era ospite di Lilli Gruber ad Otto e Mezzo, quel giorno era appena stata battuta la notizia che la Raggi aveva ricevuto un avviso di garanzia. La prima domanda della Gruber a Travaglio fu molto semplice: faceva bene la sindaca a dichiararsi serena o avrebbe invece fatto meglio a rassegnare le dimissioni? Domanda alla quale Travaglio, svelando al mondo insospettabili qualità di garantista spiegava che prima di chiedere qualcosa era meglio vedere le carte e che in ogni caso la vicenda riguardava solamente:
la liceità o meno della nomina di un dirigente comunale da parte del sindaco e da parte dell’assessore al commercio Meloni che hanno deciso di nominare il fratello di Marra. Che non è il “fratello di Marra” preso da chissà dove ma è un signore che da vent’anni è vigile urbano e da qualche tempo fa il dirigente dei vigili urbani e che a un certo punto ha fatto domanda per diventare Comandante dei vigili urbani (e pare che avesse qualche titolo per farlo). Gli hanno detto “il capo del Personale è tuo fratello, non metterci in imbarazzo” lui ha detto “va bene e allora?”. E allora gli hanno dato una nomina meno prestigiosa.
Qualche giorno dopo, in un editoriale pubblicato il 26 gennaio dal titolo “Raggi Lader” Travaglio tornava sul meccanismo della nomina del fratello di Marra ed era abbastanza sicuro di come fossero andate le cose, al punto che non riteneva necessario fare nessuna domanda alla sindaca. La sindaca non voleva “essere lapidata per il conflitto d’interessi” e ha dissuaso lei Renato Marra dal candidarsi a comandante dei vigili.
Tanto più che, proprio per evitare di essere lapidata per il conflitto d’interessi fra i due Marra, la sindaca aveva dissuaso Renato (da 20 anni nei vigili urbani) dal candidarsi a comandante, ma non poteva stroncargli la carriera dappertutto. Invece nella chat Raggi-Frongia-Romeo-Raffaele Marra, quest’ultimo non chiede nulla alla sindaca per il fratello: è lei che s’informa sulle norme e le procedure corrette da seguire e sullo stipendio connesso alla promozione. Ma i giornaloni, notoriamente “garantisti”, danno già per scontato che la sindaca è colpevole.
Oggi invece, 3 febbraio, Travaglio cambia idea e pubblica un editoriale dal titolo abbastanza esplicito “O spiega o lascia”. Per il Fatto è necessario che la sindaca spieghi a Travaglio personalmente e agli elettori quale esatta trafila ha portato alla nomina di Renato Marra. Il direttore del Fatto chiede infatti che la Raggi spieghi se abbia autonomamente deciso la nomina o se sia stato Marra (che ricordiamolo è stato nominato capo del Personale dalla Raggi e che attualmente è in galera) ad imporla in qualche modo. Curiosamente è proprio quello che tutti, PM e “giornaloni” in testa, chiedono alla Raggi dal 24 gennaio. Travaglio ci ha messo solo una settimana a riuscire a trovare le parole adatte per farlo:
Quale esatta trafila ha portato Renato Marra, fratello del più noto Raffaele alla direzione Turismo del Comune? La decisione di promuoverlo in quella fascia dirigenziale (dalla 1 di dirigente dei Vigili alla 3 del Turismo), dopo averlo indotto a ritirare la domanda per una promozione più ambiziosa (a comandante della Polizia municipale, fascia 1), fu una sorta di “risarcimento danni” deciso autonomamente dalla Raggi, come prevede il Regolamento comunale che non contempla concorsi né raffronti con i curricula di altri pretendenti? O fu in qualche modo imposta o estorta dal tentacolare fratello, capo del Personale?
Ad Otto e Mezzo di martedì 24 gennaio Travaglio riteneva che non avesse ragione d’esistere una richiesta di dimissioni e spiegava che di “saper benissimo come si fa a far indagare qualcuno, lo si tempesta di denunce”, lasciando successivamente intendere che tutta l’inchiesta sulla Raggi non avesse fondamento dal momento che la Raggi è costantemente presa di mira dalle denunce e questo lo può dire perché lui “ha sempre saputo distinguere tra i fatti, i reati, le condanne e gli scandali”. Fatto sta che Travaglio spiegando che prima di poter dire alcunché sulla vicenda era necessario leggere le carte aveva riservato alla sindaca un trattamento particolare rispetto ad altri personaggi politici finiti sotto indagine. Questo però per Travaglio non significava essere garantisti perché la presunzione d’innocenza – spiegava – è una questione inerente al procedimento processuale e prescinde da ogni valutazione politica per la quale non è necessario attendere l’esito del processo. Ad eccezione che si tratti della Raggi, evidentemente. Ad Otto e Mezzo un Travaglio evidentemente esasperato ad un certo punto spiegava che Sallusti “non conosceva le cose” e non sapeva i fatti e riassumeva in cosa consiste davvero tutta la vicenda:
Stiamo parlando di un dirigente dei vigili urbani, che chiede di diventare Comandante dei Vigili Urbani. Per evitare di essere accusati  – questi qua – di fare favori al fratello del Capo del Personale gli dicono “no la tua domanda a comandante dei vigili urbani non te la diamo”. Gli hanno detto “levati perché potremmo essere accusati di conflitto d’interessi”. Cioè questo qua che è da vent’anni ai vigili urbani deve suicidarsi perché suo fratello è diventato capo del personale?
Travaglio oggi però chiede alla Raggi:
Quella scelta è compatibile con la versione da lei fornita all’Anticorruzione capitolina, e cioè che aveva deciso da sola, o gli interventi del tentacolare capo del Personale (anche sull’assessore al Commercio, Meloni) sono andati al di là delle normali chiacchiere di corridoio?
E oggi conclude la sua ricostruzione dei fatti arrivando a chiedere quello che fino alla settimana scorsa non avrebbe mai fatto: le dimissioni della sindaca a prescindere dalla veridicità delle accuse a suo carico. Travaglio scrive addirittura che è quello che “da un po’ di tempo le suggeriamo” cosa che in tutta onestà il Fatto Quotidiano – e Travaglio in particolare – non ha mai fatto. Inoltre non risulta che Travaglio abbia potuto leggere le “carte” perché di quello che è successo durante l’interrogatorio di ieri ancora non si sa nulla. Come mai il direttore del Fatto ha abbandonato la strada garantista?
Se no, faccia quel che da un po’di tempo le suggeriamo, a prescindere dalla veridicità delle accuse a suo carico: si dimetta, anche per non aver commesso il fatto.
Ed è incredibile perché ad Otto e Mezzo Travaglio rispondeva “certo” a Sallusti che gli chiedeva “se uno è indagato per falso [ovvero l’accusa mossa nei confronti della Raggi] giustamente continuare a fare l’amministratore” e anche perché – sempre nell’editoriale del 26 gennaio – Travaglio scriveva che le dimissioni (o l’ipotesi di “autosospensione”) non avevano alcun senso perché avrebbero fatto il gioco di palazzinari e ladroni che sarebbero tornati alla carica:
Ma, in questa vicenda, garantismo e giustizialismo non c’entrano nulla. Le balle spaziali su riti immediati, autosospensioni e patteggiamenti preparano il terreno alla caduta della giunta che, se arrivasse entro il 1° marzo, consentirebbe ai nemici interni ed esterni della Raggi di riportare i romani al voto in giugno. Dopo, sarebbe tardi e Roma verrebbe ricommissariata per almeno un anno. Inutile dire che, via la Raggi, il commissario di governo annullerebbe subito il No alle Olimpiadi, restituendo i soliti noti alle solite greppie. Per chi non l’avesse capito: dimissioni fa rima con ladroni.
Ah già, Travaglio riteneva all’epoca che le eventuali dimissioni della Raggi avrebbero dato il via libera al ritorno della candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Cosa che come abbiamo spiegato non è assolutamente possibile. Non avrebbe fatto meglio il direttore del Fatto a chiedere invece come mai Romeo risulta ancora iscritto al M5S?

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