Il garantismo a singhiozzo di Grillo sui sindaci nei guai con la giustizia
Da Parma a Livorno, defenestrati o graziati senza una regola
ANSA
Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, è stato sospeso dal Movimento Cinque Stelle per aver taciuto su un avviso di garanzia
09/09/2016
GABRIELE MARTINI
Uno vale uno, ma forse qualcuno vale più degli altri. Tra teatri, rifiuti, campi sportivi e abusi edilizi, cominciano a essere parecchi gli amministratori cinquestelle invischiati nelle inchieste della magistratura. Saranno i giudici a stabilire se abbiano commesso o meno reati. Di certo c’è che il Movimento ha gestito i vari casi in maniera tutt’altro che uniforme.
A Roma l’assessora Paola Muraro è indagata dal 21 aprile 2016. Virginia Raggi e Luigi Di Maio sapevano, i cittadini no. Il direttorio ha chiesto alla sindaca di metterla fuori dalla giunta, il seguente braccio di ferro è cronaca di queste ore.
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Il precedente eccellente è quello del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, sospeso a maggio dal Movimento per non aver informato i vertici dell’avviso di garanzia ricevuto dalla Procura. L’accusa è di abuso d’ufficio nelle nomine al Teatro Regio. «Ha mancato di trasparenza», sentenziò Beppe Grillo sul blog. «A una mail anonima non fornisco nessun documento», replicò il sindaco, che accusò Di Maio di non aver risposto a mail e sms. Quattro mesi dopo Pizzarotti è ancora lì, parcheggiato nel limbo pentastellato: risulta sospeso dal Movimento in attesa di un verdetto risolutivo che non arriva.
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Ben altro trattamento quello riservato a Filippo Nogarin. Nella rossa Livorno il primo cittadino è indagato per concorso per bancarotta fraudolenta, abuso d’ufficio e falso in bilancio nell’inchiesta sull’azienda pubblica dei rifiuti. Il sindaco avvisò i capi grillini dei suoi guai con la giustizia e pubblicò con tempestività le carte che lo riguardano. Nogarin non è stato sospeso né tanto meno espulso. Anzi: Di Maio & C. lo hanno ripetutamente difeso inaugurando un’inedita linea garantista.
Altro caso celebre è quello di Quarto. La sindaca Rosa Capuozzo - finita nella bufera per i presunti condizionamenti della camorra sulle elezioni e per una storia di abusi edilizi nella casa del marito - venne prima difesa a spada tratta dai vertici del movimento, poi messa alla porta. La sua colpa? Non aver denunciato per tempo le minacce che stava subendo.
Poco dopo i casi di Parma e Livorno, ci fu un sindaco pentastellato che svelò su Facebook di essere stato indagato. È Fabio Fucci, primo cittadino di Pomezia: «Sapete cosa è successo? Anche io ho ricevuto un avviso di garanzia ma è già tutto archiviato», scrisse. Caso chiuso senza alcun provvedimento.
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È andata peggio, invece, al primo cittadino di Gela. Domenico Messinese è stato espulso senza appello a poche ore dalla fine del 2015 dopo essere finito sotto processo (politico) da parte del meet-up locale per la sua gestione «poco ortodossa». Sorte non troppo dissimile a quella toccata a Marco Fabbri, primo cittadino di Comacchio. Ma anche qui la giustizia non c’entra: la colpa fu quella di essersi candidato alle elezioni provinciali nonostante i divieti dei big regionali del Movimento.
In altro occasioni i vertici grillini si sono dimostrati più clementi. Patrizio Cinque, sindaco di Bagheria travolto dalle polemiche per una casa abusiva costruita all’interno di un’area protetta, è stato graziato. Sono invece finiti fuori dai cinquestelle Andrea Defranceschi e Giovanni Favia, indagati nell’inchiesta sulle spese pazze dei gruppi della Regione Emilia Romagna per i rimborsi tra il 2010 e il 2011. Entrambi furono espulsi da Grillo, ma poi assolti dai magistrati perché il fatto non sussiste.
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