sabato 17 settembre 2016

Caro Travaglio, ti fai male da solo: le tue critiche alla riforma sono false

Referendum
Emanuele Fiano, relatore alla Camera della Riforma costituzionale, al termine della riunione tra Matteo Renzi e i gruppi parlamentari in vista del voto finale sulla riforma costituzionale, Roma, 09 marzo 2015.    ANSA/ETTORE FERRARI
Il testo non prevede affatto che la maggioranza elegga da sola Presidente e Consulta e invece rafforza la democrazia diretta
 
Evidentemente a frequentare grillini il direttore Travaglio finisce per cadere nei loro stessi errori: come farsi male da soli. Oggi il Fatto quotidiano mi ha dedicato un pezzo a firma di Marco Travaglio e Silvia Truzzi per regalarmi istruzioni di lettura del loro libro, recentemente uscito, sulle ragioni del No.
Ho il timore che i brani del loro testo, oggi ripubblicati, rafforzino la mia convinzione che alcune delle tesi da loro esposte siano palesemente false.
La prima: “ Il premier avrà nelle sue mani un potere praticamente incontrastato e incontrastabile”. Una chiara bugia: nella riforma costituzionale che va al voto i poteri del presidente del Consiglio rimangono immutati. Altrettanto lo sono i poteri di controllo esercitati da presidente della Repubblica e Corte costituzionale.
A differenza di quanto scrivono gli autori, i membri della Corte costituzionale di nomina parlamentare saranno eletti da una maggioranza minima del 60% sia alla Camera (che ne elegge 3), sia al Senato (che ne elegge 2). L’Italicum assegna alla maggioranza il 54% degli eletti, il che vuol dire 340 deputati contro i 378 necessari per eleggere i membri della Corte.
Attendo di conoscere pertanto da Travaglio e Truzzi le evoluzioni della aritmetica moderna per capire come sia possibile che con questi numeri il governo si elegga da solo alla Camera i membri della Consulta. Con la proiezione del quadro attuale sul Senato, la situazione sarebbe analoga a quella della Camera.
Altro punto fondamentale è l’elezione del presidente della Repubblica, il quale, secondo il testo della riforma, verrà eletto a Camere riunite con un quorum minimo del 60% dei votanti dal settimo scrutinio (Per le prime tre votazioni servono i due terzi dell’assemblea; dal quarto al sesto i tre quinti). Ora come detto precedentemente, la maggioranze avrà con l’Italicum il 54% alla Camera e una possibile maggioranza analoga al Senato.
Dunque l’unico scenario in cui, in astratto, la maggioranza di governo sarebbe autosufficiente per eleggere il presidente della Repubblica è quello in cui, con uno straordinario autogol, i parlamentari delle opposizioni non partecipino al voto per manifestare il loro dissenso sul nome proposto dalla maggioranza, facendo così abbassare il quorum, e ottengano come risultato che proprio quel nome venga eletto. Anche qui se Travaglio sarà così cortese da spiegarmi le nuove correnti dell’algebra, gliene sarò grato.
Ultimo punto. A proposito dell’incontrastabile potere del premier, il disegno costituzionale va esattamente nella direzione opposta: aumentano gli strumenti di democrazia diretta come il referendum abrogativo con 800mila firme, la cui soglia di validità scende ad un quorum pari alla metà più uno di votanti delle precedenti elezioni politiche; viene inserito per la prima volta il referendum propositivo, nonché l’obbligo di una data certa per l’inizio di una discussione di una legge di iniziativa popolare, accompagnata da 150mila firme.
In conclusione, rispetto alle teorie espresse nel libro di Travaglio, la maggioranza di governo non potrà eleggere da sola né il presidente della Repubblica né i membri della Consulta, i quali conservano intatti i loro poteri di controllo, e aumentano di molto gli strumenti di democrazia diretta nelle mani dei cittadini che possono modificare l’attività legislativa del parlamento.

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