venerdì 16 settembre 2016

CARO DI MAIO, TI SPIEGHIAMO COSA FU PINOCHET 

di-maioLa politica essendo arte complessa e sofisticata impone conoscenza, preparazione culturale, solido retroterra. Della Prima Repubblica si può dire tutto il male possibile ma una cosa era evidente a tutti: gli uomini di quell’epoca utilizzavano la lingua italiana abbastanza correttamente, avevano studiato e continuavano a studiare. In alcuni casi non erano titolari di lauree ma erano degli splendidi autodidatti. La scuola della vita (in alcuni casi durissima, trascorsa per un lungo periodo sotto i bombardamenti) e quella di partito (a cominciare dalle sezioni) li aveva allenati a un uso corretto degli strumenti tipici della politica a cominciare da quello oratorio.

La seconda Repubblica ha cancellato tutto questo con conseguenze abbastanza nefaste: parlamentari che tentennano nell’uso dei congiuntivi scambiandoli per una malattia della vista e pubblica esposizione di inammissibili lacune culturali. Un combinato disposto che assume effetti perversi nel momento in cui salta l’autocontrollo dialettico, cosa resa ancora più agevole dall’uso seriale dei social network che notoriamente stimolano l’aggressività e la creazione di vere e proprie bufale.

Al di là dell’aspetto offensivo a livello personale del paragone tra Matteo Renzi e Augusto Pinochet (condito anche da un clamoroso errore geopolitico visto che in un primo momento il Cile era diventato il Venezuela), quel che emerge dal post di Luigi Di Maio è una straordinaria mancanza di conoscenza della vicenda, del dramma umano e politico che rappresentò, della profonda ferita che in tutto il mondo provocò nelle coscienze democratiche. L’opinione pubblica che si nutriva di libertà e diritti civili insorse; nelle università italiane si esibivano gli Inti Illimani e il verso “el pueblo unido jamas serà vencido” cantato in coro era come un messaggio di solidarietà lanciato oltre l’oceano. Quella dittatura cominciata con il bombardamento del Palacio de la Moneda e il suicidio finale di Salvador Allende lì asserragliato insieme ai suoi uomini più fidati e lasciati liberi di trovare scampo nel momento in cui tutto appariva perduto, fu un monito così violento da indurre il segretario comunista, Enrico Berlinguer, a scrivere per “Rinascita” tre articoli in cui prospettava la strategia del “compromesso storico”.

Il Cile fu trasformato in un laboratorio economico e in un museo degli orrori. Al primo si dedicarono i Chicago Boys ispirati dall’economista iper-liberista Milton Friedman; al secondo provvide Augusto Pinochet. La repressione fu violentissima, punteggiata da “sparizioni” ed esecuzioni sommarie; i diritti civili vennero cancellati. Il numero esatto delle vittime di quella follia non è mai stato definito ma secondo alcuni studi sotto i colpi della repressione morirono quarantamila cileni e altri seicentomila furono sequestrati. Il Cile resta una tra le pagine peggiori della politica statunitense nell’America Latina, un “danno collaterale” della guerra fredda e della strategia per impedire che il “contagio comunista” partendo da Cuba potesse coinvolgere l’intero continente. La storia ha dato alla fine ragione a Salvador Allende che nel suo ultimo discorso alla radio disse: “Ho la certezza che il seme che depositammo nella coscienza degna di migliaia di cileni, non potrà essere eliminato definitivamente”. Una marcia lunga e dolorosa. Per capire quando, come e perché nacque il regime sanguinario di Pinochet bisognerebbe conoscere, aver studiato e compreso insieme allo spirito di quei tempi anche le dinamiche spregiudicate che lo segnarono e caratterizzarono. Da quei tempi e da quelle dinamiche Matteo Renzi è lontano anni luce. Ecco perché il paragone di Di Maio più che offensivo, appare profondamente ignorante, nel significato letterale dell’aggettivo, cioè di una persona che non ha conoscenza di fatti e fenomeni.

Il web ha abituato le persone a usare le parole con una certa libertà e superficialità, a trasformare delle vere e proprie leggende metropolitane in notizie fondate e verificate. Ma qui non siamo nel campo delle scie chimiche o della negazione della passeggiata di Neil Armstrong sulla luna; c’è chi è convinto che Jim Morrison e Kurt Cobain siano ancora vivi. Pinochet non è un prodotto di internet, ma un errore, un gravissimo errore della storia. E, purtroppo, nessuna delle sue vittime potrà tornare in vita. Se il Movimento 5 stelle vuole realmente proporsi come forza di governo la smetta di confondere il mondo virtuale con quello reale. Renzi invitò tempo fa Beppe Grillo a uscire dal Blog: insieme a lui, tanti altri dovrebbero compiere il medesimo esercizio. A cominciare da Di Maio che sino a qualche tempo fa, almeno sino all’esplosione del caso-Roma, era considerato il candidato-premier in pectore. Ma non è con queste semplificazioni, anzi con queste rozzezze che si dimostra di essere maturi per quel ruolo. Dio ci scampi da chi confonde una dittatura sanguinosa con una democrazia che, per quanto imperfetta, al momento non ha prodotto né morti, né desaparecidos, né la cancellazione di libertà fondamentali.

mader
Fonte: Fondazione Nenni

Nessun commento:

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...