Truffa sui rimborsi, il Parlamento alla Lega: «Ridate allo Stato 59 milioni»
Camera e Senato chiedono la restituzione di 59 milioni di euro, non i 40 ricostruiti dai magistrati. Dalle carte processuali, per "Repubblica", il Senatur chiama in causa pure Salvini e Maroni
Non solo i 40 milioni di euro conteggiati dalla Procura. Per Camera e Senato il conto dei fondi contestati e legati al processo per truffa contro il Senatur Umberto Bossi e l’ex tesoriere Francesco Belsito, è di 59 milioni. Ma non solo: secondo quanto scrive “La Repubblica“, alcune carte depositate dal Parlamento dimostrerebbero che una parte dei rimborsi elettorali sotto accusa sarebbero stati incassati dalla Lega Nord anche dopo il cambio ai vertici e quel “movimento delle scope” che il 5 aprile 2012 defenestrò Bossi.
LEGA, I FONDI CONTESTATI E LE RICHIESTE DEL PARLAMENTO -
Ricostruisce il giornalista Custodero sul quotidiano diretto da Ezio Mauro come nel periodo della segreteria Maroni, nelle casse dei lumbard sono stati versati dal Parlamento quasi 13 milioni oggetto della truffa. E 820mila euro durante la segreteria Salvini:
«Ma al di là di quanto sia l’importo, che fine hanno fatto quei milioni di euro che, secondo l’accusa, Bossi e Belsito hanno ottenuto da Camera e Senato falsificando i rendiconti delle spese elettorali? Perché, se il governatore della Lombardia e l’attuale segretario sapevano della truffa (Salvini s’è addirittura costituito parte civile), hanno continuato a incassarli, e, soprattutto, a spenderli, visto che la Lega è stata costretta a licenziare il personale per essere rimasta senza un euro in bilancio?
LO SCONTRO IN CASA LEGA -
Così si è aperto uno scontro anche in casa Lega, come spiegano alcune lettere tra le carte del processo:
«Bossi, per voce del suo avvocato Matteo Brigandì, chiede a Salvini la restituzione dei 40 milioni che la procura ritiene il corpo del reato della truffa elettorale. Il 29 ottobre del 2014, il legale di Bossi invia al segretario leghista una lettera dai toni affabili (“Caro Matteo….”. “Un abbraccio padano”), ma dal contenuto al vetriolo. Lettera presente tra i documenti processuali. Bossi ha lasciato in bilancio un attivo da 41 milioni: “Sono certo – scrive, sarcastico, il legale di Bossi – che mai verrà dalla Lega adoperato anche per il futuro un solo euro da questa detenuto e da questa stessa dichiarato (con la costituzione di parte civile, ndr) corpo di reato». E ancora: “Tenterò ogni conciliazione – aggiunge il legale Brigandì alludendo alle costituzioni di parte civile di Camera e Senato – sul presupposto della vostra disponibilità a rendere quanto da voi dichiarato come prezzo della truffa aggravata, prezzo presente nelle vostre casse”. “Quindi – conclude l’avvocato di Bossi, ben sapendo che tutti i soldi sono stati spesi – ti diffido dallo spendere quanto da te stesso considerato come corpo di reato».
In pratica, Bossi e i suoi legali intendono capire se per i giudici «aver incassato i soldi oggetto della truffa costituisce concorso nel reato e, averli spesi, ricettazione», scrive Repubblica. Come spiega anche il Secolo XIX, vero oggetto del contendere sarebbero i possibili sequestri milionari che potrebbero scattare nei prossimi mesi: per la difesa di Bossi, andrebbero eseguiti sui conti della Lega. Ora sarà la Procura a dover fare le prossime mosse.
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