L’Italia cambia verso a Bagheria
L’arresto di ventidue mafiosi per estorsione è soprattutto la storia dei trentasei imprenditori che li hanno denunciati. Ma non basta il coraggio delle persone, contro la mafia. Serve la politica
2 Novembre 2015 - 14:09
Ventidue arresti. Ma forse sarebbe meglio dire trentasei uomini coraggiosi. Trentasei imprenditori che da anni pagavano il pizzo ai mafiosi locali e che, in spregio a ogni possibile ritorsione che avrebbero potuto subire - dall'intimidazione all'omicidio - hanno denunciato l'estorsione alle forze dell'ordine.
Questa la notizia. Ed è singolare leggerla e scriverne, dal foyer di un piccolo teatro di provincia in cui va in scena un monologo - “Bum aveva i piedi bruciati”, scritto, diretto e interpretato da Dario Leone - che racconta ai ragazzi delle scuole medie e superiori la vita di Giovanni Falcone, le sue indagini, la sua fine. La sua vittoria.
Già, perché nel monologo Falcone vince, nonostante muoia. Perché l'io narrante della pièce di Leone è un commerciante di giocattoli che dopo la morte sua e di Borsellino decide di smettere di pagare il pizzo.
Al giornalista non tocca lo spettacolo, ma il successivo dibattito. La parte ingrata di quello che deve ricordare che la mafia c'è ancora, che muove un capitale di circa 130 miliardi di euro, anche qui al nord, in Lombardia, a Milano. Che nonostante Totò Riina e Bernardo Provenzano siano in carcere, il suo attuale capo dei capi, Matteo Messina Denaro - che ben pochi studenti sanno chi sia - è attualmente latitante. Che Falcone ha tracciato la strada, ma non ci ha liberato dal male. Che tocca a noi farlo.
Difficile pensare a un sud che si riprende, a un’Italia che cambia verso, con l'ombra delle più ramificate, radicate e pericolose criminalità organizzate del pianeta che si stagliano sulla Penisola. E a far finta che non esiste, si finisce per lasciare soli quei trentasei coraggiosi e tutti quelli che potrebbero esserlo domani
Va ripetuto sempre, come un mantra, anche oggi. Soprattutto agli studenti, ai giovani per i quali Falcone e Borsellino sono argomenti da libro di storia. Soprattutto al nord, dove siamo ancora all'anno zero, alla mafia che non esiste. Soprattutto oggi e in tutti i giorni in cui si apre una breccia nel muro di omertà. Perché nonostante ci sia un “prima” e un “dopo” nella lotta alla mafia - un “prima” in cui nemmeno esisteva e un “dopo”, grazie a Falcone e Borsellino, in cui si combatte a viso aperto - la strada è ancora lunghissima.
Di quei 22 mafiosi arrestati stamattina, diciassette erano già in carcere. E riscuotevano il pizzo senza alcun problema. Difficile pensare a un sud che si riprende, a un’Italia che cambia verso, con l'ombra delle più ramificate, radicate e pericolose criminalità organizzate del pianeta che si stagliano sulla Penisola. E a far finta che non esiste, si finisce per lasciare soli quei trentasei coraggiosi e tutti quelli che potrebbero esserlo domani.
Non c’è masterplan per il Sud, né ricetta per il Paese che può prescindere da questo, dall'ambizione di sconfiggere, definitivamente, quel fenomeno umano chiamato mafia. Anche perché, senza che ciò accada, parlare di “cambiar verso”, semplicemente, non ha senso.
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