STORIE
Isis, Diara Tevcic: «La mia missione contro il Califfato»
Curda, 22 anni. È fuggita per combattere i jihadisti. «Erdogan? Ha altri interessi».Share on google_plusone_shareShare on print
Curda, nata in Turchia 22 anni fa, Diara Tevcic è una di quelle ragazze che sono pronte a dare la vita a fronte dell'avanzata minacciosa dello Stato Islamico (Isis) verso il confine siriano. Ragazze pronte a combattere, per difendere Kobane, città di frontiera ormai per il 40% in mano jihadisti, e per respingere un assedio che ormai dura dal 19 settembre.
«So usare bene il fucile da quando ho 15 anni e non esiterei a usarlo contro gli uomini neri che minacciano la mia Kobane», dice con rabbia e convinzione a Lettera43.it.
Diara vive a Şırnak, nell’Anatolia Sud-orientale, una cittadina a maggioranza curda controllata dal Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, e dopo che sono scoppiate le prime proteste a Istanbul ha sentito il dovere di essere parte della storia.
«VOGLIO DIFENDERE IL MIO POPOLO». Ha abbandonato casa e ha percorso 400 chilometri per andare a Suruc, al confine con la Siria. «Ho lasciato tutto senza esitazioni, perché voglio difendere il mio popolo e se non lo facciamo noi, non lo farà di certo il governo turco. Ormai lo sappiamo che Erdogan vuole che Kobane venga conquistata dall’Isis».
Sembra non aver paura di niente, è spietata quando parla degli uomini del califfo Abu Bakr al Baghdadi e dice di capire quelle donne che si sono fatte esplodere: «Le mie amiche che vivono in Iraq sono fuggite perché erano terrorizzate, qualcuna ha preso il fucile del padre e se n’è andata con le altre per sparare i violenti dell’Isis e io mi sento in colpa a stare ancora qui».
L’ESERCITO BLOCCA IL CONFINE. Arrivata a Suruc, però, Diara è stata fermata dall’esercito di Ankara insieme con altre migliaia di curdi che cercano di attraversare un confine blindato per unirsi alla frangia siriana del Pkk o ai combattenti dell’Ypg.
«So usare bene il fucile da quando ho 15 anni e non esiterei a usarlo contro gli uomini neri che minacciano la mia Kobane», dice con rabbia e convinzione a Lettera43.it.
Diara vive a Şırnak, nell’Anatolia Sud-orientale, una cittadina a maggioranza curda controllata dal Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, e dopo che sono scoppiate le prime proteste a Istanbul ha sentito il dovere di essere parte della storia.
«VOGLIO DIFENDERE IL MIO POPOLO». Ha abbandonato casa e ha percorso 400 chilometri per andare a Suruc, al confine con la Siria. «Ho lasciato tutto senza esitazioni, perché voglio difendere il mio popolo e se non lo facciamo noi, non lo farà di certo il governo turco. Ormai lo sappiamo che Erdogan vuole che Kobane venga conquistata dall’Isis».
Sembra non aver paura di niente, è spietata quando parla degli uomini del califfo Abu Bakr al Baghdadi e dice di capire quelle donne che si sono fatte esplodere: «Le mie amiche che vivono in Iraq sono fuggite perché erano terrorizzate, qualcuna ha preso il fucile del padre e se n’è andata con le altre per sparare i violenti dell’Isis e io mi sento in colpa a stare ancora qui».
L’ESERCITO BLOCCA IL CONFINE. Arrivata a Suruc, però, Diara è stata fermata dall’esercito di Ankara insieme con altre migliaia di curdi che cercano di attraversare un confine blindato per unirsi alla frangia siriana del Pkk o ai combattenti dell’Ypg.
Valeria Giannotta: «Ankara non vuole legittimare il Pkk»
«La Turchia non lo permette perché vorrebbe dire legittimare l'azione del Pkk, che è storicamente il nemico numero uno di Ankara per le sue velleità autonomiste», spiega a Lettera43.it Valeria Giannotta, docente all'Università dell'associazione dell'aeronautica turca. «In questo caso il governo ha una posizione ambivalente: da una parte il Pkk fa il lavoro sporco combattendo l’Isis mentre la Turchia guarda, ma dall'altra non lo si vuole supportare». È forse proprio per questo che l’azione militare viene rifiutata. «Un asse Turchia-Pkk, seppur contro il nemico comune, è indigesto sia alle forze armate sia all'intera opinione pubblica».
ABDEL, L'AMICO DI DIARA UNITOSI ALL'ISIS. «Dobbiamo fermarli noi», insiste Diara, «prima che l’Isis ci prenda tutti, come ha già fatto con Abdel». Abdel, 26 anni viveva poco lontano dalla casa di Diara, a Şırnak; lì lavorava come altri suoi coetanei, ma da un giorno all’altro si è unito agli uomini fedeli ad al Baghdadi e se ne è andato insieme con altri tre ragazzi della zona. Tutti amici di Diara.
Abdel non aveva mai avuto atteggiamenti violenti e, racconta la ragazza, i discorsi che faceva non avevano nulla di fanatico. All’improvviso ha iniziato a vestire di nero e ha annunciato di aver capito qual era il suo destino.
«40 MILA TURCHI CON IL CALIFFATO». I quattro ragazzi di Şırnak non sono gli unici in Turchia ad aver fatto questa scelta. Secondo fonti governative, l’Isis è fortemente presente nel Paese e sono migliaia i giovani che hanno deciso di combattere per il Califfato. «Parlano di 40 mila persone», dice ancora Valeria Giannotta, «ma è difficile fare calcoli esatti». Alcuni sono riusciti ad arrivare in Siria, mentre altri sono rimasti in Turchia in attesa di avere disposizioni dalla cellula madre.
Diara, intanto, respinta a Suruc con le maniere forti, gas lacrimogeni compresi, dalla polizia turca, si è rimessa in cammino insieme con altre tre ragazze. Alla ricerca di un nuovo varco. Questa volta per l’Iraq.
ABDEL, L'AMICO DI DIARA UNITOSI ALL'ISIS. «Dobbiamo fermarli noi», insiste Diara, «prima che l’Isis ci prenda tutti, come ha già fatto con Abdel». Abdel, 26 anni viveva poco lontano dalla casa di Diara, a Şırnak; lì lavorava come altri suoi coetanei, ma da un giorno all’altro si è unito agli uomini fedeli ad al Baghdadi e se ne è andato insieme con altri tre ragazzi della zona. Tutti amici di Diara.
Abdel non aveva mai avuto atteggiamenti violenti e, racconta la ragazza, i discorsi che faceva non avevano nulla di fanatico. All’improvviso ha iniziato a vestire di nero e ha annunciato di aver capito qual era il suo destino.
«40 MILA TURCHI CON IL CALIFFATO». I quattro ragazzi di Şırnak non sono gli unici in Turchia ad aver fatto questa scelta. Secondo fonti governative, l’Isis è fortemente presente nel Paese e sono migliaia i giovani che hanno deciso di combattere per il Califfato. «Parlano di 40 mila persone», dice ancora Valeria Giannotta, «ma è difficile fare calcoli esatti». Alcuni sono riusciti ad arrivare in Siria, mentre altri sono rimasti in Turchia in attesa di avere disposizioni dalla cellula madre.
Diara, intanto, respinta a Suruc con le maniere forti, gas lacrimogeni compresi, dalla polizia turca, si è rimessa in cammino insieme con altre tre ragazze. Alla ricerca di un nuovo varco. Questa volta per l’Iraq.
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