I furbetti della 104, nel pubblico regna l’assenteismo
La legge 104 permette ai lavoratori di astenersi dall'impiego per assistere figli o parenti disabili. Ma c'è chi se ne approfitta. A spese nostre
“Troppi assenteisti”. Qualche giorno fa il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha sollevato il problema delle aziende municipalizzate della Capitale. Tuttavia, è un problema che si ripete un po’ ovunque. Nulla di illegale, il più delle volte. Perché, al di là delle malattie immaginarie (i dipendenti pubblici si ammalano più facilmente rispetto a quelli delle aziende private, chissà perché) esiste una legge che consente ai furbi di farla franca. Si tratta di una fondamentale norma per il diritto al lavoro e all’assistenza delle persone portatrici di handicap: la legge 104.
La 104 per il weekend lungo. All’Ama, società di Roma Capitale che si occupa della raccolta dei rifiuti e del decoro pubblico, il 25% dei dipendenti usufruisce dei permessi dal lavoro concessi da questa legge. La stragrande maggioranza non ha handicap ma dichiara di avere un familiare disabile che richiede assistenza. “È evidente che io sono assolutamente favorevole a quel tipo di legge e l’ho anche difesa in Parlamento. Ma certamente 2mila dipendenti Ama che usufruiscono di questi permessi su 8mila è statisticamente difficile da capire”, spiega Marino. Invece, statisticamente, è più che comprensibile: è sufficiente avere un genitore anziano, solo e riconosciuto invalido, per avere tre giorni al mese di esenzione dal lavoro, frazionabili anche su più giorni, per assistere i propri anziani genitori o il figlio portatore di handicap. Ma guarda caso, soprattutto nel settore pubblico, questi permessi vengono richiesti molto spesso di venerdì o di lunedì. Così, il sospetto che si prediliga un weekend lungo all’assistenza familiare diviene più che fondato.
L’abuso di un diritto. Tra i lavoratori dell’Ama, per esempio, il tasso di assenteismo – sommando il congedo di malattia a quello previsto dalla legge 104 – è del 16%. Un dato abbastanza preoccupante che lo stesso Marino vorrebbe portare nel giro di pochi anni al 13%, aumentando i controlli. Secondo i dati Inail del 2012, nel settore pubblico ad usufruire del congedo della 104 sono il 7,4% dei lavoratori, contro l’1,4% di quelli che operano nel settore privato. Del totale dei congedi, viene richiesto il 36,9% al sud, il 34,9% al nord e il 28,2% al centro. Ad essere più interessati dai congedi per la 104 sono il comparto della scuola e le amministrazioni comunali.
Un’idea di riforma anti-furbi. Ma come arrestare l’abuso di una legge sacrosanta? Probabilmente modificandola. Infatti, potrebbe non bastare un giro di vite sui controlli. Tralasciando coloro che hanno figli disabili in casa, quelli che richiedono la 104 per l’assistenza ai genitori anziani non conviventi dovrebbero dimostrare, in primo luogo, di non avere altri familiari in grado di provvedere all’assistenza (figli maggiorenni non lavoratori, coniugi disoccupati o inoccupati) e di non usufruire di una badante. Una soluzione più drastica potrebbe essere quella di limitare il congedo solo ai casi di estrema necessità e garantire al lavoratore un rimborso non superiore a due terzi dello stipendio giornaliero (e decrescente per quadri e dirigenti) per il compenso, dietro regolare fattura, di una badante (non familiare) che abbia accompagnato o assistito l’anziano parente invalido per cure e analisi mediche.
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