Pil, Cantone: “Italia a crescita zero? Tutta colpa della corruzione”
Mentre il ristagno dell'economia è al centro delle preoccupazioni del governo Renzi, il magistrato che presiede l'Autorità anticorruzione firma un'analisi sul blog economico della società di ricerca Roubini Global Economics. E individua in mazzette e scambi di favori i veri freni alla crescita. Perché disincentivano gli investimenti esteri, distorcono la concorrenza in favore delle imprese disoneste e favoriscono la fuga dei cervelli
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Tutta colpa della corruzione. Il ristagno economico dell’Italia, che secondo il rapporto diffuso martedì dal Centro studi di Confindustria quest’anno vedrà il Pil rimanere al palo, dipende da processi decisionali pesantemente influenzati da mazzette e scambi di favori. La tesi non è nuova, ma stavolta l’analisi arriva proprio mentre la bassissima crescita e il calo delle esportazioni sono al centro delle preoccupazioni del governo Renzi, impegnato a tentare di evitare in extremis una maxi-manovra d’autunno da oltre 20 miliardi di euro. E in calce c’è anche la firma del capo dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone, accanto a quella di Brunello Rosa, analista della società di ricercaRoubini Global Economics. L’articolo pubblicato martedì da EconoMonitor, blog di informazione economica e finanziaria del gruppo fondato dall’economista-star Nouriel Roubini, non fa sconti. A corredarlo c’è una tabella che mostra chiaramente, attraverso alcuni indici sintetici, come l’Italia sia zavorrata da istituzioni inefficienti e da una burocrazia che rende il Paese inospitale per gli investitori stranieri e non solo. Per ogni voce, dalla “protezione della proprietà intellettuale” alla “facilità di ottenere permessi a costruire”, Roma ottiene voti decisamente inferiori rispetto alla media dell’Eurozona e tanto più rispetto alla virtuosa Germania. Ma a spiccare in negativo sono l’indicatore “crimine organizzato” e la “percezione della corruzione”, stimata dalla classifica di Transparency International che vede l’Italia al 69esimo posto su 177 Paesi. E secondo gli autori sono proprio queste piaghe a spiegare il basso potenziale di crescita della Penisola.
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Tre canali di trasmissione che frenano il Pil – In che modo? I canali attraverso i quali la corruzione frena il Pil sono almeno tre, scrivono Rosa e Cantone. Innanzitutto il disincentivo agli investimenti esteri, perché nel Paese della cupola Expo e dello scandalo Mosel’imprenditore straniero non solo deve far fronte al labirinto della burocrazia italica ma teme anche che “l’unica soluzione per velocizzare i processi decisionali sia offrire tangenti“. Poi la distorsione della concorrenza in favore dei “furbi” e dei disonesti. Che mette ai margini le imprese sane e non disposte a accettare compromessi, scoraggiandole dal partecipare alle gare pubbliche e in alcuni casi inducendole addirittura a investire e operare all’estero. Infine, la spinta allafuga dei cervelli. Perché un contesto del genere “costituisce un formidabile incentivo all’emigrazione di coloro che intendono basare il loro successo professionale solo su capacità e impegno, su meritie titoli acquisiti”. E perdere cervelli vuol dire perdere valore aggiunto regalandolo a un altro Paese.
Ancora spuntate le armi dell’Autorità – La descrizione del fenomeno si chiude con un tentativo di soluzione. Che passa, ovviamente, per il finora tormentato rafforzamento dell’Autorità guidata da Cantone, investita del controllo sui contratti pubblici di appalto di servizi e forniture. Anche se il magistrato, pur rivendicando che “alcuni risultati sono già stati raggiunti, ad esempio sul piano del rispetto delle regole della trasparenza”, non esprime particolare ottimismo. Anzi, ricorda come l’”assenza di un meccanismo sanzionatorio efficace a stimolare il rispetto delle regole indicate” resti “il limite della nostra attività di vigilanza”, perché “il decreto legge di giugno ha previsto nuove sanzioni, ma forse esse non basteranno”.
Per il Centro studi Confindustria nel 2014 Pil “piatto”. E l’export si sgonfia - Non resta che sperare che bastino. Perché, nel frattempo, il Centro studi di Confindustria informa che la prospettiva più probabile per l’economia italiana nel 2014 è una “dinamica piatta“. Tradotto: non faremo alcun progresso, nemmeno il +0,2% stimato a fine giugno che già aveva molto inquietato il governo. Una nuova doccia fredda che arriva poco dopo il dato monstre dell’Eurostat sul nuovo record del rapporto debito/Pil (135,6%) e l’allarme dell’Istat sulle esportazioni dell’Italia verso i Paesi extra-Ue, l’ultimo salvagente contro la crisi: in giugno sono scese del 4,3% rispetto a maggio. “Il calo più consistente da novembre 2013″, secondo l’associazione delle Camere di commercio all’estero. Se non bastasse frenano pure i consumi, come testimonia la battuta d’arresto del commercio al dettaglio che a maggio è sceso dello 0,7% rispetto ad aprile. Una tegola dietro l’altra proprio mentre il ministro Pier Carlo Padoan sta cercando, con i tecnici di via XX Settembre, di risolvere il puzzle dellalegge di Stabilità da presentare in autunno. In ballo ci sono circa 25 miliardi. Bruxelles continua a mettere i bastoni tra le ruote e non concede nulla a Renzi sul fronte dell’agognata flessibilità. Così, stando ai rumors, per trovare le coperture si sta valutando anche un contributo di solidarietà sulle pensioni più alte, quelle oltre i 3.500 euro.
Ma peggiorano anche previsioni per gli Usa - C’è da dire che anche la locomotiva tedesca è rallentata nel secondo trimestre dell’anno. E il Fondo monetario internazionale ha tagliato le stime di crescita del Pil statunitense nel 2014: “solo” +1,7% contro il +2,8% previsto ad aprile. Avere forti anticorpi contro la corruzione, insomma, non mette al riparo da momentanei scivoloni.
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