Luigi Di Maio capo del M5S?: "Non lo sono, spiegherò tutto". Il vicepresidente della Camera replica a Tommaso Currò (FOTO)
"Non sono a capo del Movimento 5 Stelle. Finita la legge elettorale scriverò una lettera agli attivisti che spiega tutto". Crisi di nervi per il vicepresidente della Camera dei Deputati? Luigi Di Maionon ci sta a passare per il capo del Movimento 5 Stelle e risponde alle accuse che gli vengono mosse all'interno del suo Movimento . La polemica nasce dopo l'intervista del deputato grillino Tommaso Currò a Repubblica, in cui quella di Di Maio viene definita una "leadership non legittimata da nessuno: nè dai parlamentari, nè dagli attivisti che lavorano sul territorio. Questa iniziativa è stata fatta per un aspetto meramente mediatico".
A dare manforte a Di Maio anche Nik il Nero, del gruppo comunicazione del M5S:"Leggendo qua è la mi sono imbattuto in una dichiarazione del buon Currò su un giornale filo (si fa per dire) PD, il buon Currò sostiene (spero sia ironico, ma è un virgolettato) che il M5S dovrebbe diventare un partito vero, Grillo il Presidente per vedere se fa sul serio e Casaleggio il segretario se riesce a prendere i voti per farlo. La speranza che sia una burla del lunedì rimane per giustificare l'incredulità".
Secondo Currò, "visto che c'è una leadership conclamata, con un segretario in pectore, si prenda atto che le cose sono cambiate e si faccia un percorso diverso. Ci sia una revisione dello statuto, poi un fase partecipata verso un congresso, con organismi dirigenti e di controllo. Un partito lo siamo diventati di fatto, e con la differenza che manca un percorso di legittimazione e manca la democrazia interna".
"Prendo atto - aggiunge Currò - di due aspetti centrali: gli attivisti sono totalmente abbandonati e le decisioni di democrazia diretta sono assunte sul blog, con metodi discutibili. E ora ci ritroviamo di fronte a una leadership de facto" che è "un disattendere i principi dei cinquestelle". Quanto al dialogo con il Pd sulla legge elettorale è avvenuto "dall'oggi al domani, senza nessun ragionamento dietro. Cambiare senza condivisione ha creato dei malumori e delle spaccature al nostro interno. Il fallimento era già scritto dall'inizio, perchè se si voleva partecipare con maggiore concretezza al percorso riformatore bastava lavorare in commissione e in Aula, come succede per le altre commissioni, senza fare questa scenetta mediatica con cui si è voluto riprendere ossigeno dopo la batosta elettorale", conclude Currò.
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