mercoledì 23 luglio 2014

Che bella comitiva. Mancano solo la Cisl e la Uil.

Renzi, la svolta autoritaria: i sostenitori

Per Grillo è «fascista». Per Il Fatto Quotidiano «piduista». Per Zagrebelsky «padronale». Chi attacca il premier.

BESTIARIO
di Francesco Curridori
Svolta autoritaria? «Ne ho sentito parlare. Questa è una allucinazione e come tutte le allucinazioni non può essere smentita con la forza della ragione. Non c'è niente di autoritario. Parlare di svolta illiberale è una bugia e le bugie in politica non servono». Così il ministroMaria Elena Boschi ha replicato ai detrattori della riforma di Palazzo Madama.
Ma chi, dentro e fuori il parlamento, grida all’autoritarismo?

Grillo: «Mussolini meno sfacciato di Napolitano-Renzie-Berlusconi»

  • Il post sul blog di Grillo.
Il più tranchant è ancora una volta Beppe Grillo che dalle pagine del suo blog il 22 luglio con un post dal titolo «Da Matteotti a Di Matteo? #lanuovadittatura» è tornato ad attaccare il governo paragonando l’attuale situazione politica al fascismo, usando come pretesto le critiche che il pm Nino Di Matteo ha rivolto al governo in occasione della commemorazione della morte del giudice Paolo Borsellino.
OGGI COME IL 1924. «La Storia non si ripresenta mai uguale», ha scritto il leader M5s, «ma tra l'Italia di oggi e quella del 1924, anno del rapimento e omicidio di Giacomo Matteotti, esistono molte e impressionanti analogie. L'esito potrebbe essere lo stesso, la fine della democrazia, con al posto del fascismo, un sistema che comprende tutte le forze del Paese che vogliono conservare i loro privilegi e tenere a distanza di sicurezza la volontà popolare: criminalità organizzata, piduisti, istituzioni deviate, partiti». Secondo Grillo: «Dalla vittoria alle Politiche del 2013 del M5s stiamo assistendo a una controriforma senza che vi sia stata una riforma o un Martin Lutero, neppure Mussolini ebbe la sfacciataggine del trio Napolitano Renzie Berlusconi». Il Duce, infatti, «la dittatura la fece senza nascondersi dietro la parola 'riforme' e la legge elettorale fascista Acerbo fu sicuramente più rappresentativa del corpo elettorale e rispettosa della democrazia del l'Italicum di Renzie e del noto pregiudicato».

Mineo: «Provvedimento sulle riforme inconsapevolmente autoritario»

  • Il senatore Pd Corradino Mineo.
Ma la vera spina nel fianco per il governo Renzi sono gli oppositori interni in seno al Pd, ossia Corradino Mineo, Walter Tocci e Vannino Chiti. Il primo ieri, intervistato da Radio Montecarlo si è affrettato a spiegare che secondo lui «il provvedimento sulle riforme costituzionali è inconsapevolmente autoritario, nemmeno il governo voleva questo esito, per cui adesso dobbiamo correggere in Aula e speriamo di riuscirci».
RASSICURAZIONI AL COLLE. Concetto ribadito anche martedì dalla sua pagina Facebook dove ha commentato le parole di Napolitano, specificando anche che non è sua intenzione frenare le riforme: «Non penso che Renzi sia animato da pulsioni autoritarie», ha scritto Mineo, «né desidero un nuovo nulla di fatto in materia di riforme. Perché di per sé, cioè indipendentemente dal merito, la cosa avrebbe, dopo decenni di chiacchiere, un effetto nefasto, darebbe una sensazione di impotenza».
Chiti invece, nel corso del suo intervento in Aula del 17 luglio ha ammonito i suoi colleghi senatori affermando: «Stiamo imboccando in senso contrario l'autostrada della democrazia».
TOCCI: «A RISCHIO LO STILE DEL DIBATTITO». A rifiutare l’espressione «svolta autoritaria» è stato invece Walter Tocci che, nella stessa occasione, ha detto che a essere in pericolo è «lo stile del dibattito costituzionale», riferendosi agli appellativi «gufi, ribelli e rosiconi», usati dal premier Renzi. «Parole che non sarebbero mai state pronunciate dai costituenti, certo divisi dalla Guerra fredda e dalle ideologie novecentesche ma sempre disponibili al colloquio delle idee», ha affermato in Aula il senatore ex Ds.

Zagrebelsky: «Sistema autoritario che dà al premier poteri padronali»

  • Gustavo Zagrebelsky.
Oltre agli esponenti della minoranza del Pd, a scagliarsi contro la riforma nata col Patto del Nazareno, sono stati gli esponenti di Libertà e Giustizia, Nadia Urbinati e Gustavo Zagrebelsky, primi firmatari già a fine marzo dell’appello contro la «svolta autoritaria».
L'INTELLIGHENZIA DELLA GAUCHE. Insieme con altri esponenti del mondo del giornalismo, della politica e della cultura (Beppe Grillo, Gianroberto Casaleggio, Barbara Spinelli, Dario Fo e Fiorella Mannoia) hanno apertamente attaccato Matteo Renzi, additato, con Berlusconi, come l’ideatore di «un sistema autoritario che dà al presidente del Consiglio poteri padronali».
Il gruppo ha messo in guardia circa la trasformazione dell'Italia in una «democrazia plebiscitaria» che «non è scritta nella nostra Costituzione e non è cosa che nessun cittadino che ha rispetto per la sua libertà politica e civile può desiderare. Quale che sia il leader che la propone».

Travaglio e Padellaro: «Il Patto del Nazareno si ispira al Piano di Rinascita Democratica della P2»

  • Marco Travaglio e Antonio Padellaro.
Ma a opporsi a suon di firme è stato anche il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio e di Antonio Padellaro che il 16 luglio hanno dato vita a una petizione online che ha già superato le 100 mila adesioni. Secondo loro il Patto del Nazareno tra Renzi, Berlusconi e Verdini minerebbe la democrazia e si ispirerebbe al «Piano di Rinascita Democratica» della loggia P2 di Licio Gelli.
Tra i punti maggiormente criticati ci sono l’Italicum che non prevede le preferenze, la non elettività diretta dei senatori, la possibilità per la maggioranza di scegliersi il presidente della Repubblica e di influenzare la Corte costituzionale e il Csm, oltre alla contestata riforma dei referendum e delle leggi di iniziativa popolare.
Martedì, 22 Luglio 2014

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