Armi chimiche siriane a Gioia Tauro: i sindaci sfidano il governo
E' stato scelto il porto italiano da utilizzare per il passaggio dell'arsenale sequestrato al regime siriano di Assad. Bonino parla del "più importante disarmo in 10 anni", i sindaci si rivoltano
Redazione16 Gennaio 2014
ROMA - Le armi chimiche siriane di Bashar al Assad passeranno dal porto calabrese di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. Lo avevamo anticipato stamattina, ed è arrivata la conferma in Parlamento, durante l’audizione alle Commissioni Esteri e Difesa del ministro degli Esteri Emma Bonino, delle Infrastrutture Maurizio Lupi e del direttore generale dell’Opac (l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche), Ahmet Uzumcu, venuto a spiegare le fasi dello smaltimento.
Le armi chimiche provenienti dalla Siria si trovano a bordo di quattro navi militari danesi e norvegesi, stipate in migliaia di contenitori speciali, e dovranno essere trasbordate sulla nave statunitense Cape Ray. Il diplomatico turco ha assicurato che "è stata presa ogni misura possibile per un trasferimento sicuro: i rischi sono molto evidenti e abbiamo preso tutte le misure per ridurli al minimo". "Si tratta della più importante operazione di disarmo degli ultimi dieci anni, più importante di quella che sta avvenendo in Libia", ha detto il ministro degli Esteri Emma Bonino.
Il transito di circa 560 tonnellate di sostanze chimiche letalidovrebbe avvenire tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio, nel giro di 48 ore. Renato Bellofiore, sindaco di Gioia Tauro, non ci sta. Preoccupano le condizioni di sicurezza e, soprattutto, "il mancato avviso alle istituzioni locali".
"Non siamo assolutamente favorevoli - dice - anzi siamo preoccupati, perché non abbiamo avuto informazioni ufficiali e barcolliamo nel buio. Era opportuno che il ministro o gli organi competenti avvisassero le istituzioni locali. Faremo tutte le attività lecite e legali per impedire questa attività, anche se la chiusura del porto non compete al sindaco". "Leggiamo che la nave dovrebbe ancora partire. Non sappiamo quanto sosterà qui: non siamo preparati, non abbiamo neanche le strutture ospedaliere idonee in caso di eventuali incidenti o danni. Preparare per un piano di soccorso e di evacuazione - spiega il primo cittadino - è un'attività legittima da predisporre. Ci saremmo aspettati dal ministro una convocazione e che magari Gioia Tauro non fosse sempre la pattumiera d'Italia. Perchè ad esempio non portare da noi la rimozione e la demolizione della Costa Concordia, così da portare lavoro?".
"Sulla chiusura del porto non mi sbilancio - continua Bellofiore - prima voglio chiedere un incontro alle istituzioni e poi valuteremo il da farsi. Devo prima parlare con qualcuno del governo che mi dica cosa sta succedendo: sono un sindaco e devo avere degli atti ufficiali. Di sicuro faremo tutte le attività lecite e legali per impedire questa attività. Non so se è competenza nostra chiudere il porto, ma tutte le attività che un sindaco può fare sicuramente le attueremo, come forme democratiche di protesta. Non siamo assolutamente d'accordo".
I sindaci di Gioia Tauro, di San Ferdinando (Domenico Madafferi) e di Rosarno (Elisabetta Tripodi), comuni nei quali ricade l'area del porto di Gioia Tauro, si incontreranno questo pomeriggio per valutare le azioni da intraprendere sulla vicenda che vede lo scalo portuale quale prescelto dal governo per il trasbordo delle armi chimiche siriane destinate alla distruzione. Il vertice inizierà appena il sindaco di Gioia Tauro terminerà il consiglio comunale. "Non escludo - anticipa Domenico Madafferi - che si possa arrivare anche a un'ordinanza di chiusura del porto". Il primo cittadino di San Ferdinando definisce "sgarbo istituzionale" il mancato coinvolgimento delle amministrazioni locali nella vicenda. £Siamo pronti - avverte - a mobilitare tutta la Piana di Gioia Tauro".
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