Alle 11.30 si contavano già 30 mila persone. A fondo piazza in tanti affollavano lo stand dedicato ai parlamentari. Vito Crimi, tra la sua gente ancora una star, fendeva la folla. Poco più in là Alessandro Di Battista, giacca e cravatta, distribuiva dolcetti, mentre Barbara Lezzi, forte di un'ospitata nel salotto di Porta a Porta, veniva chiamata "il nostro ministro dell'economia". C'era anche l'ultracritico Luis Orellana, che per qualche istante ha finalmente incontrato Gianroberto Casaleggio, affacciatosi per un paio di minuti da quelle parti.
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V3day, Beppe Grillo in piazza a Genova
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AGF
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L'oceano di San Giovanni è lontano anni luce. Lì "una folla che nemmeno il primo maggio", a sentire un gruppetto di attivisti romani a pochi passi da Marcello De Vito. Qui qualcosa in meno di 100mila persone, raddoppiate magicamente in un tweet riassuntivo di Beppe Grillo.
Ma il cuore pulsante del Movimento 5 stelle, forse per la prima volta da qualche mese a questa parte, batteva qualche centinaio di metri lontano dalle polemiche, ed era lì, sul palco in fondo a piazza della Vittoria, i cui giardini, per un ironico contrappasso, sono intitolati a Melvin Jones, il fondatore dei Lions club international. Nello spazio fisico che separava i parlamentari da Grillo c'è stato spazio per le solite bandiere, un mare di spillette, penne stellate vendute (in nero?) a un euro l'una, una bomboletta a dimensione umana di uno "spray antipolitico" e la bandiera di un Che Guevara a 5 stelle.
Le prime parole scandite da djay della Cosa sono state contro la stampa, preludio ad un attacco che sarà costante. L'idiosincrasia è totale. Nessun giornalista è ammesso nel retropalco. Un fotografo riuscito a intrufolarsi è stato poco cordialmente accompagnato oltre le transenne. Una diffidenza parossistica che ha colpito anche i pochi parlamentari nel backstage: "Non dovete stare qui, andate in fondo alla piazza". La cifra di una giornata diversa dalle solite ha provato a darla il guru, con un lapidario "il movimento è diventato un'altra cosa, ci proponiamo come forza di governo".
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V3day, il popolo M5s a Genova
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PS
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Ma il cambio di passo, quando lo show è entrato nel vivo, non si è avvertito. Grillo è salito sul palco con il consueto ritardo, non senza aver prima fatto un sopralluogo dell'affluenza facendosi accompagnare in cima alla scalinata che dominava la piazza. Il repertorio dell'ex-comico è stato quello di sempre, collaudatissimo. E così via con gli strali conosciuti: "Non si può far finta che non ci siano 8 milioni di poveri. Dobbiamo spazzare via le macerie, dare l'estrema unzione a questa politica". E poi sì "alle rinnovabili entro il 2030", no "ai sindacati che sono come i partiti" e "alla Iuc, che è il rutto di un alcolizzato".
Giusto il tempo di scaldarsi, perché le portate principali del menù erano altre, e facevano parte dell'antica tradizione della cucina grillesca. Prima Enrico Letta, "Capitan Findus, impegnato da vent'anni a fare il nipote di suo zio", autore della "truffa semantica dell'abolizione dei finanziamenti ai partiti". "Voglio vedere se Equitalia gli chiederà indietro i 2,7 miliardi che hanno preso, visto che la Corte costituzionale li ha dichiarati illegittimi". Poi Giorgio Napolitano, che "ha fatto un governo in una notte, vuole cambiare la legge elettorale di nascosto, e per questo abbiamo pronto l'impeachment".
Tutto qui, nulla di nuovo. Perché gli strateghi della comunicazione stellata devono aver capito che i tempi per lanciare la campagna elettorale delle europee non era giusto, e così la strada che portava i ragionamenti di Grillo verso Bruxelles è stato solo l'ultima della serie di "Oltre" lanciati dal palco, quasi incidentale, anche nel tono con cui è stata introdotta.
E sì, qualche ospite veniva dall'estero, ma troppo poco per far voltare lo sguardo oltralpe ad una folla tanto entusiasta quanto, rispetto a nove mesi fa, assottigliatasi allo zoccolo duro, e che, tra le righe, chiedeva dunque solo di sentire "sangue e merda" nei confronti dei politici ladroni. Così il referendum sull'euro, l'abolizione del fiscal compact e della parità di bilancio, la necessità "di un piano B d'emergenza, non delle cazzate come quelle che raccontano gli economisti da 50 anni", sono scivolati un po' via, illuminati da un ruggito mentre "Beppe, Beppe, Beppe", ha scandito l'elenco di tutte le imprese italiane vendute all'estero nell'ultimo decennio.
Ci ha pensato Dario Fo a tirare fuori l'ultimo sussulto dalla folla. Tabarro e colbacco neri per proteggersi dal freddo ("C'è un ospite norvegese (il criminologo Niels Christie, n.d.r.) che mi ha chiesto un maglione perché congelava", la gag ripetuta più volte da Grillo), ha alzato un grido al cielo per la moglie scomparsa e un urlo alla folla. Lo ha fatto partendo da una storiella proprio di Franca Rame, che vedeva protagonisti Arlecchino e Brighella che discutono su come tirare fuori l'Italia dal pantano in cui si è ficcata. La soluzione ha molto poco del canovaccio goldoniano e molto del grand guignol alla Tarantino: "I politici sono dei topi che riescono a corrompere anche i gatti. Bisogna tirarli fuori dal Palazzo e innaffiarli con le pompe dell'incendio. Perché noi siamo democratici, ma mai moderati!".
Svanito l'eco del prevedibile boato (e dire che il Nobel alla letteratura aveva appena criticato chi "parla solo alla pancia degli elettori, e per il quale il pensiero è un optional, cialtroni senza dignità e coraggio civile"), la piazza si è svuotata, salutata da un attrezzo alto cinque metri, che con un po' di fil di ferro e una manciata di luci natalizie faceva luccicare contro il cielo nero la sigla del M5s. E pazienza se non si è sentito Cristiano De Andrè, o il primo flauto dell'orchestra sinfonica della Rai. E pazienza se non c'era il pienone di San Giovanni. Perché in fondo questa è stata una festa, e chi porta di questi tempi 100mila persone in piazza a festeggiare, se non "il più grande movimento sociale del mondo" (parola del rappresentante di Occupy Wall Street)? L'unica cosa importante, parafrasando Francesco Baccini, tra gli ultima esibirsi, era poter dire: "stasera ero lì".
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