sabato 20 aprile 2013

Questa è straordinaria. Uno che accetta di farsi candidare da una setta che lui dichiarava pericolosa. Uno che accetta di farsi candidare da grillo che lo aveva definito parassita. Uno che per tutta la vita è stato nella casta ed ha assunto incarchi dai compagni della sinistra lamenta il fatto di non essere stato chiamato. Mancava pure quello. Ma Rodotà che cosa pensa della democrazia interna al M5S?


RESA DEI CONTI

Le accuse di Stefano Rodotà al Partito democratico

Il giurista se la prende con i democratici. Che non lo chiamano.Barca: «È incomprensibile».

Dopo la disfatta del Partito democratico, con l'impallinamento di Romano Prodi nella corsa al Colle e le dimissioni di Pier Luigi Bersani e Rosy Bindi, persino Stefano Rodotà ha iniziato a interrogarsi apertamente sulle ragioni del rifiuto dei Democrat sul suo nome. Indignandosi sul silenzio. E stupendosi del fatto che nemmeno un gerarca del partito abbia provato a contattarlo.
UNA SCELTA PER TUTTI. «Ho letto oggi che ci sono vertici del Partito democratico irritati con Rodotà perché non avrebbe mai detto che la sua candidatura non era di parte», ha detto l'ex giurista, già presidente del Pds e candidato al Colle dal Movimento 5 Stelle, intervistato dal quotidiano Repubblica il 20 aprile, alla vigilia del quinto scrutinio. «Ma se c'è stato qualcosa cui hanno tenuto molto i parlamentari del Movimento 5 stelle in questi giorni, è proprio dire che la mia non era una scelta interna, che non apparteneva alla loro parte politica. È aperta a tutti, lo hanno spiegato più volte e molto bene. Per questo non l'ho sottolineato».
«L'IPOCRISIA DEL PD». Per la prima volta, l'80enne noto per l'understatement  si lascia scappare un po' di insofferenza. «Leggendo queste cose che trasudano un po' ipocrisia, la mia reazione è questa: ma come? Io sono un signore che loro conoscono molto bene da alcuni anni. Esistono molti strumenti oggi per tenersi in contatto: telefono, sms, e mail. Se volevano un chiarimento, perché non li hanno usati?».
Il problema, dunque, è che «nessuno» dei vecchi amici lo ha chiamato. Salvo incolparlo di partigianeria. E salvo averlo sfruttato al momento opportuno. «Perciò mi sono irritato. Perché vedo in questa vicenda una grande ipocrisia. Io ho lavorato tanti anni con quelle persone. Quando ha fatto loro comodo, il telefono è stato molto utilizzato».
IL CANDIDATO DI TUTTI. L'accusa è tanto più grave perché «la mia candidatura girava in Rete da mesi, con sottoscrizioni, firme, appelli. Non è stata certo un'invenzione dei grillini. Nella loro consultazione on line, alcuni nomi sono venuti fuori più di altri perché erano già nel circuito. La mia candidatura non è stata un'invenzione o una forzatura». 

Sabato, 20 Aprile 2013

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