La democrazia liquida del MòViMento: le cose superflue ce le hanno dette tutte. Adesso aspettiamo quelle utili e quelle indispensabili...
I dieci candidati al Quirinale del Movimento Cinque Stelle sono una notizia. Mostrano che almeno una parte del MoVimento è molto più incline alla collaborazione con il PD dei suoi rappresentanti eletti e dei suoi megafoni. Anche se per la verità ne sappiamo molto meno di quel che sembra.
Per esempio non sappiamo quanti hanno votato davvero, e quanti rivoteranno oggi: i responsabili, chiunque essi siano, non ce l’hanno voluto dire. Il blog di Beppe Grillo viceversa è stato estremamente preciso sul numero degli aventi diritto, gli iscritti al Movimento “al 31 dicembre 2012 con documenti digitalizzati”. 48.282. Più o meno gli abitanti di Civitanova Marche. Vale la pena di ricordare che alle ultime elezioni hanno votato per il Movimento 8 milioni e 690mila cittadini italiani: per farci un’idea, sono gli abitanti di tutte le Marche, più tutta la Toscana e quasi tutta l’Emilia-Romagna. Di questi, soltanto uno ogni 180 era ammesso a votare. Parlare di democrazia diretta con questi numeri ha un po’ l’aria di una presa in giro.
Ma quanti di questi “ammessi” hanno realmente votato? Sarebbe lecito supporre che lo abbiano fatto quasi tutti, visto che si erano preoccupati per tempo di digitalizzare i documenti. Però Grillo non ce lo vuole dire, il che non è che si presti a molte interpretazioni. O i voti sono stati più numerosi degli aventi diritto – il che invaliderebbe la consultazione, e fornirebbe l’ennesima dimostrazione dell’inettitudine informatica dei leader del M5S - o sono molti meno. Fingiamo comunque che abbiano votato “quasi in cinquantamila”, come dice Grillo contraddicendosi da solo, e diamo per buoni i suoi risultati. Anche così, però, non sappiamo quasi nulla. Certo, sappiamo che c’è Prodi (ed è una notizia) accanto a Rodotà e alla Gabanelli; ma non sappiamo quanti voti hanno preso, nemmeno in percentuale. Grillo non ce lo sta dicendo, e non è un piccolo dettaglio.
Chiunque abbia un po’ di dimestichezza coi sondaggi – e una consultazione su un campione di 50.000 persone può essere equiparata a un sondaggio – sa che i risultati non sono mai a pari merito. È cioè altamente improbabile che i dieci vincitori abbiano ottenuto più o meno lo stesso numero di preferenze. Di solito in un sondaggio di questo tipo tre o quattro nomi si spartiscono il grosso della torta, lasciando il seguito alle briciole. Per fare un esempio possiamo guardare i numeri del sondaggio SWG di qualche giorno fa che dava la Bonino in testa (col 16%): dopo di lei veniva Gianni Letta (con la metà dei consensi, l’8%), poi Berlusconi Prodi e Rodotà a pari merito (7%); Monti (5%); Napolitano (4%); la Severino, Zagrebelsky (3%); Grasso e Pera (2%). Questi ultimi sono decimi a pari merito, e con un ottavo dei consensi che aveva la Bonino. C’è una bella differenza. Viene spontaneo immaginare che altrettanta differenza ci sia tra il primo e il decimo classificato nella consultazione M5S, ma Grillo e Casaleggio non ce lo vogliono dire. Magari Prodi ha preso un ottavo dei voti di Imposimato. Magari Grillo straccia tutti al 90%. Magari no. Non si sa. Ma perché non si sa? Chi lo ha stabilito? In che assemblea del MoVimento si è deciso di procedere in questo modo? E c’era lo streaming?
Più che un esperto di democrazia, chiunque abbia deciso di far funzionare le cose in questo modo sembra esperto di talent show: gli unici spettacoli in cui non vengono mai divulgate le percentuali del televoto, per evitare di ammazzare la competizione quando sin dalla prima puntata qualche concorrente comincia a imporsi con l’80%. Il pubblico ha già scelto, ma lo spettacolo deve continuare; e poi chissà, magari tra qualche puntata, con qualche accorgimento degli autori e della regia, il pubblico potrebbe cambiare anche idea. Le “quirinalie” del MoVimento funzionano un po’ così. Oggi si dovrebbe fare il secondo turno, dove chi ha preso magari l’1% se la gioca ancora alla pari con chi ha preso forse il 30%.
Qualcuno lo ha chiamato ballottaggio, ma quest’ultimo di solito soddisfa la banale logica binaria che prevede che il vincitore sia eletto da almeno il 50% più uno degli elettori. Dunque al secondo turno non possono essere ammessi che due contendenti. Se invece ne ammetti dieci, puoi essere ragionevolmente sicuro che nessuno otterrà il 50% più uno. Il vincitore potrebbe essere viceversa incoronato da una percentuale risibile, anche intorno al 15%: meno di settemila voti. Più o meno gli abitanti di Staranzano (Gorizia, hinterland di Monfalcone). Democrazia diretta? Ne siete sicuri?
(di Leonardo Tondelli - l'Unità) http://leonardo.blogspot.com
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