sabato 20 aprile 2013

E mentre alcuni esponenti del PD dimostrano a che stato di degrado è arrivato questo partito Grillo esulta dimenticando che nella sua setta non è possibile neanche parlare altro che votare contro.


I centouno traditori di Bersani e “quel bastardo” di Renzi

20/04/2013 - Parte la caccia. Sospetti tra i renziani

I centouno traditori di Bersani e "quel bastardo" di Renzi
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La carica dei centouno traditori di Bersani porta il Partito Democratico a far partire la caccia. E volano parole grosse nei confronti di Matteo Renzi, come scrive il Corriere della Sera:
Nel corridoio dei passi perduti, s’insinua tra i fedelissimi del segretario il sospetto che sia stato «quel bastardo» del sindaco di Firenze a rovesciare il tavolo: in combutta con D’Alema. «Qui la prima gallina che canta è quella che ha fatto l’uovo—attacca a caldo Paola De Micheli, la faccia allegra della segreteria—Non è stato Matteo Renzi il primo a dire che la candidatura di Prodi non c’è più?». No, il sindaco si arrabbia, dice che i «doppiogiochisti» non gli sono mai piaciuti e che non è stato lui a complottare contro Prodi… I toscani sono nel mirino e accusano gli emiliani, i 40 che già su Marini avevano strappato e che ora accusano i renziani di «paciugare» con D’Alema e Monti. «Noi emiliani Romano lo abbiamo scelto e votato» respinge i sospetti Maria Cecilia Guerra, senatrice e sottosegretario di Modena.
Cosa sia successo nel segreto dell’urna nessuno lo saprà mai, l’unica certezza è che si tratta di fuoco amico, fuoco incrociato, commenta Monica Guerzoni:
«Altro che franchi tiratori, cento voti sono tanti, non è ammissibile, non è comprensibile… », fa di conto Davide Zoggia, sotto choc. È un agguato, una congiura di palazzo… Anzi più agguati, più congiure insieme. Forse due diverse fazioni organizzate. «Non c’è un disegno unico, è una maionese impazzita» sintetizza la crisi il renziano Ermete Realacci. Parte la caccia ai colpevoli, scatta lo psicodramma collettivo. Chi è stato? Chi ha tradito? I primi a salire sul banco degli imputati sono gli amici di Franco Marini, altra vittima sacrificale di un Pd che scopre, in modo traumatico, di aver cambiato bruscamente pelle. Ma no, i Popolari, che sono una trentina, hanno le «prove documentali» e qualcuno, con riservatezza, mostra il cellulare con la foto della scheda, dove c’è scritto «PRODI».
Gli ex dc invitano i cronisti a guardare altrove, a indagare nel campo dalemiano:
«I numeri corrispondono, loro sì che sono più di cento». Troppo facile, anche i seguaci dell’ex premier, così come i giovani turchi, tirano fuori i palmari e ostentano la scheda, consapevoli del rischio che corrono perché fotografare il voto non si può. Fiutato il rischio del tutti— contro—tutti i parlamentari si sono attrezzati. «Sapevamo che ci avrebbero messo in mezzo», alza le mani un fioroniano.
La caccia continua. Il ridicolo di più.

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