domenica 14 aprile 2013

Ma uno di loro da candidare non l'avevano? Ah, ah, ah,. È dove lo pigliano uno normale?


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Quirinale

Toh, il M5S è di sinistra

di Fabio Chiusi
Zagrebelsky, Gino Strada, Dario Fo, Rodotà, Prodi, Imposimato: nelle urne digitali dei grillini hanno vinto alcuni dei nomi più prestigiosi del progressismo civile italiano. Lunedì gli iscritti sceglieranno fra i dieci, ma intanto ci si chiede se il Pd avrà il coraggio di controproporre un Marini o un Amato
(12 aprile 2013)
Le travagliate «quirinarie» hanno dato il loro responso, la rosa dei dieci candidabili a capo dello Stato secondo il MoVimento 5 Stelle. E guarda a sinistra, alle figure più autorevoli dell'attivismo e della società civile di orientamento progressista. Ci sono i nomi circolati in questi giorni: la giornalista di Report, Milena Gabanelli; il giurista Stefano Rodotà; il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky. Poi i magistrati Ferdinando Imposimato e Gian Carlo Caselli, e la Radicale Emma Bonino. Oltre al fondatore di Emergency, Gino Strada. E al Nobel Dario Fo, che aveva ricevuto l'endorsement di Beppe Grillo, ma lo aveva anche già rispedito al mittente: «non ho le possibilità fisiche e psichiche».

C'è anche lo stesso capo politico del M5S (se vincesse, la sua accettazione sarebbe in linea con il ruolo di semplice «garante» e - non irrilevante nel movimento - con il suo avere una condanna definitiva?). E, soprattutto, c'è Romano Prodi, cui Grillo aveva lasciato intravedere un'apertura di credito nel post con cui aveva annunciato le consultazioni online: «Non un Pertini, ma neppure più modestamente un Prodi che cancellerebbe Berlusconi dalle carte geografiche». E che Roberta Lombardi aveva definito, all'alba della votazione, «parte della vecchia politica».

L'ordine di esposizione dei nomi è rigorosamente alfabetico: nessuna classifica. Il vincitore sarà scelto in una ulteriore consultazione sul sito. Quanto ai votanti, si sa solamente che gli aventi diritto sono stati poco meno di 50 mila (in un portale da quasi un milione di iscritti, un dato che fa riflettere). Se anche avessero votato tutti, sarebbero poco più dei circa 32 mila partecipanti alle «parlamentarie» dello scorso dicembre. E in ogni caso molti meno dei 250 mila (anzi, un numero «certamente superiore») annunciati in un primo momento, alla fine della prima – e annullata – giornata di voto, dal deputato Cinque Stelle Roberto Fico. Insomma, per coniugare partecipazione e rete la strada da fare è ancora lunga. 


Soprattutto dopo il problema verificatosi giovedì: l'errore di sistema che ha costretto a rifare tutto. Per Grillo si è trattato di un «attacco hacker». Ma la società di certificazione (Dnv Business Assurance) ha più genericamente scritto di una «anomalia» riscontrata durante un controllo periodo dell'«integrità di sistema». Diversi esperti di sicurezza informatica hanno sollevato seri dubbi sulla causa ipotizzata da Grillo. Dal security researcher Claudio Guarnieri all'hacker Fabio Ghioni («sul loro sito si può votare più di una volta, anche mille, con accorgimenti banali come il cambio del browser o la navigazione anonima. Non hanno, insomma, un sistema di sicurezza adeguato», ha detto al quotidiano Europa) passando per la corrosiva ?€“ ma tecnicissima ?€“ critica mossa dal blog Kein Pfusch, l'ipotesi di un errore nella piattaforma o di una manipolazione fatta senza il bisogno di ricorrere a complicate intrusioni informatiche sembra non poter essere esclusa.

Così, oltre alle tante ironie dei detrattori, in rete si è potuto leggere perfino il comunicato via Facebook di un gruppo, intitolato eloquentemente 'Waffanculo 5 Stelle', su una presunta manipolazione di massa del voto: «Negli ultimi mesi noi e i nostri amici abbiamo registrato migliaia di account sul sito di Grillo. Oggi abbiamo espresso la preferenza per il nostro candidato». Operazione ripetuta dopo il guasto. Risultato? Secondo il gruppo, che «il voto è falsificabile». Nel M5S, naturalmente, l'opinione è opposta. Con il deputato Giorgio Sorial che, a Radio 24, ha parlato di attacco «a scala mondiale».

Comunque stiano le cose, dopo la ripetizione della consultazione gli eletti a Cinque Stelle si sono chiusi in un silenzio eloquente. E dire che solamente il giorno prima si avventuravano in affermazioni ambiziose: «Stiamo compiendo una nuova democrazia, una rivoluzione democratica» (lo stesso Fico); «tra non molto guarderemo alle democrazie rappresentative come oggi guardiamo alla monarchia assoluta» (Alessandro Di Battista): «Vi rendete conto che oggi, per la prima volta al mondo, un partito che rappresenta un italiano su tre ha permesso alla rete di votare il suo candidato Presidente della Repubblica online? (...) Vi rendete conto dell'innovazione politica della cosa? (Manlio Di Stefano). Insomma, «democrazia: ON!», come ha riassunto Vito Crimi. Del resto, «il web è sovrano», aveva precisato l'altra capogruppo del M5S, Roberta Lombardi. Dopo la decisione di rivotare, solo qualche grido al complotto: «Purtroppo qualcuno ci vuole male ma vuol dire che siamo sulla giusta strada» (ancora Di Stefano); «La democrazia diretta fa paura» (di nuovo Di Battista).
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