"Addio M5S, io vado con Marchini. Trasparenza e onesta? Propaganda"
LA LETTERA. Diventa consigliere municipale col Movimento e scopre la "realtà". La storia di Alessandra Bonaccorsi, tornata dagli Usa e "affascinata" dal Movimento che combatteva il degrado del Paese. Poi la delusione e "l'amara verità"
Dalla lettrice Alessandra Bonaccorsi, riceviamo e pubblichiano
Egregio Direttore,
in questi giorni di serrate rivelazioni e indiscrezioni sulle dinamiche interne del m5s a livello nazionale – da consigliera municipale capitolina uscente quale sono – mi sento in dovere di raccontare con chiarezza e verità la mia esperienza con il movimento cinque stelle in ambito locale, e precisamente nell’Ottavo Municipio a Roma.
Alla luce di quanto accadutomi, sono costretta con rammarico ad affermare che la mia esperienza con il Movimento 5 Stelle è stata una totale delusione, umana e civica. Gli sgambetti che ho subito, le accuse false, le minacce vissute sulle mia pelle mi hanno portata a capire, infatti, che la frustrazione delle persone verso un sistema che non funziona, se non è ben strutturata, diviene distruttiva. Ma devo fare un passo indietro, raccontando velocemente le varie tappe che mi hanno portata ad affacciarmi al m5s. Nel 2011 tornai in Italia dopo vent’anni trascorsi negli Stati Uniti (Santa Monica in California e Charlotte nel North Carolina). Tornai per motivi familiari assieme al mio figlioletto di quasi cinque anni. Subito mi accorsi dello scontento generalizzato dei cittadini verso le istituzioni e delle problematiche degli abitanti delle periferie della capitale. Riavvicinandomi alla politica, seppi che era nata una – presunta – entità politica formata da cittadini chiamata suggestivamente “Movimento 5 Stelle”, la quale denunciava gran parte di quelle problematiche del nostro paese che sembravano ignorate dai nostri governanti.
Favorevolmente colpita da tanto senso civico, mi sentii spinta a partecipare attivamente a un movimento che si proponeva di combattere gli sprechi, le malefatte e i menefreghismi della classe politica, al fine di migliorare la vita del contribuente vessato. Informatami in rete, mi presentai a una riunione in una bocciofila nel mio municipio di riferimento. Agli apparenti “responsabili”, chiesi chi fossero e in che modo si svolgessero le loro azioni sul territorio, ma anziché rispondermi, mi chiesero a loro volta chi ero e perché fossi lì, senza darmi alcuna spiegazione sulla loro attività civica. Più o meno convinta malgrado le tante riserve su certe improvvisazioni e ingenuità lampanti, mi lasciai coinvolgere con entusiasmo nei vari eventi organizzati nel municipio, salvo poi vedermi arrivare dopo soli due mesi una candidatura del tutto inaspettata. Secondo le regole, o meglio le “non” regole che cambiavano a ogni soffio di vento, non sarei dovuta rientrare nei criteri per poter essere candidata, ma pensai che – essendomi impegnata con diligenza e con buona volontà come attivista e come rappresentante di lista al momento delle elezioni politiche del 2013 – pensai avessero fatto un’eccezione premiando il merito e l’impegno, senza sapere all’epoca – ahimè – delle famigerate quote rosa.
Ma fu durante la campagna elettorale che vidi all’opera la vera declinazione dello slogan “uno vale uno”… ossia si vale se il gruppetto di potere lo decide, e secondo il m5s “valere” significa essere un buon soldatino che risponde solo “signorsì”. Essendo io una donna pensante, esponevo sempre i miei dubbi e perplessità e questo non era mai ben accetto: paradossali furono l’ostracismo e gli insulti subiti quando obiettai che un volantino politico fatto dalla figlia undicenne di un’attivista (pieno di fiorellini e corredato da font di Walt Disney, come a sponsorizzare un nuovo film di animazione anziché un evento che trattava del degrado nel territorio…).
Sono stata accusata ingiustamente di aver fatto promesse in cambio di voti, sulla base di assurdi scambi di persona e all’unico scopo di favorire il soldatino di turno. Ogni scusa era buona per demoralizzarmi e buttarmi giù – senza contare che in campagna elettorale avevo l’aggravante di un braccio rotto – e le volte che riuscivo ad arrivare a eventi locali trovavo i miei santini elettorali nascosti in una scatola e non esposti come gli altri. I candidati “più uguali degli altri”, per citare George Orwell, rilasciavano anche false interviste a “sconosciuti passanti” che invece erano lo zio, il nonno, il patrigno… altro che onestà e trasparenza! Il colmo fu quando mi chiesero di organizzare un evento per aiutare i bambini di famiglie in difficoltà, boicottato appositamente da diversi personaggi che millantavano la loro dedizione ai problemi della società e che poi, in concreto, pensavano solo alla loro convenienza.
Alle elezioni, pur con mille cospirazioni alle mie spalle e osteggiata dai rappresentanti del M5S locale, riuscii a colpire favorevolmente gli abitanti del mio territorio di riferimento e risultai la prima dei non eletti. Dopo aver visto con i miei occhi le dinamiche peggiori della vecchia politica applicate nella forza che si spacciava per una novità contraria al sistema partitico, disgustata da un’onestà e una trasparenza sbandierate per semplice propaganda ma in realtà soltanto slogan di facciata, decisi di continuare la mia attività civica in modo producente, in qualità di mamma e di cittadina informata, occupandomi del degrado dei parchi e delle strade, delle strutture scolastiche in rovina e dell’aiuto alle persone più bisognose. Dopo circa due anni mi giunse una telefonata informale annunciandomi che uno dei due consiglieri municipali del m5s si sarebbe dimesso e che quindi sarei subentrata io in quanto prima dei non eletti. Perplessa, non feci alcuna mossa nell’attesa di ricevere notizie ufficiali, ma nel frattempo trascorsero tre mesi di silenzio. La fatidica telefonata arrivò solo un paio di giorni prima dalla formalizzazione delle dimissioni del suddetto consigliere, con il chiaro intento di destabilizzarmi e mettermi in difficoltà. Fui chiamata per un incontro informale la mattina in Campidoglio dove mi accolsero i consiglieri Frongia e Raggi (ora candidata a Sindaco). Quest’ultima, che avevo già conosciuto in passato, senza darmi alcuna motivazione plausibile mi suggerì con un sorriso amichevole di fare un passo indietro e di rinunciare alla carica di consigliera municipale. Inutile dire che la mia reazione fu di gran stupore: ero convinta che i complotti, le bassezze e i sotterfugi restassero a livello di quartiere e non arrivassero anche nell’amministrazione comunale.
Ahimè sbagliavo, e da quel giorno iniziarono le settimane peggiori della mia vita. Scoprii infatti, alla prima riunione ufficiale del municipio, che da diverse settimane si erano preparati linciaggi contro la mia persona per impedirmi a tutti i costi di accettare la carica. Linciaggi a opera di personaggi smaniosi di occupare anche solo una poltrona in municipio, uno sgabello in corridoio, insomma qualsiasi cosa pur di entrare nelle istituzioni senza il minimo requisito o competenza degna di questo nome. Mi dissero chiaro e tondo, con aggressività e senza alcun rispetto del fatto che fossi una donna e una madre (già che siamo in tema di otto marzo), di non osare presentarmi in Municipio e di non accettare per nulla al mondo il mandato perché “loro non mi volevano”. Una ventina di persone inferocite e martellanti che mi vessavano con toni accusatori e violenti, ben lontani dalla “democrazia dal basso” che tanto gridavano nelle piazze. Benché sotto shock dopo questo attacco di massa (ovviamente in Campidoglio si erano ben guardati dall’avvisarmi di ciò che mi aspettava), decisi di accettare il mandato poiché votata dai cittadini che ero riuscita a conquistare con il mio lavoro sul territorio, e non certo dal gruppo municipale del m5s che aveva scientemente fatto campagna contro di me in quanto essere pensante. All’accettazione del mandato, iniziarono per me una serie di brutte esperienze che mi costrinsero ad allertare la polizia municipale per comportamenti scorretti e minacciosi nei miei confronti. Dopo ben cinque settimane di massacri psicologici inauditi decisi di passare al gruppo misto, in cui – finalmente libera dalla pressione psicologica, dal mobbing e da comportamenti che non esiterei a definire di vero e proprio stalking – potei dedicarmi in tutto e per tutto al bene dei cittadini impegnandomi in prima persona, e ben lontana dalle lotte di potere che dilagavano a livello municipale, comunale e nazionale.
Dopo vari mesi passati nel gruppo misto occupandomi delle problematiche del mio municipio, mi sentii a posto con la coscienza nel passare dal m5s alla Lista Marchini, poiché sentivo che non avrei affatto tradito il mio elettorato. Anzi. Mi accorgevo infatti che i principi su cui avevo tanto insistito durante la campagna elettorale erano comuni: il rispetto civico, la lotta alla colpevole ignavia delle istituzioni, la battaglia contro il degrado urbano, l’attenzione alle persone più bisognose, la valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale e così via. Il mio lavoro svolto da Consigliera in meno di un anno – la protocollazione di una lista di ben ventisette pagine ai vigili urbani con la segnalazione dei veicoli abbandonati sul territorio (poi rimossi per la maggior parte); il risanamento di un parco giochi al Forte Ardeatino dove centinaia di bambini hanno potuto tornare a giocare; l’organizzazione di numerosi sopralluoghi in luoghi critici con proposte concrete per garantire la sicurezza nelle strade; la lotta strenua alla presenza di rom nel quartiere Montagnola, infiltrandomi fra i nomadi a rischio della mia incolumità per acquistare cibi scaduti sui marciapiedi e facendo intervenire la Polizia di Stato, e così via – si è svolto sempre in linea con la visione della Lista Marchini, ed è per questo che ho deciso di passare nelle loro file, forte dell’appoggio dei miei elettori e dei cittadini con cui collaboro giornalmente.
Quando ho reso ufficiale il mio passaggio un paio di settimane fa ho infatti riscontrato solo consensi e incoraggiamenti, e sono lieta di aver trovato una nuova squadra di persone capaci e preparate che mi hanno accolta con affetto ed entusiasmo.
Alessandra Bonaccorsi, Consigliere Municipale uscente VIII Municipio, Presidente Gruppo Misto
Egregio Direttore,
in questi giorni di serrate rivelazioni e indiscrezioni sulle dinamiche interne del m5s a livello nazionale – da consigliera municipale capitolina uscente quale sono – mi sento in dovere di raccontare con chiarezza e verità la mia esperienza con il movimento cinque stelle in ambito locale, e precisamente nell’Ottavo Municipio a Roma.
Alla luce di quanto accadutomi, sono costretta con rammarico ad affermare che la mia esperienza con il Movimento 5 Stelle è stata una totale delusione, umana e civica. Gli sgambetti che ho subito, le accuse false, le minacce vissute sulle mia pelle mi hanno portata a capire, infatti, che la frustrazione delle persone verso un sistema che non funziona, se non è ben strutturata, diviene distruttiva. Ma devo fare un passo indietro, raccontando velocemente le varie tappe che mi hanno portata ad affacciarmi al m5s. Nel 2011 tornai in Italia dopo vent’anni trascorsi negli Stati Uniti (Santa Monica in California e Charlotte nel North Carolina). Tornai per motivi familiari assieme al mio figlioletto di quasi cinque anni. Subito mi accorsi dello scontento generalizzato dei cittadini verso le istituzioni e delle problematiche degli abitanti delle periferie della capitale. Riavvicinandomi alla politica, seppi che era nata una – presunta – entità politica formata da cittadini chiamata suggestivamente “Movimento 5 Stelle”, la quale denunciava gran parte di quelle problematiche del nostro paese che sembravano ignorate dai nostri governanti.
Favorevolmente colpita da tanto senso civico, mi sentii spinta a partecipare attivamente a un movimento che si proponeva di combattere gli sprechi, le malefatte e i menefreghismi della classe politica, al fine di migliorare la vita del contribuente vessato. Informatami in rete, mi presentai a una riunione in una bocciofila nel mio municipio di riferimento. Agli apparenti “responsabili”, chiesi chi fossero e in che modo si svolgessero le loro azioni sul territorio, ma anziché rispondermi, mi chiesero a loro volta chi ero e perché fossi lì, senza darmi alcuna spiegazione sulla loro attività civica. Più o meno convinta malgrado le tante riserve su certe improvvisazioni e ingenuità lampanti, mi lasciai coinvolgere con entusiasmo nei vari eventi organizzati nel municipio, salvo poi vedermi arrivare dopo soli due mesi una candidatura del tutto inaspettata. Secondo le regole, o meglio le “non” regole che cambiavano a ogni soffio di vento, non sarei dovuta rientrare nei criteri per poter essere candidata, ma pensai che – essendomi impegnata con diligenza e con buona volontà come attivista e come rappresentante di lista al momento delle elezioni politiche del 2013 – pensai avessero fatto un’eccezione premiando il merito e l’impegno, senza sapere all’epoca – ahimè – delle famigerate quote rosa.
Ma fu durante la campagna elettorale che vidi all’opera la vera declinazione dello slogan “uno vale uno”… ossia si vale se il gruppetto di potere lo decide, e secondo il m5s “valere” significa essere un buon soldatino che risponde solo “signorsì”. Essendo io una donna pensante, esponevo sempre i miei dubbi e perplessità e questo non era mai ben accetto: paradossali furono l’ostracismo e gli insulti subiti quando obiettai che un volantino politico fatto dalla figlia undicenne di un’attivista (pieno di fiorellini e corredato da font di Walt Disney, come a sponsorizzare un nuovo film di animazione anziché un evento che trattava del degrado nel territorio…).
Sono stata accusata ingiustamente di aver fatto promesse in cambio di voti, sulla base di assurdi scambi di persona e all’unico scopo di favorire il soldatino di turno. Ogni scusa era buona per demoralizzarmi e buttarmi giù – senza contare che in campagna elettorale avevo l’aggravante di un braccio rotto – e le volte che riuscivo ad arrivare a eventi locali trovavo i miei santini elettorali nascosti in una scatola e non esposti come gli altri. I candidati “più uguali degli altri”, per citare George Orwell, rilasciavano anche false interviste a “sconosciuti passanti” che invece erano lo zio, il nonno, il patrigno… altro che onestà e trasparenza! Il colmo fu quando mi chiesero di organizzare un evento per aiutare i bambini di famiglie in difficoltà, boicottato appositamente da diversi personaggi che millantavano la loro dedizione ai problemi della società e che poi, in concreto, pensavano solo alla loro convenienza.
Alle elezioni, pur con mille cospirazioni alle mie spalle e osteggiata dai rappresentanti del M5S locale, riuscii a colpire favorevolmente gli abitanti del mio territorio di riferimento e risultai la prima dei non eletti. Dopo aver visto con i miei occhi le dinamiche peggiori della vecchia politica applicate nella forza che si spacciava per una novità contraria al sistema partitico, disgustata da un’onestà e una trasparenza sbandierate per semplice propaganda ma in realtà soltanto slogan di facciata, decisi di continuare la mia attività civica in modo producente, in qualità di mamma e di cittadina informata, occupandomi del degrado dei parchi e delle strade, delle strutture scolastiche in rovina e dell’aiuto alle persone più bisognose. Dopo circa due anni mi giunse una telefonata informale annunciandomi che uno dei due consiglieri municipali del m5s si sarebbe dimesso e che quindi sarei subentrata io in quanto prima dei non eletti. Perplessa, non feci alcuna mossa nell’attesa di ricevere notizie ufficiali, ma nel frattempo trascorsero tre mesi di silenzio. La fatidica telefonata arrivò solo un paio di giorni prima dalla formalizzazione delle dimissioni del suddetto consigliere, con il chiaro intento di destabilizzarmi e mettermi in difficoltà. Fui chiamata per un incontro informale la mattina in Campidoglio dove mi accolsero i consiglieri Frongia e Raggi (ora candidata a Sindaco). Quest’ultima, che avevo già conosciuto in passato, senza darmi alcuna motivazione plausibile mi suggerì con un sorriso amichevole di fare un passo indietro e di rinunciare alla carica di consigliera municipale. Inutile dire che la mia reazione fu di gran stupore: ero convinta che i complotti, le bassezze e i sotterfugi restassero a livello di quartiere e non arrivassero anche nell’amministrazione comunale.
Ahimè sbagliavo, e da quel giorno iniziarono le settimane peggiori della mia vita. Scoprii infatti, alla prima riunione ufficiale del municipio, che da diverse settimane si erano preparati linciaggi contro la mia persona per impedirmi a tutti i costi di accettare la carica. Linciaggi a opera di personaggi smaniosi di occupare anche solo una poltrona in municipio, uno sgabello in corridoio, insomma qualsiasi cosa pur di entrare nelle istituzioni senza il minimo requisito o competenza degna di questo nome. Mi dissero chiaro e tondo, con aggressività e senza alcun rispetto del fatto che fossi una donna e una madre (già che siamo in tema di otto marzo), di non osare presentarmi in Municipio e di non accettare per nulla al mondo il mandato perché “loro non mi volevano”. Una ventina di persone inferocite e martellanti che mi vessavano con toni accusatori e violenti, ben lontani dalla “democrazia dal basso” che tanto gridavano nelle piazze. Benché sotto shock dopo questo attacco di massa (ovviamente in Campidoglio si erano ben guardati dall’avvisarmi di ciò che mi aspettava), decisi di accettare il mandato poiché votata dai cittadini che ero riuscita a conquistare con il mio lavoro sul territorio, e non certo dal gruppo municipale del m5s che aveva scientemente fatto campagna contro di me in quanto essere pensante. All’accettazione del mandato, iniziarono per me una serie di brutte esperienze che mi costrinsero ad allertare la polizia municipale per comportamenti scorretti e minacciosi nei miei confronti. Dopo ben cinque settimane di massacri psicologici inauditi decisi di passare al gruppo misto, in cui – finalmente libera dalla pressione psicologica, dal mobbing e da comportamenti che non esiterei a definire di vero e proprio stalking – potei dedicarmi in tutto e per tutto al bene dei cittadini impegnandomi in prima persona, e ben lontana dalle lotte di potere che dilagavano a livello municipale, comunale e nazionale.
Dopo vari mesi passati nel gruppo misto occupandomi delle problematiche del mio municipio, mi sentii a posto con la coscienza nel passare dal m5s alla Lista Marchini, poiché sentivo che non avrei affatto tradito il mio elettorato. Anzi. Mi accorgevo infatti che i principi su cui avevo tanto insistito durante la campagna elettorale erano comuni: il rispetto civico, la lotta alla colpevole ignavia delle istituzioni, la battaglia contro il degrado urbano, l’attenzione alle persone più bisognose, la valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale e così via. Il mio lavoro svolto da Consigliera in meno di un anno – la protocollazione di una lista di ben ventisette pagine ai vigili urbani con la segnalazione dei veicoli abbandonati sul territorio (poi rimossi per la maggior parte); il risanamento di un parco giochi al Forte Ardeatino dove centinaia di bambini hanno potuto tornare a giocare; l’organizzazione di numerosi sopralluoghi in luoghi critici con proposte concrete per garantire la sicurezza nelle strade; la lotta strenua alla presenza di rom nel quartiere Montagnola, infiltrandomi fra i nomadi a rischio della mia incolumità per acquistare cibi scaduti sui marciapiedi e facendo intervenire la Polizia di Stato, e così via – si è svolto sempre in linea con la visione della Lista Marchini, ed è per questo che ho deciso di passare nelle loro file, forte dell’appoggio dei miei elettori e dei cittadini con cui collaboro giornalmente.
Quando ho reso ufficiale il mio passaggio un paio di settimane fa ho infatti riscontrato solo consensi e incoraggiamenti, e sono lieta di aver trovato una nuova squadra di persone capaci e preparate che mi hanno accolta con affetto ed entusiasmo.
Alessandra Bonaccorsi, Consigliere Municipale uscente VIII Municipio, Presidente Gruppo Misto
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