Migranti, l'8 marzo delle donne rifugiate
Nel 2016 sono sbarcate sulle coste Ue 27 mila profughe. Scappano dalla guerra. Ma trovano morte e abusi. Anche negli hotspot. L'8 marzo delle donne rifugiate.
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08 Marzo 2016
da Bruxelles
Duemila euro per scappare dalla Siria e arrivare davanti a un muro: «Prendete mia figlia, prendete lei e portatela in Germania, non chiedo altro, chiedo solo che possa andare a scuola, è un semplice diritto, giusto?».
Rasha è una giovane mamma siriana ed è lei la donna simbolo dell'8 marzo 2016 per Lettera43.it.
Da giorni è ferma davanti al muro che l'Ungheria ha eretto per bloccare il passaggio dei profughi, «ma noi stiamo e staremo qui, ditegli di aprire le porte, noi vogliamo solo passare in maniera sicura, qui c'è freddo, voglio solo che mia figlia sia salva», dice Rasha al giornalista di Sky News International.
Rasha è scappata da Damasco con sua figlia Alma di sei anni, dalla Grecia è arrivata in Ungheria passando per la Serbia, «un viaggio illegale di 10 giorni», che le è costato 2 mila euro e tanta sofferenza. Ma per lei la guerra non è finita.
Rasha è una giovane mamma siriana ed è lei la donna simbolo dell'8 marzo 2016 per Lettera43.it.
Da giorni è ferma davanti al muro che l'Ungheria ha eretto per bloccare il passaggio dei profughi, «ma noi stiamo e staremo qui, ditegli di aprire le porte, noi vogliamo solo passare in maniera sicura, qui c'è freddo, voglio solo che mia figlia sia salva», dice Rasha al giornalista di Sky News International.
Rasha è scappata da Damasco con sua figlia Alma di sei anni, dalla Grecia è arrivata in Ungheria passando per la Serbia, «un viaggio illegale di 10 giorni», che le è costato 2 mila euro e tanta sofferenza. Ma per lei la guerra non è finita.
- Le parole di Rasha al giornalista di Sky News.
Nel giorno della festa della donna è questa l'immagine che il mondo offre alle sue figlie, alle mogli, alle sue madri e alle sue nonne.
Al posto dei mazzi di mimose o delle scatole di cioccolatini, tra le mani hanno solo due bottiglie di plastica vuote legate tra loro con un paio di collant.
È il salvagente che una donna siriana, così come tante altre, ha costruito prima di salire sul gommone che l'avrebbe portata in Grecia. Non era riuscita a comprarsene uno vero, o forse non aveva più soldi per farlo, visto che gli scafisti le avevano preso tutto.
IL VIAGGIO DENUNCIA DI SOUFI. Di queste donne e di questi ignobili mezzi di sopravvivenza, Nawal Soufi, 28 anni, volontaria e attivista per i diritti umani italo-marocchina, ne ha visti tanti nei cinque mesi trascorsi al confine con l'Ue.
In Grecia, Soufi si è finta una siriana di Homs e ha viaggiato con i migranti lungo le rotte che portano alle porte dell'Ue, dalla Turchia alla Grecia e poi verso la Germania.
Chilometri segnati dalla paura, dal dolore, dalla violenza. Tutto per vedere, capire, documentare quanto i diritti dei profughi troppo spesso vengono calpestati proprio davanti agli occhi di tutti. E quelli delle donne più di tutti gli altri. Donne che ogni giorno rischiano la loro vita.
IL 20% DEI PROFUGHI SONO DONNE. Dall'inizio del 2016, in soli due mesi, sono arrivate via mare sulle coste europee 135.711 mila persone, di queste il 20% sono donne, il 36% bambini, riferisce l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati.
«Delle oltre 360 persone che sono morte nel Mediterraneo a gennaio 2016, un terzo erano donne e bambini», ha ricordato Nils Muižnieks, Commissario per i diritti umani presso il Consiglio d'Europa.
«È un Olocausto», ha denunciato Soufi durante un suo intervento al parlamento europeo, «non parlo dei numeri, ma di quell'atteggiamento tipico del nazifascismo che oggi ci accomuna a quel periodo, perché guardiamo e tacciamo. Il Mar Mediterraneo è un campo di concentramento dove le persone muoiono ogni giorno e noi vediamo tutto, ma facciamo finta di nulla».
Un silenzio e una indifferenza che lungo la frontiera Ue causano molte più vittime delle bombe.
50 SOS IN 24 ORE. «In questi giorni al confine tra Serbia e Croazia tutti i profughi provenienti da Raqqa sono stati bloccati da un filo spinato, donne e bambini stanno subendo una violenza inaudita. Nelle ultime 24 ore mi sono arrivati 50 messaggi di Sos», racconta Soufi ricordando che Raqqa è la 'capitale' dello Stato islamico Isis in Siria, un inferno nel quale donne e bambini sono le prime vittime. Ma quelli che riescono a scappare, devono misurarsi con un altro terrore, quello dei trafficanti di migranti, che proprio grazie alla chiusura delle frontiere del mondo occidentale riescono a incrementare il loro business.
«Eppure è solo una richiesta di aiuto quella che le donne chiedono ogni giorno», dice Soufi. Non fiori, ma semplici diritti.
Diritti violati che Unhrc, Msf e centinaia di associazioni umanitarie e attivisti non smettono di denunciare ogni giorno. Da anni ormai.
DAL TRAFFICO ALLO SFRUTTAMENTO. «Per quanto la migrazione femminile non sia un fenomeno nuovo, è in forte aumento», ha denunciato il 7 marzo Muižnieks.
Il Commissario per i diritti umani ha ricordato ancora una volta quanto «queste donne siano sempre più esposte al traffico di esseri umani, allo sfruttamento, alla discriminazione e all'abuso».
Le donne single che viaggiano da sole o con i bambini, le donne in gravidanza e in allattamento, le adolescenti e le donne anziane «sono tra coloro che sono particolarmente a rischio e hanno bisogno di una risposta coordinata ed efficace protezione», ha detto Muižnieks. «Ma sinora l'aiuto offerto dai governi, dagli operatori umanitari e dalle istituzioni dell'Ue è stato insufficiente».
- Il video della Women’s Refugee Commission.
Hotspot in Italia e Grecia: un pericolo per le donne
Nel 2015, secondo l'Unhcr, i rifugiati in tutto il mondo sono più di 50 milioni, di questi la metà sono donne e bambini.
Ragazze e giovani donne alle quali è stata strappata l'infanzia.
Come ad Aya Tawffeq, che ha lasciato l’Iraq con la sua famiglia: «Ogni giorno ci svegliavamo e dicevamo grazie Signore perchè siamo ancora vivi, ma ho perso i miei amici, i miei ricordi, la mia infanzia».
LA VIOLENZA NEI CAMPI RIFUGIATI. Ragazze che scappano dalla guerra, da Paesi come la Siria e l'Afghanistan perché vittime di persecuzione e di violenza sessuale. «Donne che sperano di trovare sicurezza e protezione nei Paesi vicini, ma che spesso in questi Paesi continuano a essere discriminate, a vedere i loro diritti umani calpestati», ricorda la Commissione per donne rifugiate (Women’s Refugee Commission, Wrc).
Come è successo per esempio in Libano ad alcune rifugiate siriane, che secondo la denuncia di Amnesty International sono state violentate e sfruttate.
L'Unhcr, il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa) e la Wrc ha stabilito che sono le donne e le ragazze, in particolare quelle che viaggiano da sole dalla Grecia verso l'Europa, ad essere esposte a certe forme di violenza, compresa la violenza sessuale da parte di contrabbandieri, gruppi criminali e persone che incontrano nei Paesi che attraversano.
«VIVONO IN CONDIZIONI SPAVENTOSE». Un'odissea che spesso continua anche nei centri di accoglienza e registrazione per i migranti messi alle frontiere dell'Ue: «Gli hotspot in Grecia e in Italia possono diventare infatti centri di detenzione con tutti i rischi che portano per la popolazione migrante femminile. Le donne sono spesso tenute in detenzione insieme con uomini che non sono membri della loro famiglia», ha denunciato Muižnieks. «La Corte di Strasburgo ha riscontrato violazioni della Convenzione europea dei diritti dell'uomo in molti casi a causa delle condizioni di detenzione inferiori alla media in cui le donne migranti, tra cui donne incinte sono costrette a vivere».
Il numero di donne «che vivono in condizioni spaventose dentro baraccopoli o tendopoli come quella di Calais in Francia è in aumento dal 2009», ha riferito ancora il Commissario per i diritti umani presso il Consiglio d'Europeo.
Immagini che ogni giorno tutti hanno davanti agli occhi. Video, foto, testimonianze non hanno però sinora fermato quello che Soufi definisce un Olocausto, delle donne prima di tutte. E forse, soprattutto, delle coscienze.
Ragazze e giovani donne alle quali è stata strappata l'infanzia.
Come ad Aya Tawffeq, che ha lasciato l’Iraq con la sua famiglia: «Ogni giorno ci svegliavamo e dicevamo grazie Signore perchè siamo ancora vivi, ma ho perso i miei amici, i miei ricordi, la mia infanzia».
LA VIOLENZA NEI CAMPI RIFUGIATI. Ragazze che scappano dalla guerra, da Paesi come la Siria e l'Afghanistan perché vittime di persecuzione e di violenza sessuale. «Donne che sperano di trovare sicurezza e protezione nei Paesi vicini, ma che spesso in questi Paesi continuano a essere discriminate, a vedere i loro diritti umani calpestati», ricorda la Commissione per donne rifugiate (Women’s Refugee Commission, Wrc).
Come è successo per esempio in Libano ad alcune rifugiate siriane, che secondo la denuncia di Amnesty International sono state violentate e sfruttate.
L'Unhcr, il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa) e la Wrc ha stabilito che sono le donne e le ragazze, in particolare quelle che viaggiano da sole dalla Grecia verso l'Europa, ad essere esposte a certe forme di violenza, compresa la violenza sessuale da parte di contrabbandieri, gruppi criminali e persone che incontrano nei Paesi che attraversano.
«VIVONO IN CONDIZIONI SPAVENTOSE». Un'odissea che spesso continua anche nei centri di accoglienza e registrazione per i migranti messi alle frontiere dell'Ue: «Gli hotspot in Grecia e in Italia possono diventare infatti centri di detenzione con tutti i rischi che portano per la popolazione migrante femminile. Le donne sono spesso tenute in detenzione insieme con uomini che non sono membri della loro famiglia», ha denunciato Muižnieks. «La Corte di Strasburgo ha riscontrato violazioni della Convenzione europea dei diritti dell'uomo in molti casi a causa delle condizioni di detenzione inferiori alla media in cui le donne migranti, tra cui donne incinte sono costrette a vivere».
Il numero di donne «che vivono in condizioni spaventose dentro baraccopoli o tendopoli come quella di Calais in Francia è in aumento dal 2009», ha riferito ancora il Commissario per i diritti umani presso il Consiglio d'Europeo.
Immagini che ogni giorno tutti hanno davanti agli occhi. Video, foto, testimonianze non hanno però sinora fermato quello che Soufi definisce un Olocausto, delle donne prima di tutte. E forse, soprattutto, delle coscienze.
Twitter @antodem
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