domenica 6 marzo 2016

Quando il M5S propose una legge per la maternità surrogata 

Appena eletti i senatori presentarono un ddl, e chiedevano anche il matrimonio gay


04/03/2016
«Qualcosa nel concetto di utero in affitto mi spaventa, e non ha a che fare con l’omosessualità», scrive Beppe Grillo adesso. «I supermarket dell’utero in affitto vanno chiusi», obbedisce Luigi Di Maio. «È una vera e propria mercificazione della donna trattata come un forno e un serbatoio economico», denuncia un’altra esponente del direttorio, Carla Ruocco, in un’intervista data non casualmente alla tv dei vescovi. Una linea neocattolica dilaga ormai apertamente nel Movimento cinque stelle, dopo la lettera del fondatore al Corriere. Alt: è sempre lo stesso Movimento che nel 2013 presentò un ddl in Senato per abolire il divieto di maternità surrogata?  

Uno dei primi atti di rilevanza politica dei cinque stelle, appena arrivati in aula, fu presentare una legge che proponeva varie modifiche al codice civile tra le quali - clamoroso davvero - abolire il divieto di maternità surrogata, anche per le copie omosessuali. Ciò che oggi viene definito una «mercificazione» e un «supermercato», appena un paio di anni fa era invece così necessario da meritare un’iniziativa legislativa ad hoc. Beata spensieratezza manovriera, beata obbedienza a Casaleggio. 

Il disegno di legge fu depositato alla presidenza del Senato il 5 aprile 2013, il testo è intitolato «Modifiche al Codice civile in materia di eguaglianza nell’accesso al matrimonio in favore delle coppie formate da persone dello stesso sesso». L’elenco dei senatori che lo presentarono è interessante: Orellana, Airola, Battista, Blundo, Lezzi, Montevecchi, Bencini, Bottici, Buccarella, Campanella, Casaletto, Castaldi, Crimi, Donno, Gaetti, Molinari, Mangili, Nugnes e Paglini. 
Come si vede, vi compaiono molti senatori poi variamente espulsi o usciti, come Orellana e Campanella, ma - sorpresa - anche moltissimi super-ortodossi, parte tuttora della linea dominante del Movimento, da Vito Crimi a Barbara Lezzi, preferita dell’ex del Grande Fratello Rocco Casalino, a Laura Bottici, inflessibile questore M5S del Senato. Cosa chiedeva questo ddl voluto dall’assemblea cinque stelle? 

«Il presente disegno di legge intende far propria una proposta normativa della Rete Lenford, avvocatura per i diritti Lgbt, fondata per rispondere al bisogno di informazione e di diffusione della cultura e del rispetto dei diritti delle persone omosessuali nel nostro Paese»: il testo era tutto centrato su una riconoscimento della «duttilità della famiglia», e sulla facilitazione del riconoscimento della «genitorialità delle coppie omosessuali».  

Innanzitutto il Movimento voleva rendere «il matrimonio (attenzione, non la semplice unione civile, nda.) accessibile anche alle coppie formate da persone dello stesso sesso, nel solco di una mutata coscienza sociale e, soprattutto, dei princìpi della Costituzione». E aggiungeva, al comma 4, alcune modifiche cruciali alla legge 40 sulla procreazione assistita, «per consentire l’accesso ad esse, anche in Italia, da parte delle coppie dello stesso sesso». Pare incredibile leggerlo oggi dopo le parole odierne (domani chissà) di Di Maio: «In particolare l’articolo 3, comma 4, dispone l’abrogazione delle parti della legge 40 che dispongono il divieto di accesso alle tecniche di procreazione assistita da parte delle coppie dello stesso sesso e il divieto di ricorso a tecniche di tipo eterologo». 

La conclusione è disarmante, letta oggi: «Per consentire anche il ricorso alla maternità surrogata, si abroga il divieto di dichiarare la volontà di non essere nominata, imposto alla donna che faccia nascere un figlio a seguito dell’applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita». 
Da una mentalità olandese a una papalina, è un triplo salto mortale carpiato con avvitamento. Cos’è successo, da allora, per far cambiare idea così al Movimento (social cattolico) cinque stelle? 

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