M5s e grane giudiziarie: l'elenco si allunga
Dal caso Quarto fino all'arresto del capogruppo grillino ad Alessandria. La lista di indagati e arrestati nel movimento di Beppe Grillo
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10 Marzo 2016
Da in alto a sinistra, in senso orario: Angelo Malerba, Stefano Costa, Giovanni De Robbio, Patrizio Cinque, Davide Bertoletti e Diletta Botta.
Diceva Pietro Nenni, storico socialista italiano, che «a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura». E il vecchio motto di uno dei nostri padri costituenti vale ancora oggi, leggendo le cronache locali del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, tra arresti, indagini su presunti voti di scambio e scivolate di ogni tipo.
I grillini non hanno mai avuto deputati o senatori sotto inchiesta, ma a livello di amministrazioni comunali negli ultimi anni non tutto è andato liscio come l'olio.
LE POLEMICHE SULLA 'NDRANGHETA IN LIGURIA. È un problema che si è spesso manifestato durante le elezioni, tanto che nel 2015 scoppiò pure una polemica in Liguria con il consigliere comunale di Imperia Antonio Russo che invitava a votare solo il simbolo ma a non dare preferenze per presunte ombre o infiltrazioni di 'Ndrangheta su alcuni suoi colleghi di partito.
L'ultimo caso è quello di Angelo Malerba, capogruppo M5s nel Consiglio comunale di Alessandria. Lo hanno arrestato per aver forzato degli armadietti in palestra e rubato un centinaio di euro, proprio lui che fino a pochi giorni fa sulla sua pagina Facebook prendeva di mira gli arresti nella Lega Nord dopo lo scandalo della sanità lombarda. «È una notizia che ci lascia esterrefatti, una vicenda incredibile», spiega il collega alessandrino Domenico Di Filippo.
DAI COMPAGNI CHE SBAGLIANO AI GRILLINI CHE SBAGLIANO. C'erano una volta «i compagni che sbagliano», come il Pci definiva i terroristi delle Brigate Rosse. Ora ci sono i grillini che sbagliano. Scrive Federico Fornaro, senatore del Partito democratico: «L'arresto del capogruppo M5s al Comune di Alessandria dimostra che in ogni cesto di mele ci può essere una mela marcia ma non per questo lo sono tutte. Non oso pensare cosa avrebbe scatenato la galassia di siti, blog legati alla macchina di propaganda guidata Casaleggio se un identico episodio avesse riguardato un esponente del Pd». D'altra parte, dopo mesi a insistere sulla diversità dei cinque stelle, che Grillo e Casaleggio hanno reso un mantra elettorale, basta fare due conti per accorgersi che purtroppo a livello locale non è proprio così.
MOVIMENTO TRA ESPULSIONI E ALLONTANAMENTI. I casi si sono moltiplicati negli ultimi anni. E i cinque stelle sono spesso ricorsi a espulsioni per evitare il deflagrare dei problemi a livello elettorale, in modo da non intaccare la loro presunta «purezza».
Una delle prime fu Diletta Botta, eletta a Genova, consigliere nel Municipio VII Ponente. Era il 2012 e la grillina fu arrestata per spaccio di droga: fu subito allontanata. Nell'aprile del 2014 a finire in manette fu Stefano Costa, uno tra i principali ed attivi esponenti del Movimento Cinque Stelle a Bassano del Grappa. Lo chiamavano 'il moralizzatore', ma i carabinieri di Cittadella lo ammanettarono perché ritenuto responsabile del rapimento lampo di un imprenditore: con un complice avrebbe chiesto alla famiglia il pagamento di una somma di 200mila euro per il rilascio. Fu subito escluso dalle liste elettorali dal movimento. Che dire poi di Andrea De Franceschi, consigliere regionale e Capogruppo del M5s in Emilia Romagna, indagato anche lui per le spese pazze in Regione e l’utilizzo di fondi assegnati al gruppo per le interviste a pagamento. Fu espulso in meno di due settimane da Grillo in persona. Peccato che nel gennaio del 2016 sia stato assolto. E ha commentato così: «Un anno e mezzo fa questa indagine basata sul nulla mi ha impedito di ricandidarmi. Per la gioia e il vantaggio di molti, dentro e fuori il Movimento. Che non vedevano l’ora di liberarsi di me. La coerenza, l’onestà e il coraggio di dire la verità e non guardare in faccia a nessuno, sono caratteristiche scomode in questo Paese. E mi si perdonerà oggi questo raro momento di personale orgoglio»
GLI SLOGAN «ANCHE OGGI ARRESTANO VOI». Pensare che nel 2013, quando ci fu il primo indagato a cinque stelle, alcuni grillini avevano posto la questione all'interno del movimento. Fu Davide Bono, consigliere piemontese, a ricevere un avviso di garanzia per lo scandalo rimborsopoli. Poi fu archiviato. Alla fine dell'iter giudiziario spiegò l'importanza della distinzione tra indagine e rinvio a giudizio. Cosa che però negli ultimi anni tra i grillini sembrano non aver imparato, lanciando spesso lo slogan contro i democratici: «Anche oggi arrestano voi».
Sempre due anni fa a finire nel tritacarne mediatico fu Daniele Ferrarin, indagato per bancarotta fraudolenta, di mezzo il fallimento di una piccola azienda artigiana della quale era socio. Alcuni chiesero la sua testa, ma poi la polemica rientrò come pure il processo che si risolse in un nulla di fatto: è tutt'ora consigliere comunale di Vicenza.
Altra regione, altro grillino. In Lombardia, a Cesano Boscone, porte di Milano, scoppiò il caso di Davide Bertoletti in vista delle elezioni delle amministrative 2014. Scoppiò un putiferio, perché Bertoletti era sotto processo, il movimento lo sapeva e lo aveva inserito nelle liste lo stesso, nascondendo la cosa agli elettori. Il problema è che proprio lui tuonava contro i politici indagati. Anzi diceva: «Tutte le persone in lista hanno dovuto presentare il casellario giudiziario e i carichi pendenti: questo è sinonimo di legalità». Non fu così.
IL CASO DELLA CASA ABUSIVA DI BAGHERIA E QUARTO. È dello scorso febbraio poi il caso di Patrizio Cinque, sindaco grillino di Bagheria in Sicilia. La casa della sua famiglia è stata realizzata abusivamente all'interno dell'area tutelata di villa Serradifalco. La polemica è arrivata fino alle Iene, la trasmissione televisiva di Mediaset dove Cinque si è rifiutato di mostrare i documenti. E poi ancora in Calabria, a San Ferdinando, un anno e mezzo fa è stato arrestato Giovanni Pantano per collusione con la 'Ndrangheta. Era un semplice attivista, eletto nel comune con un altro partito. Grillo e i suoi lo scaricarono subito.
Il caso più noto è poi quello del comune di Quarto, il Comune campano dove Rosa Capuozzo avrebbe vinto grazie ai voti della camorra. Qui a finire indagato fu dalla Dda di Napoli fu Giovanni De Robbio, consigliere comunale. Anche qui ne emerse un quadro molto ingarbugliato, con i grillini che rispondevano alle accuse del Partito democratico di essersi mossi prima della magistratura per sradicare il malaffare. Ma le intercettazioni che poi finirono sui giornali li smentirono. Del resto «a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura».
I grillini non hanno mai avuto deputati o senatori sotto inchiesta, ma a livello di amministrazioni comunali negli ultimi anni non tutto è andato liscio come l'olio.
LE POLEMICHE SULLA 'NDRANGHETA IN LIGURIA. È un problema che si è spesso manifestato durante le elezioni, tanto che nel 2015 scoppiò pure una polemica in Liguria con il consigliere comunale di Imperia Antonio Russo che invitava a votare solo il simbolo ma a non dare preferenze per presunte ombre o infiltrazioni di 'Ndrangheta su alcuni suoi colleghi di partito.
L'ultimo caso è quello di Angelo Malerba, capogruppo M5s nel Consiglio comunale di Alessandria. Lo hanno arrestato per aver forzato degli armadietti in palestra e rubato un centinaio di euro, proprio lui che fino a pochi giorni fa sulla sua pagina Facebook prendeva di mira gli arresti nella Lega Nord dopo lo scandalo della sanità lombarda. «È una notizia che ci lascia esterrefatti, una vicenda incredibile», spiega il collega alessandrino Domenico Di Filippo.
DAI COMPAGNI CHE SBAGLIANO AI GRILLINI CHE SBAGLIANO. C'erano una volta «i compagni che sbagliano», come il Pci definiva i terroristi delle Brigate Rosse. Ora ci sono i grillini che sbagliano. Scrive Federico Fornaro, senatore del Partito democratico: «L'arresto del capogruppo M5s al Comune di Alessandria dimostra che in ogni cesto di mele ci può essere una mela marcia ma non per questo lo sono tutte. Non oso pensare cosa avrebbe scatenato la galassia di siti, blog legati alla macchina di propaganda guidata Casaleggio se un identico episodio avesse riguardato un esponente del Pd». D'altra parte, dopo mesi a insistere sulla diversità dei cinque stelle, che Grillo e Casaleggio hanno reso un mantra elettorale, basta fare due conti per accorgersi che purtroppo a livello locale non è proprio così.
MOVIMENTO TRA ESPULSIONI E ALLONTANAMENTI. I casi si sono moltiplicati negli ultimi anni. E i cinque stelle sono spesso ricorsi a espulsioni per evitare il deflagrare dei problemi a livello elettorale, in modo da non intaccare la loro presunta «purezza».
Una delle prime fu Diletta Botta, eletta a Genova, consigliere nel Municipio VII Ponente. Era il 2012 e la grillina fu arrestata per spaccio di droga: fu subito allontanata. Nell'aprile del 2014 a finire in manette fu Stefano Costa, uno tra i principali ed attivi esponenti del Movimento Cinque Stelle a Bassano del Grappa. Lo chiamavano 'il moralizzatore', ma i carabinieri di Cittadella lo ammanettarono perché ritenuto responsabile del rapimento lampo di un imprenditore: con un complice avrebbe chiesto alla famiglia il pagamento di una somma di 200mila euro per il rilascio. Fu subito escluso dalle liste elettorali dal movimento. Che dire poi di Andrea De Franceschi, consigliere regionale e Capogruppo del M5s in Emilia Romagna, indagato anche lui per le spese pazze in Regione e l’utilizzo di fondi assegnati al gruppo per le interviste a pagamento. Fu espulso in meno di due settimane da Grillo in persona. Peccato che nel gennaio del 2016 sia stato assolto. E ha commentato così: «Un anno e mezzo fa questa indagine basata sul nulla mi ha impedito di ricandidarmi. Per la gioia e il vantaggio di molti, dentro e fuori il Movimento. Che non vedevano l’ora di liberarsi di me. La coerenza, l’onestà e il coraggio di dire la verità e non guardare in faccia a nessuno, sono caratteristiche scomode in questo Paese. E mi si perdonerà oggi questo raro momento di personale orgoglio»
GLI SLOGAN «ANCHE OGGI ARRESTANO VOI». Pensare che nel 2013, quando ci fu il primo indagato a cinque stelle, alcuni grillini avevano posto la questione all'interno del movimento. Fu Davide Bono, consigliere piemontese, a ricevere un avviso di garanzia per lo scandalo rimborsopoli. Poi fu archiviato. Alla fine dell'iter giudiziario spiegò l'importanza della distinzione tra indagine e rinvio a giudizio. Cosa che però negli ultimi anni tra i grillini sembrano non aver imparato, lanciando spesso lo slogan contro i democratici: «Anche oggi arrestano voi».
Sempre due anni fa a finire nel tritacarne mediatico fu Daniele Ferrarin, indagato per bancarotta fraudolenta, di mezzo il fallimento di una piccola azienda artigiana della quale era socio. Alcuni chiesero la sua testa, ma poi la polemica rientrò come pure il processo che si risolse in un nulla di fatto: è tutt'ora consigliere comunale di Vicenza.
Altra regione, altro grillino. In Lombardia, a Cesano Boscone, porte di Milano, scoppiò il caso di Davide Bertoletti in vista delle elezioni delle amministrative 2014. Scoppiò un putiferio, perché Bertoletti era sotto processo, il movimento lo sapeva e lo aveva inserito nelle liste lo stesso, nascondendo la cosa agli elettori. Il problema è che proprio lui tuonava contro i politici indagati. Anzi diceva: «Tutte le persone in lista hanno dovuto presentare il casellario giudiziario e i carichi pendenti: questo è sinonimo di legalità». Non fu così.
IL CASO DELLA CASA ABUSIVA DI BAGHERIA E QUARTO. È dello scorso febbraio poi il caso di Patrizio Cinque, sindaco grillino di Bagheria in Sicilia. La casa della sua famiglia è stata realizzata abusivamente all'interno dell'area tutelata di villa Serradifalco. La polemica è arrivata fino alle Iene, la trasmissione televisiva di Mediaset dove Cinque si è rifiutato di mostrare i documenti. E poi ancora in Calabria, a San Ferdinando, un anno e mezzo fa è stato arrestato Giovanni Pantano per collusione con la 'Ndrangheta. Era un semplice attivista, eletto nel comune con un altro partito. Grillo e i suoi lo scaricarono subito.
Il caso più noto è poi quello del comune di Quarto, il Comune campano dove Rosa Capuozzo avrebbe vinto grazie ai voti della camorra. Qui a finire indagato fu dalla Dda di Napoli fu Giovanni De Robbio, consigliere comunale. Anche qui ne emerse un quadro molto ingarbugliato, con i grillini che rispondevano alle accuse del Partito democratico di essersi mossi prima della magistratura per sradicare il malaffare. Ma le intercettazioni che poi finirono sui giornali li smentirono. Del resto «a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura».
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